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Stati Uniti e Brasile: dieci anni di attacco coloniale

Stati Uniti e Brasile: dieci anni di attacco coloniale

La nostra corrispondente dal Brasile ricostruisce gli ultimi dicei anni di tentatvi di di annullare il percoso democratico del grande Paese latinoamericano.

Nel silenzioso scorrere del tempo si stanno per compiere quasi 10 anni di tentativi espliciti di eversione in Brasile. Subito dopo l’insediamento di Dilma Rousseff per un secondo mandato presidenziale il 1° gennaio 2015 iniziarono in Parlamento manovre per impedire all’esecutivo di coalizione di governare (era la vendetta per avere realizzato, sebbene trent’anni dopo, durante il suo primo mandato 2011-2014 la Commissione Nazionale della Verità sulla dittatura militare 1964-1984), approdate il 1° agosto 2016 nella deposizione illegale di Dilma attraverso procedure oscure e nebbiose. Iniziava quindi la presidenza illegale di Michel Temer a cui era affidato il compito di favorire il capitale finanziario e abbattere i diritti dei lavoratori. Finalmente a fine 2018 veniva eletto Jair Bolsonaro, anche in questo caso attraverso passaggi tenebrosi, come la detenzione arbitraria di Luis Inácio Lula da Silva (7 aprile 2018-8 novembre 2019) e la provvidenziale, e mai chiarita in sede giudiziaria, pugnalata a Bolsonaro (6 settembre 2018).

Durante la presidenza Bolsonaro vennero inflitte energiche picconate a istituzioni e strutture dello Stato calpestando molti articoli della Costituzione del 1988. Nonostante tutto ciò, nel 2022 Lula veniva eletto per un terzo mandato. A quel punto rimaneva l’opzione di passare alle vie di fatto, tentando di promuovere il caos per giustificare il ricorso a un colpo di Stato per ripristinare l’ordine. Per molti motivi, anche fortuiti, la pesante azione eversiva dell’8 gennaio 2023 non è andata a buon fine per i promotori. E proprio in questi giorni è in corso presso il Supremo Tribunale Federale il processo al “nucleo cruciale del golpe” composto da Bolsonaro e sette militari.

Solidamente costruito con abbondanza di prove, tale processo restituisce una ricostruzione solida del progetto e dell’azione per l’occupazione illecita del potere e si avvia a pronunciare a breve una sentenza che, cosa assolutamente rara, dà una risposta giudiziaria a tentativi eversivi. Qualche cosa che, ad esempio in Italia, per strategia della tensione, bombe, attentati, Gladio et alia, mai si è raggiunta pienamente.

Sembra che adesso si sia giunti a una nuova fase dell’azione di destabilizzazione con la scesa in campo diretta dell’esecutivo degli Stati Uniti. È mia intenzione cercare di informare su una serie di accadimenti recenti (di cui mi sembra che in Italia giungano notizie incomplete), che ritengo abbiano le caratteristiche di un colonialismo dell’era tecnologica che declina le relazioni internazionali all’interno del rozzo e impudico binomio metropoli/colonia così come definito nell’Antico Regime. Ma ritorniamo ai fatti.

Il 7 luglio Donald Trump inviava ex abrupto a Lula una lettera con tre argomenti molto diversi fra loro accatastati: 1) la caccia alle streghe contro Bolsonaro è una “vergogna internazionale” e “deve finire IMMEDIATAMENTE” (sic); 2) per questo e altro (violazione delle libertà di espressione degli americani per interventi verso piattaforme di social media) dal 1° agosto 2025 al Brasile verrà applicata una tariffa del 50% sulle esportazioni per compensare deficit commerciali insostenibili «per la nostra sicurezza nazionale»! (in realtà è il Brasile che è deficitario verso gli Usa, che nel primo semestre 2025 hanno avuto 1,7 miliardi di $ di superavit); infine «sto ordinando al Rappresentante di Commercio degli Usa, Jamieson Greer, che inizi immediatamente una indagine basata nella Sezione 301» (del Trade Act del 1974) che tratta pratiche commerciali illegali di Paesi stranieri.

In conseguenza dell’ultimo punto, il 15 luglio l’ufficio del rappresentante di commercio ufficializzava il processo affermando che il Brasile si inserisce in una «serie di pratiche illegali» con riferimento a «servizi di commercio digitale e pagamento elettronici», inclusi quelli offerti dallo Stato brasiliano. L’unico strumento di questo tipo (peraltro non citato nominalmente) operante in Brasile è il sistema di pagamento istantaneo Pix. Il Pix è gratuito per le persone fisiche e ha costo basso per imprese, creando quindi una forte concorrenza per i grandi sistemi di carte di debito e credito nordamericane come Visa e Mastercard. Lo strumento (messo a punto dalla Banca Centrale e operativo dal 16 novembre 2020) colpisce anche le fintechs amiricane. Mentre negli Usa è consentito un prelievo per trasferimenti istantanei, in Brasile tali sistemi sono obbligati a incorporare il Pix per potere operare. Nel 2024, le transazioni Pix sono state 63,8 miliardi, a fronte di quelle di tutti gli altri strumenti (carte di debito, credito, prepagate, assegni, bollettini ecc.) che, sommati, hanno raggiunto 50,8 miliardi di movimenti.

Nella stessa data, sempre per ordine di Trump, si apriva una indagine commerciale contro il Brasile avendo come bersaglio la Via 25 Marzo, la strada, nel centro di San Paolo, principale polo di vendite popolari dell’America Latina indicato come uno dei maggiori mercati di prodotti falsificati del mondo con conseguente danno per i diritti di proprietà intellettuale (in realtà per chi conosce la 25 marzo, sempre affollatissima, i prodotti sono a basso prezzo e qualità approssimativa piuttosto che falsificazioni che poco interessano a grandi masse che hanno tutt’altro per la testa) (Léticia Dauer, Aline Freitas, “g1”, 16.7.2025)

Altri settori sono oggetto di indagine, come l’etanolo, ma non si può non sorridere per la preoccupazione “ambientale” di Trump che accusa il Brasile di essere negligente nella lotta alla deforestazione, ciò che costituisce concorrenza sleale verso il settore del legname statunitense!

Il 18 luglio il segretario di Stato Marco Rubio annunciava la sospensione del visto per gli Usa di 8 degli 11 ministri del Supremo Tribunale Federale (allargata a familiari e alleati), nonché per il Procuratore Generale della Repubblica, misura, come evidente, assolutamente anomala. È davanti a quella corte che si svolge il processo contro “Bolsonaro + 7” con accusa di tentativo violento di abolizione dello Stato democratico di diritto. Non si può non notare una anomalia dentro l’anomalia, il fatto cioè di avere “salvato” tre dei ministri (ovviamente quelli che si sa essere più ideologicamente vicini alle destre anticostituzionali) al fine – immagino – di seminar zizzania dentro al Supremo.

A tutto ciò si affianca il lavoro di lobby che alcuni esponenti politici brasiliani svolgono all’interno degli Usa. In particolare sono attivi uno dei figli di Bolsonaro, il deputato Eduardo e Paulo Figueiredo, nipote dell’ultimo presidente militare della dittatura. Essi hanno ampio accesso ai mezzi di comunicazione e ai social sia negli Usa che in Brasile; hanno contatti con componenti del congresso e ambienti economici e svolgono una intensa propagando dipingendo il Brasile come una dittatura che censura e perseguita i “patrioti”. E lodano le misure dell’esecutivo statunitense.

Al momento, ambienti vicini a Trump fanno circolare la notizia che a breve il presidente stilerà un ulteriore testo per motivare le sue iniziative sui dazi relative al Brasile, reo di danneggiare gli Usa. Come si vede, il quadro è surreale ma anche molto concreto dal momento che le iniziative brasiliane per avviare un dialogo affidate all’equilibrato e competente vice presidente Geraldo Alckmin incontrano una totale chiusura da parte di Trump. Vi è stata solo una conversazione con il segretario del commercio che peraltro in data odierna in conferenza stampa ha dichiarato che non ci saranno rinvii per l’applicazione della tariffa. Il governo brasiliano risponde con molta fermezza alle pretese statunitensi; per il momento gode dell’appoggio delle forze politiche, del mondo dell’economia e della società civile. Sono previsti una serie di interventi per fare fronte alle conseguenze del balzello, mentre si aspetta il 1° agosto. Come evidente, la situazione è molto grave perché l’attacco commerciale si intreccia con ingerenze nel campo istituzionale e giudiziario. Come ha scritto il britannico The Economist del 24 luglio «l’aggressione di Trump al Brasile è una delle maggiori interferenze in America Latina dalla guerra fredda».

Per quanto riguarda il governo italiano imbarazzano esternazioni pro Bolsonaro di esponenti di primo piano nonché l’inerzia nel localizzare la deputata Carla Zambelli; condannata dal Supremo Tribunale Elettorale a 10 anni di detenzione per invasione del sistema del Consiglio Nazionale di Giustizia, è entrata in Italia, di cui ha la nazionalità, a inizio di giugno e inserita nella lista rossa dell’Interpol. Il Brasile ne ha chiesto l’estradizione, ma tutto sembra fermo.

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