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Strage di cristiani in RDC:

Strage di cristiani in RDC: "Famiglia Cristiana" denuncia il «silenzio che fa male»

La testata paolina Famiglia Cristiana ha dedicato ieri un approfondimento alla brutale strage di cristiani riuniti in preghiera in una chiesa della provincia orientale congolese dell’Ituri. 43 morti (19 donne, 15 uomini e 9 bambini) è il drammatico bilancio del massacro condotto, con armi da fuoco e machete, durante la funzione religiosa del 27 luglio, dalle milizie dell’ADF (Forze Democratiche Alleate), formazione jihadista originaria dell’Uganda e afferente all’Isis, che opera nell’Est Congo con l’obiettivo di creare una sorta di califfato e, ovviamente, controllare le ingenti risorse di cui è ricco il sottosuolo della Repubblica Democratica del Congo.

L’Est Congo, già attraversato da una violenza lunga decenni per l’accaparramento delle risorse, non è nuovo a questo genere di aggressioni: gli jihadisti, negli ultimi anni, hanno ucciso migliaia di persone, prendendo di mira le comunità cristiane. «E la comunità internazionale tace», accusa Famiglia Cristiana.

Gli attacchi, spiegano fonti locali del settimanale paolino, sono stati condotti nei villaggi di Masala, Mambelenga e nella città di Komanda. «Secondo l’ong Cepadho – spiega ancora l’approfondimento – le milizie si sono divise in gruppi e hanno agito simultaneamente per massimizzare il numero delle vittime e disorientare la popolazione. Una strategia di terrore che si ripete da anni», con 7mila vittime dal 2014 ad oggi, secondo dati ONU. Secondo l’approfondimento, «l’obiettivo è duplice: destabilizzare e conquistare. Le ADF puntano a creare uno Stato islamico nel cuore del Congo, finanziandosi con il traffico illegale di oro, legname e risorse naturali. Ma colpiscono soprattutto i cristiani, che rappresentano circa il 95% della popolazione congolese. Gli attacchi contro chiese, pastori e fedeli sono mirati, sistematici. Non si tratta di “effetti collaterali” del conflitto: sono bersagli scelti».

Le aggressioni jihadiste si inseriscono nel quadro di un Paese «in guerra da oltre trent’anni. Un conflitto a bassa intensità ma ad alta distruttività. Secondo un’approfondita analisi pubblicata da Oxfam Italia, sono più di 100 i gruppi armati attivi nell’est del Paese. Le ragioni sono molteplici: controllo delle risorse, rivalità etniche, assenza dello Stato, ingerenze straniere. Il risultato è una crisi umanitaria permanente. Il Nord Kivu e l’Ituri sono tra le zone più martoriate. Milioni di persone vivono in campi profughi, senza accesso a cure, istruzione o sicurezza. Le istituzioni sono fragili, l’esercito è spesso complice delle violenze, la comunità internazionale assente o inefficace».

In questo contesto «la Chiesa cattolica continua a essere una delle poche forze presenti sul territorio», e non abbandona la regione, per fornire supporto alla popolazione locale, nonostante rappresenti un bersaglio costante degli attacchi.

Al di là della Chiesa cattolica, sulla situazione dell’Est Congo c’è un «silenzio che fa male». «L’Europa, distratta da altre crisi, raramente menziona il Congo. L’Onu ha ridotto la propria presenza militare nel Paese, mentre l’Unione Africana non riesce a esercitare una pressione efficace. Le condanne, quando arrivano, sono formali e tardive».

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