
Famiglia Cristiana: Gaza, basta!
ROMA-ADISTA. È un grido di denuncia, di orrore, di pace, quello che Famiglia Cristiana lancia nel numero da domani in edicola, con un’inchiesta sul massacro indiscriminato della popolazione civile a Gaza. Il numero si apre con una fotografia di copertina, cruda nella sua semplicità, in cui parlano gli sguardi dei bambini alla ricerca di quel cibo simbolo di un futuro sempre più incerto se non quasi ormai assente.
A quegli occhi dà voce il direttore, don Stefano Stimamiglio nel suo editoriale d’apertura: «Gaza è diventato l’inferno in terra – esordisce –. Nessuno può più giustificare o minimizzare questo massacro sistematico di innocenti in nome della guerra ai terroristi di Hamas. Il governo di Israele, con i suoi missili forniti da noi occidentali, spazza tutto: scuole, ospedali, famiglie intere. E questo senza ormai il benché minimo senso della misura e, soprattutto, senza quel senso di pietas che ci costituisce tutti membri della stessa famiglia umana […]. Le armi di Israele hanno ucciso anche più di 200 giornalisti, il cui ruolo è di informare, documentare, togliere il velo a tanta crudeltà. Anche a loro dedichiamo queste intense pagine. Ora basta!».
L’inchiesta parte da un’analisi dei rifornimenti di armi a Israele da parte dell’Occidente: nel servizio dedicato, il giornalista Francesco Anfossi mostra come gli Stati Uniti siano il primo fornitore di armi, con il 69% di importazioni belliche da parte di Israele (3,8 miliardi), seguito dalla Germania con il 30% e, terza, l’Italia. Una quota minima, quella italiana ma significativa, sostiene il settimanale, perché si tratta di aerei d’addestramento M-346 e simulatori di volo su cui si addestrano i piloti israeliani nonché artiglieria navale, che la Marina utilizza per devastare la parte della costiera di Gaza affollata di bambini.
Il governo italiano, spiega Famiglia Cristiana, ha annunciato di aver bloccato qualsiasi accordo dopo il 7 ottobre 2023, anche se gli accordi precedenti sono stati onorati, come attestato dall’Istat nel marzo 2024 in relazione alle forniture di tutto il 2023. Nel corso di quell’anno l’Italia ha esportato in Israele armi e munizioni per circa 13 milioni di euro: bombe, granate, siluri, mine, missili, cartucce e altri proiettili, compresi pallettoni e pallini da caccia.
Attraverso le testimonianze di giornalisti e scrittori palestinesi, il reportage mette poi in luce le conseguenze devastanti del conflitto: Huda Skaik, giovane scrittrice palestinese, si è vista costretta a trasferirsi undici volte dopo il 7 ottobre 2023: «Nessuno sa se resisterà fino alla fine. Io sono salva, ma fino a quando? L’incertezza ti distrugge. I negozi sono vuoti e i prezzi insostenibili – racconta con tanta emozione, ma anche una forte speranza –. Ciò che accade qui è difficile da immaginare. Ma, nonostante tutto, io continuo a studiare e a sognare il futuro». Dal 2019, invece, Ahmed Alnaouq, palestinese di Gaza, vive in Gran Bretagna. Lì «l’opinione pubblica è molto cambiata. Secondo i sondaggi, il 70% della popolazione ora chiede il cessate il fuoco. Israele sta perdendo il sostegno della gente. Dall’establishment internazionale, tuttavia, non c’è una reale volontà di costringere Israele al cessate il fuoco».
A confermare l’indifferenza mondiale è anche Omar El Akkad, giornalista egiziano naturalizzato canadese: «Nessuno condanna lo sterminio in atto perché i suoi abitanti non vengono considerati persone – denuncia Akkad – dai media la tragedia palestinese viene raccontata in modo “disarticolato”. Quando viene bombardato un ospedale in Ucraina, mi aspetto che venga raccontato chi l’ha fatto esplodere e in quali circostanze. Quando viene bombardato un ospedale in Palestina di solito sento solo che un edificio è esploso». Per Gideon Levy, scrittore e giornalista israeliano figlio di ebrei fuggiti nel 1939 dalla Cecoslovacchia, «il vero problema è Netanyahu, che sarà ricordato come il distruttore di Gaza. La comunità internazionale dovrebbe fare con noi come con la Russia: imporre sanzioni».
Infine, Famiglia Cristiana raccoglie l’appello ai cristiani del vicario della Custodia di Terra Santa, p. Ibrahim Faltas: «Aiutateci con la vostra presenza e tornate come pellegrini – dice il sacerdote egiziano –. Voi potete entrare e uscire liberamente. Se verrete di nuovo darete un segno concreto di solidarietà ai fratelli e le sorelle che qui vi aspettano».
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