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Tornato in Argentina, l'ex vescovo Zanchetta condannato per abusi tenterà la vigilanza condizionale anticipata

Tornato in Argentina, l'ex vescovo Zanchetta condannato per abusi tenterà la vigilanza condizionale anticipata

Infine mons. Gustavo Zanchetta, vescovo di Orán da agosto 2013 ad agosto 2017, è tornato in Argentina per scontare il resto della pena a 4 anni e 6 mesi di reclusione che gli è stata comminata nel 2022 per abuso sessuale continuato ai danni di due seminaristi (la storia inizia nel 2016, v. Adista Notizie n. 9/19). Tuttavia, non è in carcere, è ai domiciliari, probabilmente nello stesso monastero per sacerdoti pensionati – Nuestra Señora del Valle nella città di Salta, sede anche del processo che lo ha riconosciuto colpevole – dove era stato trasferito dopo soli 4 mesi di detenzione (v. qui  e qui). Dal monastero era partito per Roma lo scorso novembre, con un permesso di viaggio per un lasso di tempo fino al 1° aprile, per sottoporsi a un’operazione cardiaca. Scaduti tali termini, però, Zanchetta era uccel di bosco. Mentre il Policlinico Gemelli, dove era stato ricoverato, assicurava che era stato dimesso, la diocesi si rifiutava di confermare il rientro del recluso in Argentina.

Chi ha dato notizie di Zanchetta è stato, nei primi giorni di giugno, il sito di informazione Infocatolica (6/6) contattato da uno dei due seminaristi abusati, Matías Montes. «Zanchetta è a Salta – ha dichiarato Montes –, ha ricevuto la visita dell’attuale vescovo di Orán, gli stanno preparando un’abitazione nello stesso monastero, l’ho visto con i miei proprio occhi».

Montes è anche convinto che Zanchetta chiederà la libertà vigilata anticipata, come previsto dal codice penale argentino (la libertà vigilata anticipata consente ai prigionieri condannati di essere rilasciati sei mesi prima della scadenza della pena, a condizione che soddisfino determinati requisiti). «Sappiamo che la chiederà; gli stanno spianando la strada... Il sistema giudiziario non ha fatto un buon lavoro. Non abbiamo fiducia in loro, a Salta. Finché la Chiesa rimarrà vicina allo Stato, questo continuerà ad accadere». Per contro, ha aggiunto, le vittime non hanno avuto da parte della Chiesa nessun tipo di supporto: «Siamo stati completamente abbandonati. Volevamo diventare preti e abbiamo dovuto andarcene. Non c'è stato nessun aiuto psicologico, nessun sostegno, nessuna vera giustizia».

Non è una novità per Zanchetta il rendersi irreperibile. La Procura della Repubblica argentina, nel 2019, ha dovuto emettere un mandato di cattura internazionale contro di lui perché non rispondeva alle ripetute telefonate ed e-mail inviategli al fine di procedere alla notifica degli atti processuali, malgrado avesse deciso di costituire il suo domicilio nello Stato del Vaticano. E a Roma in effetti era (v. Adista Notizie n. 9/19), protetto da papa Francesco che il 19 dicembre 2017 lo aveva nominato assessore dell'Amministrazione del Patrimonio della Sede Apostolica (Apsa) – una carica prima inesistente –, accogliendolo in più a Santa Marta. Era forse così convinto dell’innocenza di Zanchetta, papa Bergoglio, da inviare l’avvocato difensore dell’ex vescovo al processo canonico, Javier Belda Iniesta, nella diocesi di Orán per svolgere un’indagine canonica su sacerdoti, diaconi e seminaristi che avevano testimoniato contro Zanchetta. Indagine allora confermata dal Vicario Giudiziale del Tribunale Ecclesiastico dell’Arcidiocesi di Salta (Orán è diocesi suffraganea di Salta), Loyola Pinto y de Sancristóval (v. Adista Notizie n. 25/22).

* Catedral de la Nueva Oran in una foto [ritagliata] del 2017 di ManoGarrido1 tratta da wikimedia commons, immagine originale e licenza

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