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1990 - GUERRA ALL'IRAQ, L'ITALIA SI ASSOCIA

Tratto da: Adista Notizie n° 2728 del 05/04/2008

Prosegue la rivoluzione innescata dagli eventi dell’'89. Il 16 luglio, Ucraina e Bielorussia proclamano la loro indipendenza dall’Urss. Il 3 ottobre, riunificazione delle due Germanie. Il 9 dicembre, in Polonia, il leader di Solidarnosc Lech Walesa è eletto presidente della Repubblica. L'apertura, il 31 gennaio a Mosca, del primo McDonald's in territorio sovietico mostra che nel mondo l’unico impero rimasto è quello a stelle e strisce. Lo prova, in agosto, la crisi del Golfo. Il 2, l'Iraq invade il Kuwait, accusato da Saddam Hussein di rubare il petrolio irakeno e di non rispettare le quote Opec di produzione. Per l'Occidente, il fedele alleato di un tempo diviene il nemico pubblico n. 1: l’8 agosto, il presidente Usa George Bush avvia l'operazione Desert Shield; una coalizione multinazionale di mezzo milione di soldati, di cui fa parte anche l’Italia (la prima volta, dal ‘45, che il nostro Paese partecipa ad operazioni di guerra), viene inviata nel Golfo. Ma la guerra, per ora, è solo annunciata. Uno sguardo al resto del mondo: in Sudafrica, il presidente Frederik De Klerk permette all'African National Congress di riprendere legalmente le proprie attività e l’11 febbraio fa liberare il suo leader, Nelson Mandela, dopo 28 anni di carcere; lo stesso mese finisce la rivoluzione sandinista: alle elezioni, Daniel Ortega cede alla destra il governo del Nicaragua; a luglio, in Perù, si insedia il nuovo presidente Alberto Fujimori: inizia uno dei periodi più bui del Paese; ad ottobre, in Rwanda, primi scontri tra le etnie hutu e tutsi; il 22 novembre Margaret Thatcher, in carica dal ‘79, si dimette da Primo Ministro britannico; a dicembre diventa presidente di Haiti Jean-Bertrand Aristide, esponente della Teologia della Liberazione.

In Italia, prosegue il doloroso percorso di trasformazione del Partito Comunista Italiano. Al Congresso di Bologna, in febbraio, la mozione del segretario Achille Occhetto - che chiede lo scioglimento del Pci e la nascita di un nuovo partito socialdemocratico - ottiene il 65% dei consensi. Malgrado la "disciplina di partito" e la quasi totalità della stampa contro, le due mozioni del "no" raccolgono il 34,2%. Il "no" conquista oltre il 40% in grandi federazioni come Torino e Milano. In alcune va oltre il 50%. Ma già a dicembre la Federazione Giovanile Comunista Italiana si scioglie. Qualcuno, intanto, lotta. Come gli studenti universitari, che, a gennaio, si riuniscono in un grande movimento chiamato "la pantera" contro il disegno di riforma universitaria di Antonio Ruberti. Per tutto l’anno si susseguono iniziative, assemblee, occupazioni in moltissimi atenei italiani. Ma l’Italia dei misteri e del malaffare non sembra scuotersi. Il 2 febbraio a Roma, viene ucciso a il boss della Banda della Magliana Enrico De Pedis. Per ragioni inspiegabili (o indicibili), il Vicariato gli concederà sepoltura nella basilica di Sant'Apollinare. A soli 38 anni, il 21 settembre, Rosario Livatino viene ucciso dalla mafia: come sostituto procuratore di Agrigento si era occupato di delicate indagini antimafia. Il 5 giugno viene arrestato per mafia l’ex sindaco Dc di Palermo Vito Ciancimino. Il 9 ottobre, a Milano, il ritrovamento di nuove carte di Aldo Moro in un covo Br già perquisito nel ‘78 fa capire che il memoriale dello statista è stato manipolato. E che è ancora incompleto…

Al governo c’è Andreotti, che naviga a vista. Ma naviga. Due eventi ne mettono però in crisi l’esecutivo. Il 5 agosto, quando viene approvata definitivamente la legge Mammì (enorme regalo a Berlusconi) sull'emittenza radiotelevisiva, si dimettono 5 ministri della sinistra Dc (Martinazzoli, Fracanzani, Mattarella, Misasi e Mannino) e 13 sottosegretari. Anche di fronte ad una delle più gravi spaccature mai avvenute nel suo partito, Andreotti non si scompone e nomina nuovi ministri. L’altro evento, a ottobre, è la scoperta fatta dal giudice Felice Casson di una organizzazione armata clandestina - ‘Gladio’ - promossa dai servizi segreti e dalla Nato per contrastare il comunismo in Italia che, all'insaputa del Parlamento e in violazione della Costituzione, opera da decenni sul nostro territorio. L'esistenza di Gladio, riconosciuta da Andreotti il 24 ottobre, suscita l’indignazione del mondo democratico. Non del presidente della Repubblica Cossiga, che ne rivendica la legittimità. Definito il "presidente notaio", Cossiga, nel mutato contesto politico, decide infatti quell’anno che il notaio deve lasciare il posto al "picconatore". Tra i primi bersagli delle sue "esternazioni" c’è Leoluca Orlando, la cui giunta "eretica" (che nell'aprile dell’‘89 aveva aperto anche al Pci) viene affossata dalla destra Dc. Alle comunali, Orlando porta la Dc al suo massimo storico (49%); ma i suoi non lo vogliono più. E lui esce dal partito.

Capitolo Chiesa. Dopo che per mesi mons. Camillo Ruini aveva posto sotto commissariamento l’Azione Cattolica, a febbraio viene nominato il nuovo assistente generale: è mons. Salvatore De Giorgi. Dopo anni di battaglie dei movimenti cattolici raccolti nel "Comitato contro i mercanti di morte" (Acli, Mani Tese, Missione Oggi, Pax Christi e Mlal), il Parlamento approva la legge sul commercio delle armi. Mentre parte la prima campagna della Cei sull’8 per mille, a marzo, tra le ire dei vescovi, il Tar del Lazio sentenzia: gli studenti che non fanno religione non sono obbligati a stare dentro la scuola. In dicembre, il card. Poletti e Ruini nominano mons. Attilio Nicora presidente della Caritas italiana e, in segreto, ne modificano lo statuto per assoggettarla maggiormente alla presidenza dei vescovi.

NUOVO ASSISTENTE GENERALE DELL'AZIONE CATTOLICA: "FEDELE ALLA LINEA"

 

21636. ROMA-ADISTA. Mons. Salvatore De Giorgi, fino a pochi giorni fa vescovo di Taranto, è il nuovo assistente generale dell'Azione Cattolica Italiana. Ne ha dato annuncio mons. Camillo Ruini, segretario della Conferenza Episcopale Italiana, venerdì 2 febbraio. Dall'8 di ottobre del 1989 la carica di assistente generale dell'ACI era coperta "pro-tempore" dallo stesso mons. Ruini, dopo che mons. Antonio Bianchin aveva dovuto abbandonare l'incarico per una grave malattia.

Come noto, da tempo l'Azione Cattolica è sotto "vigilanza speciale" da parte del Vaticano e della dirigenza della CEI: dopo la VI assemblea, che aveva segnato la vittoria dei "monticoniani", fu sostituito l'allora assistente generale mons. Fiorino Tagliaferri, e fu nominato mons. Bianchin con il preciso incarico di riportare l'associazione ad una maggiore "obbedienza" e remissività. Bianchin, non potendo o non riuscendo a intervenire sui dirigenti laici dell'ACI, fece sostituire tre assistenti di settore, considerati troppo vicini a Monticone: don Ignazio Sanna, del settore giovani; don Francesco Vitari, dell'ACR e don Paolo Rabitti. Ma di mons. Bianchin, spesso maldestro nei suoi interventi "normalizzatori", non molti furono contenti nelle alte sfere.

La nuova nomina di mons. De Giorgi, considerato un moderato, allineato sulla attuale linea della Cei e in particolare di mons. Ruini, si colloca in questo contesto. Mons. De Giorgi (...) in seno alla Cei è attualmente membro della Commissione per la Dottrina della Fede e la Catechesi. Nella diocesi di Taranto si è fatto la fama di "accentratore" con grandi capacità organizzative. Noto per le sue posizioni di chiusura verso i temi della pace e del disarmo, ha avuto diversi scontri con i gruppi diocesani di Pax Christi, cui imputava un eccessivo coinvolgimento in questioni considerare "non ecclesiali". Quando, un paio di anni fa, nacque a Taranto il Comitato per la smilitarizzazione della città che protestava contro l'apertura del porto all'attracco di navi della Nato, mons. De Giorgi costrinse la Caritas diocesana ad abbandonare il suo impegno e coinvolgimento nella questione. Nella Conferenza episcopale pugliese, inoltre, è stato - insieme con mons. Cosmo Ruppi, vescovo di Lecce - uno dei più ferrei oppositori delle proposte e delle idee di mons. Tonino Bello, presidente nazionale di Pax Christi, che in passato aveva ispirato alcune coraggiose prese di posizione dei vescovi baresi. A fianco di queste chiusure, però, molti hanno notato anche una sua certa sensibilità su alcuni temi di urgenza sociale: in passato ha preso posizione sulla lotta alla disoccupazione e sulla crescita della criminalità e della violenza nella città pugliese. E in diocesi sono note anche le sue frequenti visite ai carcerati e alle comunità terapeutiche per il recupero dei tossicodipendenti tarantini.

(da Adista n. 11/90)

 

MARCELLO VIGLI: LA SENTENZA DEL TAR SEGNA "L’ORA DELLA VERITÀ"

 

21774. ROMA-ADISTA. Abbiamo chiesto a Marcello Vigli, che rappresenta le Comunità di Base nel Comitato Scuola e Costituzione, alcune valutazioni sulla recente sentenza del Tribunale Amministrativo del Lazio che, pronunciandosi su sei ricorsi presentati dalla Tavola Valdese, dall’Unione delle Comunità Israelitiche, dalla Chiesa Avventista e da tre privati cittadini in merito alle norme e alla prassi che obbligano gli studenti che non si avvalgono dell’insegnamento della religione cattolica (Irc) a restare a scuola, ha sentenziato l’inesistenza di tale obbligo.

ADISTA: Ti sembra coerente questo pronunciamento con la sentenza 203/89 della Corte Costituzionale?

VIGLI: (...) La Corte, dichiarando non obbligatoria per i non avvalentisi la frequenza di attività alternative all'Irc perché discriminante e quindi contraria alla legge, intendeva dichiarare non obbligatoria anche la loro presenza a scuola per "svolgere libere attività con o senza assistenza di personale docente", che risultano certo di qualità inferiore alle attività alternative e pertanto ancor più discriminanti. Confermano tale stato di discriminazione le soluzioni fin qui trovate nella maggioranza delle scuole per parcheggiare i non avvalentisi (spesso anche quelli che avevano chiesto di svolgere attività alternative): stazionamento nelle portinerie, nelle sale dei professori, nelle biblioteche, in classi diverse dalla propria o vagabondaggio nei corridoi o nei cortili delle scuole stesse. (...)

ADISTA: Che pensi delle reazioni degli ambienti ecclesiastici e di alcuni settori del mondo cattolico?

VIGLI: Bisogna distinguere. Mi sembra vergognosa e farisaica la sollecitudine di quanti protestano in nome del diritto dei non avvalentisi ad avere un uguale tempo a scuola, perché non denunciano prioritariamente con la stessa energia le macroscopiche violazioni di tale diritto, sul piano quantitativo e qualitativo, costituita dalle aule fatiscenti, dai doppi turni, dalla girandola dei docenti, ma anche dalle settimane bianche, dalle gite turistiche che ben poco hanno ormai di scolastico, e dalla ventilata chiusura anticipata dell’anno scolastico per i mondiali di calcio. Più onesta è la preoccupazione di quanti temono il crollo del muro del 90% degli avvalentisi, su cui si fonda la difesa dell’Irc… voluto da genitori e studenti, perché sarebbe evidente con ciò che l’Irc non esiste per la scuola ma per l’istituzione ecclesiastica, la quale non vuole rinunciare agli oltre 20.000 catechisti accampati nella scuola pubblica non tanto per diffondere la conoscenza del fatto evangelico ma una visione "cattolica" del mondo. Mi sembra però che sia venuta l’ora della verità per tutti, soprattutto per quei cristiani che continuano a chiamarsi democratici e antepongono gli interessi dell’istituzione ecclesiastica al bene comune, continuando a chiamare servizio alla scuola un privilegio fondato su un testo concordatario volutamente lasciato ambiguo perché "facoltativo" potesse essere letto "opzionale". Cinque anni di contenzioso giudiziario e amministrativo, ma soprattutto di disagio nelle scuole, avrebbero dovuto convincere, specie quelle associazioni istituzionalmente destinate alla cura dei giovani, del grave danno che la paura di perdere qualche ora di religione in più sta provocando nella scuola italiana.

(da Adista n. 19/90)

 

LEOLUCA ORLANDO: PALERMO È GIÀ CAMBIATA

 

21966. PALERMO-ADISTA. Leoluca Orlando, ieri sindaco democristiano della giunta anomala di Palermo e dimissionato dal suo stesso partito, oggi anomalo candidato nella lista democristiana in compagnia di ex amici di Ciancimino e di attuali amici di Salvo Lima, luogotenenti locali della forte corrente andreottiana. Ha accettato di fare il capolista, fiore all’occhiello e portatore di voti ad un partito che lo ha messo in minoranza. Non ha cessato di fare l’enfant terrible dentro e fuori il suo partito, denunciando in ogni dove le nefandezze delle contaminazioni mafia-politica e annunciando la "nuova politica" delle trasversalità, delle contaminazioni tra i partiti e le virtualità della società civile e dei movimenti. (...).

ADISTA: Siamo in piena campagna per le amministrative. Come si avvicina a questa scadenza la città di Palermo?

ORLANDO: Credo che non sia tanto importante che Palermo cambi, perché Palermo è già cambiata. Occorre però che il momento elettorale sia la verifica del cambiamento, sia una presa di coscienza - nelle forme della democrazia - che il cambiamento è già avvenuto. Sono convinto che il corpo elettorale darà una risposta che impedisca di tornare indietro e finirà per votare come se avessimo l’elezione diretta del sindaco e della giunta, quasi secondo una logica referendaria: a favore o contro la nuova politica. E se prevarrà la volontà dei cittadini di non vergognarsi più di essere palermitani, allora Palermo si confermerà "capitale dell’Altritalia".

ADISTA: In questa situazione, si sente sul collo l’alito della mafia?

ORLANDO: Sì, si sente l’alito della mafia, ma ciò che abbiamo cercato di fare, e che speriamo che sia ulteriormente confermato in questa vicenda elettorale, è che la mafia capisca che non vi è più spazio per lei nel palazzo comunale. Se c'è qualcuno che oggi ritiene di poter rientrare nel palazzo di città, mimetizzandosi, allora è bene che si convinca che troverà sulla sua strada decine di migliaia di cittadini che si sono stancati di convivere con la mafia.

(da Adista n. 32/90)

 

 

 

 

 

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