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DIALOGO EBRAICO CRISTIANO: PER IL VATICANO È SEMPRE PIÙ VENERDÌ SANTO

Tratto da: Adista Notizie n° 31 del 19/04/2008

34373. ROMA-ADISTA. Dopo le polemiche suscitate dalla nuova formula della preghiera del Venerdì Santo all’interno della liturgia pre-conciliare (v. Adista nn. 13, 17 e 25/08), il Vaticano prova a ricucire i rapporti con chi - come il rabbino capo di Roma Riccardo Di Segni - aveva parlato di un passo “indietro di 43 anni” nel dialogo ebraico-cristiano. “La nuova formulazione dell’‘Oremus’ - si legge in un comunicato stampa della Santa Sede del 4/4 - non ha inteso, nel modo più assoluto, manifestare un cambio nell’atteggiamento che la Chiesa Cattolica ha sviluppato verso gli Ebrei, soprattutto a partire dalla dottrina del Concilio Vaticano II, in particolare nella Dichiarazione Nostra aetate, la quale, secondo le parole pronunciate dal Papa Benedetto XVI proprio nell’Udienza ai Rabbini Capo di Israele del 15 settembre 2005, ha segnato ‘una pietra miliare sulla via della riconciliazione dei cristiani verso il popolo ebraico’”. “La Nostra aetate - aggiunge il comunicato - ricorda il vincolo del tutto particolare con cui il Popolo del Nuovo Testamento è spiritualmente legato alla stirpe di Abramo e respinge ogni atteggiamento di disprezzo e di discriminazione verso gli Ebrei, ripudiando con fermezza qualunque forma di antisemitismo”. Il testo si conclude con l’auspicio da parte della Santa Sede “che le precisazioni contenute nel presente Comunicato contribuiscano a chiarire i malintesi, e ribadisce il fermo desiderio che i progressi verificatisi nella reciproca comprensione e stima tra Ebrei e Cristiani durante questi anni crescano ulteriormente”.

Commenti positivi all’iniziativa vaticana sono giunti da Giuseppe Laras, presidente del Collegio Rabbinico Italiano, che ha giudicato “positiva” per i sui “intenti distensivi” la precisazione della Santa Sede, e dal rabbino capo del New Jersey, Jack Bemporad, che ha parlato di una "una dichiarazione chiarificatrice". Non è soddisfatto, invece, Riccardo Di Segni: “Quello che avremmo voluto sentire nella dichiarazione è che la Chiesa non prega per la conversione degli ebrei o che almeno rinvia questo desiderio alla fine dei tempi e alla sola decisione divina”. La dichiarazione vaticana “non chiarisce questo aspetto: la questione rimane dunque del tutto irrisolta”.

Ulteriori segnali di quanto sia delicata la fase del rapporto tra ebrei e vertici della Chiesa cattolica sono venuti anche dalle modifiche apportate al programma ufficiale del viaggio che papa Ratzinger effettuerà negli Stati Uniti da 15 al 20 aprile prossimi. Il 17 aprile Benedetto XVI incontrerà 200 leader religiosi al Centro culturale Papa Giovanni Paolo II di Washington. “Poiché sarà prossima la Pasqua ebraica – ha spiegato il direttore della sala stampa della Santa Sede padre Federico Lombardi – dopo l’incontro con gli esponenti delle cinque religioni (musulmani, buddisti, induisti, giainisti ed ebrei, ndr) il Papa incontrerà brevemente i rappresentanti dell’ebraismo per dare loro un semplice messaggio di auguri per la Pasqua, che vale per tutti gli ebrei ed avrà quindi un significato universale”. A questo si è inoltre aggiunta la breve visita informale che Ratzinger effettuerà alla Park East Synagogue di New York, la sinagoga vicino alla residenza del nunzio della Santa Sede all’Onu, che ospiterà il papa durante il suo soggiorno. “Con questa visita personale e informale che non è parte del suo programma ufficiale - ha spiegato mons. David Malloy, coordinatore della visita del pontefice - Sua Santità desidera esprimere i propri auspici nei confronti della comunità ebraica locale”.

I due momenti del viaggio dedicati agli incontri con rappresentanti della religione ebraica sono stati definiti da padre Lombardi “certamente un segno di attenzione del Papa verso i nostri fratelli maggiori”. Anche  il card. Walter Kasper, presidente del Pontificio Consiglio per la Promozione dell’Unità dei Cristiani e della Commissione per i rapporti religiosi con l’ebraismo, è voluto tornare sulle polemiche seguite alla nuova formulazione della preghiera del Venerdì Santo con un lungo articolo pubblicato sull’Osservatore Romano (9/4). “Le reazioni avutesi da parte ebraica sono in gran parte motivate non in modo razionale, ma emozionale. Non si deve però liquidarle precipitosamente come causate da ipersensibilità”, ha scritto il cardinale. “Pure presso amici ebrei che da decenni sono coinvolti in un intenso dialogo con cristiani, la memoria collettiva di catechesi e conversioni forzate è ancora sempre viva”. “Bisogna dunque avere ancora una grande sensibilità nel rapporto ebraico-cristiano”. “La preghiera del Venerdì Santo” – ha aggiunto il cardinale – rappresenta “una preghiera di intercessione rivolta a Dio”. “Con questa preghiera la Chiesa ripete, in fondo, l'invocazione del Padre nostro ‘Venga il tuo regno’ (Matteo, 6, 10; Luca, 11, 2) e l'acclamazione liturgica protocristiana ‘Maranà tha’, ‘Vieni, Signore Gesù, vieni presto’ (1Corinzi, 16, 22; Apocalisse, 22, 20; Didaché, 10, 6). Tali preghiere per la venuta del Regno di Dio e per la realizzazione del mistero della salvezza, secondo la loro natura, non sono un appello rivolto alla Chiesa a compiere un'azione missionaria verso gli ebrei. Anzi, esse rispettano tutta la profondità abissale del Deus absconditus, della Sua elezione per grazia, dell'indurimento, come della Sua misericordia infinita. Con la sua preghiera la Chiesa, dunque, non assume la regìa della realizzazione del mistero imperscrutabile. Non lo può affatto. Piuttosto mette del tutto il quando e il come di tale realizzazione nelle mani di Dio. Solo Dio può far sorgere il Suo Regno, nel quale tutto l'Israele sarà salvato e la pace escatologica toccherà il mondo”. (emilio carnevali)

 

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