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HAI SPIRITO CRITICO? LEGGI ADISTA? ALLORA NON PUOI FARE IL PRETE

Tratto da: Adista Notizie n° 45 del 14/06/2008

34469. TRENTO-ADISTA. Domenica 18 maggio a Coredo (in Val di Non, provincia di Trento), suo paese d’origine, don Cristian Leonardelli ha celebrato la sua prima messa. Nulla di strano, se non fosse che don Cristian, dopo il diaconato, per diventare prete ha dovuto attendere ben sei anni e - soprattutto - ha dovuto lasciare la diocesi di Trento, dove aveva vissuto, dove aveva frequentato tutti gli anni di seminario e dove sperava di essere incardinato.

La storia di don Cristian, e delle ragioni per cui - in un’epoca di inarrestabile calo delle vocazioni - ha dovuto penare tanto per essere ordinato, è stata raccontata dal quotidiano l’Adige, sul numero del 28 maggio scorso, all’interno di un lungo articolo-intervista, in cui il prete trentino, che oggi ha 34 anni, ricostruisce le tappe della sua traversia: “Entrai in seminario a Trento dove mi dimostrai una persona costruttivamente critica”. “Dopo essere stato ordinato diacono, prima del sacerdozio, mi presentai al vescovo con una lettera, come di norma. Gli scrissi della mia sensibilità per gli ultimi e diedi la mia disponibilità a lavorare in punti di incontro o di recupero di tossicodipendenti”. Il vescovo, mons. Luigi Bressan, “lo recepì come un rifiuto da parte mia a vivere in una comunità parrocchiale, ma io parlavo di possibilità, vedendo figure come don Dante Clauser o don Luigi Ciotti”. L’ordinazione era prevista per il mese di giugno del 2005, “ma alla fine di marzo fui convocato dal vescovo. Mi presentò un dossier. Avevano investigato su di me”: “Mi venivano attribuite affermazioni false, tendenziose e del tutto decontestualizzate. Un esempio su tutti? Il celibato dei preti, che tra l’altro io vivo serenamente. In qualche occasione avevo detto di essere aperto alla possibilità che le famiglie potessero collaborare con il ministro celibe. Fui accusato di essere contrario al celibato, di rifiutare la dottrina. Lo stesso valse per altre questioni, come l’omosessualità, il ruolo della donna nella Chiesa e la figura di Gesù: il senso originario delle mie parole venne distorto”. Dopo questo primo colloquio, racconta Leonardelli all’Adige, “incontrai monsignor Bressan altre quattro volte”, nelle quali, tra l’altro, “mi venne contestato il fatto di essere abbonato a riviste non ufficiali come Adista”.

Alla fine, la tegola sulla testa. Bressan - racconta don Cristian - “mi disse che non sarei mai stato ordinato in Trentino e che non mi avrebbe dato la possibilità di lavorare come diacono. Senza quell’incarico non avrei potuto autosostenermi”. Nella parrocchia di Gardolo, dove don Cristian era allora diacono, “stavamo programmando assieme la pastorale per l’anno seguente, dissi loro che purtroppo non ci sarei stato: inizialmente la presero come una burla, poi capirono. Chiesero se ci fosse qualcosa di sbagliato nel nostro cammino assieme, ma non ottennero risposte né dal parroco di Gardolo né dal vescovo, per cui scrissero numerose lettere ai giornali, che diedero grande spazio alla notizia”. Cristian rinunciò a fare ricorso al tribunale ecclesiastico appellandosi al diritto canonico “per il quale un diacono ha diritto ad essere ordinato prete se non incorre in disordini morali o rinnega la fede”. Preferì trovare un vescovo che lo accogliesse e accettasse di fargli proseguire il cammino iniziato in Trentino. Trovò accoglienza nella diocesi di Livorno, presso mons. Diego Coletti. Lì, racconta “ho continuato a fare quello che facevo qui, ho continuato ad essere quello che sono”. E è stato ordinato prete in Santa Maria del Soccorso. (valerio gigante)

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