PAX CHRISTI, CONGRESSO CON DUE ANIME: IN DISCUSSIONE LA LINEA, L’IDENTITÀ E L’AUTONOMIA DEL MOVIMENTO
Tratto da: Adista Notizie n° 7 del 24/01/2009
34796. ROMA-ADISTA. Sarà un congresso “vero” quello di Pax Christi, che si svolgerà il prossimo 24-26 aprile a Pinarella di Cervia, non solo perché gli iscritti al movimento dovranno eleggere il nuovo Consiglio nazionale e i coordinatori interregionali, ma anche perché Pax Christi appare spaccata in due: esistono cioè, sia all’interno del Consiglio nazionale in carica sia nell’assemblea, due diverse linee ecclesiali-politiche e, di conseguenza, due diverse idee di movimento che non sembrano sintetizzabili in un unico documento congressuale. Molto probabilmente, quindi, per la prima volta nella storia recente di Pax Christi Italia, si arriverà al congresso con tesi contrapposte: gli iscritti voteranno due o più documenti; la linea che vincerà otterrà la maggioranza in Consiglio e detterà la linea del movimento per i prossimi 4 anni.
La partita non è irrilevante, perché la posta in gioco è l’identità stessa di Pax Christi: un movimento che scelga una linea educativo-pastorale, come gradirebbe la Conferenza Episcopale Italiana (che già da qualche anno è impegnata in un più attento controllo del movimento, come dimostrò ad esempio il caso della Marcia della pace svoltasi a Trento il 31 dicembre 2005, quando i relatori scelti, fra cui il missionario fr. Arturo Paoli e il docente universitario esperto di diritti umani Antonio Papisca, furono bloccati per esplicito intervento della segreteria della Cei, v. Adista nn. 85 e 89/05, 1 e 3/06); oppure un movimento che si impegni e sia visibile anche sul versante sociale e politico, come avvenne per esempio ai tempi del G8 di Genova del luglio 2001, quando Pax Christi fu in prima linea nelle mobilitazioni contro le politiche economiche degli “otto grandi”? (v. Adista nn. 46, 50, 54, 57, 59 e 63/01). Su queste due linee, fra loro diverse e alternative, il Consiglio Nazionale è diviso a metà, e l’Assemblea si confronterà e si conterà, determinando il futuro prossimo di Pax Christi.
Che il movimento fosse percorso da spinte contrapposte e da una dialettica interna piuttosto vivace era già emerso durante l’assemblea nazionale di Firenze di aprile 2008 quando - sebbene non molto tempo fosse stato dedicato al dibattito generale dal momento che all’ordine del giorno c’era soprattutto la discussione e l’approvazione del bilancio sociale - già si notavano posizioni e accenti diversi fra chi voleva spingere sull’acceleratore della presenza pubblica e chi invece chiedeva maggiore prudenza, soprattutto per non rompere le relazioni con le gerarchie ecclesiastiche, con il rischio di diventare residuali (v. Adista n. 37/08).
La contraddizione è poi esplosa dopo l’estate, a settembre, quando don Fabio Corazzina - anche a causa di gravi problemi familiari - si è dimesso da coordinatore nazionale (incarico che sarebbe comunque scaduto nel prossimo aprile) e anche da consigliere nazionale. Dimissioni dettate non da dissapori o contrasti personali, quanto dalla presa d’atto dell’impossibilità di trovare una sintesi all’interno di un Consiglio nazionale diviso: “Non è facile coordinare chi non vuole farsi coordinare”, scriveva, fra l’altro, nella sua lettera di dimissioni.
La dialettica dentro Pax Christi tuttavia non si limita alla linea generale che il movimento dovrebbe assumere – più educativo-pastorale o più sociale-politica –, ma anche ad una diversa idea di rappresentanza e di democrazia interna: c’è chi teorizza una sorta di “partecipazione diretta” di tutti gli iscritti ad ogni singola decisione o presa di posizione – meccanismo che però potrebbe condannare all’immobilismo – e chi invece, anche in ossequio ad un’idea ormai condivisa di rappresentanza, preferirebbe delegare alcune responsabilità al Consiglio Nazionale, peraltro democraticamente eletto dall’assemblea. C’è infine una diversa concezione dei rapporti con le gerarchie ecclesiastiche in ordine ad una maggiore o minore autonomia e libertà di parola e di intervento del movimento rispetto alla Cei.
Parte di tali contraddizioni sono state esplicitate in una “lettera ai punti pace e agli aderenti” in vista del prossimo congresso, firmata dal Consiglio Nazionale, sebbene il linguaggio non sia del tutto neutrale ed equidistante tra le due posizioni: meglio un “vertice forte, profetico, bastante a se stesso, che indichi e si pronunci chiaramente e tempestivamente su tutte le questioni inerenti alle tematiche del movimento” o piuttosto “un Consiglio capace di coinvolgere e una base più allargata ricca e impegnata?”, si legge nella lettera agli aderenti. E ancora, sul tema delle relazioni intra-ecclesiali: “I rapporti con il mondo ecclesiale costituiscono il primo luogo dove vivere la nonviolenza evangelica. Anche noi più o meno consciamente consideriamo spesso la Chiesa=gerarchia con la conseguenza che la missione principale del movimento deve essere quella di provocare un cambiamento nella gerarchia. L’idea di un movimento che consideri la Chiesa=popolo di Dio e che si attrezzi di conseguenza è minoritaria nel movimento?”.
Le prossime settimane saranno decisive. Alla fine di gennaio, infatti, si riunirà il Consiglio Nazionale di Pax Christi, che dovrebbe aver ricevuto le “osservazioni” degli iscritti – come richiesto nella lettera – per elaborare le “tesi congressuali”. Al congresso poi, a cui partecipano, secondo statuto, tutti gli iscritti, verrà votato a maggioranza il documento finale e verranno eletti i consiglieri nazionali, i coordinatori interregionali (uno per il Nord, uno per il Ventro e uno per il Sud) e i revisori dei conti. Successivamente, il nuovo Consiglio Nazionale eleggerà al suo interno il coordinatore nazionale, il tesoriere, il vicepresidente e l’esecutivo. Il presidente di Pax Christi Italia resterà mons. Tommaso Valentinetti, il cui mandato, che è già stato riconfermato una volta, scadrà nel 2010. A designare il suo successore provvederà la Cei, scegliendo da una terna di nomi proposta dal Consiglio Nazionale. (luca kocci)
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