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UN ATTO GRAVIDO DI CONSEGUENZE, ANCHE FUORI DALLA CHIESA. I COMMENTI DELLA STAMPA LAICA

Tratto da: Adista Notizie n° 13 del 07/02/2009

34816. ROMA-ADISTA. “Non è una grazia, è una resa. Non è un gesto benigno del papa a pecorelle smarrite e pentite la revoca della scomunica ai vescovi lefebvriani. È la rinuncia del Vaticano ratzingeriano a chiedere che tutti i fedeli cattolici si riconoscano nelle decisioni di un Concilio”. Così Marco Politi su Repubblica (25/1) ha commentato la decisione di papa Benedetto XVI di revocare la scomunica ai quattro vescovi lefebvriani (tra i quali il negazionista Richard Williamson), consacrati senza placet pontificio nel 1988. “È singolare - ha scritto Politi - ma anche rivelatore del clima in arrivo nel pontificato ratzingeriano, che l’Osservatore Romano affermi con leggerezza che il Concilio II non vada ‘mitizzato’”. Quello stesso Concilio che i lefebvriani hanno sempre “contestato, ripudiato, diffamato”. Ecco perché, ha ricordato Politi, i cardinali convocati a Roma nel marzo del 2006 per dare un loro parere si erano pronunciati affinché fosse chiesto ai seguaci del vescovo scismatico “una leale adesione al Concilio”. Ma Ratzinger ha “sovranamente ignorato” questa indicazione. “La lettera dei lefebvriani a Benedetto XVI parla furbescamente di ‘accettazione degli insegnamenti della Chiesa cattolica romana’ nonché del primato papale e delle sue prerogative. Nessuna menzione del Concilio. Il problema è che al Vaticano attuale va bene così”.

Adriano Prosperi – anch’egli su Repubblica (27/1) – ha sottolineato quanto queste decisioni vaticane, lungi dal poter essere considerate ‘interne alla Chiesa’, debbano interessare anche il mondo laico: “Potremmo anche lasciare ai cattolici di tutto il mondo il compito di fare i conti con le svolte ad angolo acuto che il supremo timoniere imprime alla navicella di San Pietro. Ma non ce lo possiamo permettere” perché “è proprio la memoria della Shoah che subisce un’offesa diretta e frontale da questa decisione di papa Ratzinger”. “Il direttore dell’Osservatore Romano – ha scritto ancora Prosperi – si sbaglia se crede di potersela cavare con quelle parolette finali: secondo lui la bontà della scelta fatta ‘non sarà offuscata da inaccettabili opinioni negazioniste e atteggiamenti verso l’ebraismo di alcuni’. E invece lo sarà, anzi lo è già, irrimediabilmente. Quella che è stata offuscata dalla decisone papale è l’immagine della Chiesa cattolica nella coscienza civile del mondo intero”.

Secondo Pierluigi Battista – autore di un editoriale in prima pagina sul Corriere della Sera (27/1) – “il negazionismo non è un’opinione privata o un terreno su cui possa esercitarsi un legittimo diritto di espressione a proposito di una controversa pagina della storia. Non è un affare interno alla Chiesa”, ma “una prova di tolleranza verso l’intollerabile”.

Sull’Unità Bruno Gravagnuolo ha colto l’occasione per tracciare un rapido bilancio del pontificato di Benedetto XVI: “Primato totalizzante di Roma e della Curia. Chiusura totale su sacerdozio femminile, fecondazione, gay. Lotta per il primato assoluto del religioso sul civile. Svalutazione e condanna dell’Islam come violento e irrazionale (a Ratisbona). Ripristino della preghiera per la conversione degli ebrei. Ripulsa del dialogo teologico come fomite di ‘relativismo’. Infine braccia aperte per i più virulenti nemici del Concilio Vaticano II, senza far pagare loro dazio, e con tutti gli onori. Dunque un papato di pura restaurazione, malgrado gli auspici del compianto Pietro Scoppola e le acrobazie di Andrea Riccardi”. In conclusione Gravagnuolo riserva una stoccata anche a Rosso Malpelo dell’Avvenire che “ora si indigna e parla di ‘schiaffo al Vaticano II’” (per le posizioni espresse da Rosso Malpelo, alias Gianni Gennari, v. articolo precedente) . “E dire - ha scritto l’editorialista dell’Unità - che ci aveva coperto di contumelie quando scrivemmo, con garbo, cose simili. Benvenuto tra i reprobi, Rosso!”. (e. c.)

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