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PRIMA IL SÌ AL CONCILIO, POI LA REVOCA DELLA SCOMUNICA

Tratto da: Adista Documenti n° 17 del 14/02/2009

I sottoscritti docenti della Facoltà teologica dell'Univer-sità Albert Ludwig di Friburgo prendono atto con grande irritazione e preoccupazione del fatto che papa Benedetto XVI, tramite il decreto del 21.01.2009 ha revocato la scomunica di quattro vescovi della Fraternità S. Pio X. Ci rendiamo conto del fatto che le successive reazioni pubbliche devono essere distinte. Non c'è motivo di mettere in dubbio che la decisione di papa Benedetto XVI non è in collegamento reale con la negazione della Shoah da parte del vescovo Williamson.  Questo il papa l'ha chiarito in modo inequivocabile nella sua udienza generale del 28.01.2009. Nondimeno deploriamo la mancanza di sensibilità del suo comportamento. Potrebbero essere necessari molti colloqui per ristabilire il rapporto di fiducia conquistato sotto Giovanni Paolo II tra persone di confessione ebraica e cristiani credenti cattolici. La revoca della scomunica dei vescovi della Fraternità consacrati in modo illegittimo ci offre però anche l'occasione di porre alcune questioni critiche fondamentali.

 

1. Per noi è incomprensibile che la scomunica dei vescovi scismatici venga revocata prima che essi abbiano accettato le dichiarazioni magisteriali del Concilio Vaticano II. Fino ad oggi le dichiarazioni del Concilio, come quella sulla libertà di religione, sulla dignità della coscienza individuale, sul piano universale di salvezza di Dio, sul sacerdozio comune di tutti i credenti  o sul particolare ruolo delle sorelle e dei fratelli ebrei nella storia della salvezza (Nostra Aetate, 4) nel contesto della fraternità sacerdotale vengono ignorate o persino negate. Tale atteggiamento di rifiuto non può continuare ad essere ignorato, se la mancanza di unità tra uomini e donne cristiani viene percepita come qualcosa di doloroso.

 

2. Come teologi del Paese in cui è nata la Riforma deploriamo profondamente il fatto che la revoca della scomunica non peggiora soltanto le relazioni con le persone di confessione ebraica ma rende anche più profonda la frattura con le Chiese della Riforma. Viene quindi dato un impulso al sentimento antiecumenico della Fraternità sacerdotale dall'interno stesso della Chiesa. Il Concilio Vaticano II ha manifestato in modo inequivocabile la sua volontà riguardo all'ecumene.

 

3. Nel momento in cui le suddette dichiarazioni conciliari vengono messe in discussione, viene arrecato un danno enorme alla credibilità dell'intervento per la dignità universale dell'uomo e per ordinamenti giuridici sociali liberali. La revoca della scomunica dei vescovi della Fraternità sacerdotale vanifica i multiformi sforzi di donne e uomini cristiani a difesa dei diritti alle libertà fondamentali. Si sarebbe rivelato pertanto indispensabile far dipendere la revoca della scomunica da un riconoscimento positivo delle dichiarazioni conciliari. Fino ad oggi i vescovi consacrati illegalmente non hanno mostrato alcun ripensamento su tutti questi punti, tanto meno pentimento per il danno arrecato alla chiesa e ai suoi membri. Al contrario, la Fraternità ha sempre riaffermato che la fede cattolica era stata conservata da essa stessa e che con il Concilio Vaticano II sarebbe andata perduta.

 

4. Secondo la nostra opinione, l'unità della Chiesa può esistere soltanto se c'è un fondamentale accordo riguardo alla fede. I confini possono essere flessibili, ma non sulle questioni sostanziali. Temiamo pertanto che gli avvenimenti degli ultimi giorni danneggino il ruolo del papa. Il suo compito di unità riguarda la comunità dei fedeli. Infatti il ruolo del papa è quello di essere "il principio e il fondamento perpetuo e visibile dell'unità di fede e di comunione" (Lumen Gentium 18). Pertanto possiamo qualificare il decreto del 21 gennaio 2009 soltanto come sorprendente.

 

Condividiamo la preoccupazione del papa per l'unità di tutti i cristiani. L'unità di fede continuamente riaffermata in una Chiesa che è sempre Chiesa in un mondo che si trasforma dinamicamente. L'accondiscendenza della revoca della scomunica può dare la sensazione che le dichiarazioni centrali del magistero siano a disposizione strategica del papa. Ciò mette a rischio la credibilità del suo ruolo, per il quale egli deve essere il garante della fede cattolica.

Friburgo, 29. gennaio 2009

Klaus Baumann, Thomas Böhm, Georg Bier, Karl‑Heinz Braun, Markus Enders, Gisbert Greshake, Hubert Irsigler,Lorenz Oberlinner,Ursula Nothel-le‑Wildfeuer, Eberhard Schockenhoff, Heribert Smolinsky, Magnus Striet, Peter Walter.

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