PAX CHRISTI ALLA PROVA DELLA "CONVIVIALITÀ DELLE DIFFERENZE". DIBATTITO APERTO IN ATTESA DEL CONGRESSO
Tratto da: Adista Notizie n° 43 del 25/04/2009
34958. ROMA-ADISTA. Mettere in pratica l'idea di don Tonino Bello: la "convivialità delle differenze". Sembra essere questo l'impegno dell'ormai prossimo Congresso di Pax Christi, in programma a Pinarella di Cervia (Fc) dal 24 al 26 aprile. Un Congresso importante, che arriva sei mesi dopo le dimissioni del coordinatore nazionale, don Fabio Corazzina, e che dovrà, fra l'altro, eleggere il nuovo Consiglio nazionale e i coordinatori interregionali. E un Congresso chiarificatore che si confronterà in maniera trasparente sulla vita del movimento degli ultimi mesi - a cominciare dalle dimissioni del coordinatore, come chiedono esplicitamente i Punti pace di Ivrea, Pescara e Reggio Emilia e un gruppo trasversale di 21 soci di cui 8 consiglieri nazionali su 16 -, e definirà le linee di azione del movimento per i prossimi quattro anni (v. Adista nn. 7 e 13/09). Alla lettera dello scorso gennaio inviata dal Consiglio nazionale a tutti gli aderenti per chiedere osservazioni e proposte in vista del Congresso hanno risposto molti Punti pace, offrendo riflessioni e indicazioni di natura politica, ecclesiale ed operativa, segno di un dibattito ampio e franco che non è sempre facile trovare nelle associazioni e nei movimenti ecclesiali.
Il sogno della pace in movimento: il contributo dei "21"
Fra i contributi che hanno suscitato maggiore discussione, anche critica, nel movimento, quello di un gruppo trasversale di 21 soci di Pax Christi, 8 dei quali membri del Consiglio nazionale (Gina Abbate, Andrea Bigalli, Pio Castagna, Diego Cipriani, Tonio Dell'Olio, Massimo Ferè, Gianni Novello, Antonello Rustico), che è composto di 16 membri. Dopo un'analisi del contesto sociale e politico sia internazionale – caratterizzato da nuovi conflitti e dall'acuirsi della crisi ecologica ed economica – sia interno – segnato dalla vittoria elettorale del centro-destra e di Berlusconi, sintomo di una involuzione "individualista, securitaria e xenofoba" della società italiana –, il documento osserva criticamente le recenti scelte dei vertici della Chiesa italiana che "hanno caratterizzato la propria azione pubblica con un intervento insistito sulle questioni legate alla ‘vita' e alla ‘famiglia'", mettendo "in secondo piano" i temi "dell'ambiente, della giustizia e soprattutto della pace". "In questo contesto generale – prosegue il documento – è cresciuto il disagio di ampi settori del cattolicesimo italiano, in particolare di quelli più legati allo spirito riformatore del Concilio Vaticano II, più impegnati per l'inclusione degli ultimi, più sensibili alla difesa della laicità, al dialogo, all'impegno per la pace". E allora – scrivono i "21" –, proprio questi temi dimenticati dovrebbero essere le "priorità strategiche" per il movimento nel quadriennio 2009-2013: "Disarmo e smilitarizzazione"; "sviluppo umano"; "diritti umani e Stato di Diritto"; "Chiesa, spiritualità e dialogo"; "area internazionale".
Il documento esprime un'autocritica al cammino del movimento negli ultimi anni. "Nel Congresso di Napoli del 2005 erano state tracciate una serie di linee programmatiche che miravano a qualificare la presenza di Pax Christi nel contesto sociale ed ecclesiale, a innovarne l'assetto organizzativo e a valorizzarne ulteriormente i Punti Pace". Alcune scelte significative sono state operate, tuttavia "il Consiglio nazionale non è riuscito a elaborare un ‘progetto complessivo e organico' sul movimento e sulla sua azione", scrivono. "Inoltre, non è stata messa mano al riassetto organizzativo di Pax Christi e alla rivisitazione/chiarificazione dei ruoli delle figure statutarie, dei processi decisionali e delle metodologie di lavoro in modo tale che diventassero più funzionali. Non è stata creata la figura dell'addetto stampa per facilitare la comunicazione del movimento verso l'esterno. Ma soprattutto l'attuale Consiglio nazionale non è riuscito ad articolare effettivamente il movimento sulla base di Commissioni e Gruppi di lavoro tematici che, in un lavoro a rete, presidiassero le fondamentali aree di intervento del movimento e potessero corresponsabilizzare maggiormente consiglieri, Punti pace e aderenti sui terreni specifici dell'azione di Pax Christi". L'assenza di questi passaggi – proseguono – ha "determinato la persistenza nel movimento di una serie di criticità": "Debolezza organizzativa"; "mancanza di chiarezza dei ruoli e dei mandati, che ha generato e continua a generare fatiche, conflitti e incomprensioni, soprattutto a livello nazionale"; "la frammentarietà e discontinuità dell'azione complessiva del movimento, tanto che alcuni temi fondamentali del dna di Pax Christi continuano ad essere affrontati sporadicamente e a spot"; "grande difficoltà a vivere, in particolare nel Consiglio nazionale, un ‘discernimento costante, competente e puntuale' della realtà sociale, politica ed ecclesiale", tale da essere "spesso assenti dal dibattito pubblico su questioni importanti, in particolare quelle riguardanti l'economia di giustizia, i diritti umani e la situazione ecclesiale".
Per cui i "21", oltre alla definizione delle "priorità strategiche", propongono, anche ispirandosi al modello di Pax Christi Internazionale, "una riorganizzazione del movimento sulla base di una maggiore definizione del ruolo delle figure istituzionali e di un'articolazione che consenta realmente di distribuire i carichi di lavoro, così da acquisire le competenze necessarie per essere credibili e in grado di lanciare progetti coinvolgenti", rendendo più "fluida" e "costante" la comunicazione tra livello nazionale e livelli locali e chiarendo "chi sono i soggetti chiamati ad elaborare una progettualità sui ‘temi generatori' di Pax Christi".
Le idee dei Punti pace
Quello dei "21" è "un contributo utile nei contenuti anche se anomalo nel metodo" e forse mosso da una eccessiva "preoccupazione organizzativa", scrive il Punto pace di Verona, che propone una serie di riflessioni e di proposte "non tanto come tesi da votare in ottiche contrapposte, ma come opinioni da condividere e da confrontare, come ipotesi aperte ad una sintesi vissuta come impegno e percorso". "Ci pare buono il tentativo di adeguarsi al modello di Pax Christi Internazionale per respirare in grande, avere concreti canali informativi e relazioni utili", si legge nel documento di Verona, secondo il quale "i Punti pace, potenziati-coordinati (e moltiplicati), devono essere i protagonisti del movimento". Ma "sviluppata la discussione organizzativa, fissati congressualmente le priorità, i campi di intervento e i compiti, osserviamo che l'organizzazione non può diventare un'ossessione, non è l'unico problema ed è forse conseguente ad altri tre elementi": la "spiritualità della pace" e la "teologia della nonviolenza", un "campo ancora poco esplorato, ricco di itinerari e di scoperte, che si intreccia all'educazione alla pace, all'ecumenismo, al dialogo interreligioso, alle tematiche interculturali e intraculturali, alla costruzione di una nuova famiglia umana, al bene comune universale e alla vita quotidiana". In secondo luogo, una "prassi di sinodalità" e di "corresponsabilità ecclesiale": vogliamo condividere, continua il documento, "la nostra originalità con tutto il popolo di Dio in cammino, con le sue incertezze e sbandamenti che possono sciogliersi e ricomporsi dentro un'opera comune", "senza arroganza, senza la pretesa di possedere la verità, senza clericalismi o settarismi rovesciati", perché la profezia "non è monopolio di nessuno" né la parresìa "può diventare un critica automatica e pregiudiziale". Infine, conclude il documento di Verona, senza dimenticare uno sguardo globale, "riteniamo importante mettere in evidenza la dimensione della profezia quotidiana, la pace nei nostri contesti di vita, la nonviolenza in rapporto alle nostre città, la dimensione quotidiana e sociale dell'esistenza (discriminazioni razziali e sociali, violenze in famiglia, violenze contro le donne e i bambini, morti sul lavoro, criminalità organizzata, reati ambientali, ‘questione morale', evasione fiscale, morti sulle strade, suicidi… ). L'azione per la pace può e deve affrontare le paure diffuse nelle realtà urbane dove avviene l'incubazione di tristezze e di solitudini ai bordi della disperazione", a partire da "molte città ‘padane'" dove "si sta elaborando una politica ‘controdemocratica' anticostituzionale, si agitano populismi etnici o religioni civili settarie, si scatenano periodicamente violenze familiari orribili o miniviolenze che degradano lo spirito pubblico e il clima sociale".
Più asciutti i contributi di altri Punti pace. Quello di Ivrea sottolinea il tema dell'informazione e suggerisce che il movimento si attivi per fare "formazione" e "contro-informazione" sui temi della pace, "soprattutto all'interno della Chiesa cattolica". Come anche il Punto pace di Andria: "Il movimento – si legge nel contributo inviato al Consiglio nazionale – deve far sentire la sua voce nella Chiesa sia a livello di gerarchia, sia riguardo all'intero popolo di Dio, per provocarne il cambiamento nella direzione della cultura della nonviolenza evangelica". Pescara sostiene il "potenziamento del Centro Studi". Il Punto pace di Reggio Emilia sottolinea un diffuso "malessere" presente in Pax Christi – denunciato dalle dimissioni del coordinatore nazionale – e la presenza nel movimento di "due modi di essere", uno "più profetico che denuncia e annuncia, affinchè la pace diventi un fatto politico" e uno "più di base, educativo, costruttore di pace"; e aggiunge che tale "malessere" potrebbe essere superato con l'attuazione di alcune "scelte concrete" che tengano unite "profezia e pratica", sull'esempio del percorso messo in pratica in questi anni da Comunità libere e dalle cooperative del consorzio sociale Goel, nella Locride, nella ex diocesi del vescovo Giancarlo Bregantini.
Il dibattito vero, e ancora più aperto, però sarà al Congresso del 24-26 aprile: venerdì pomeriggio tavola rotonda con il filosofo Roberto Mancini, la biblista Rosanna Virgili e Claudette Werleigh, segretaria generale di Pax Christi Internazionale; sabato mattina relazione del presidente, mons. Tommaso Valentinetti, e dibattito assembleare; sabato pomeriggio gruppi di lavoro sui cinque ambiti proposti dal "documento dei 21"; domenica mattina votazione delle mozioni e del documento finale ed elezione dei coordinatori interregionali e del nuovo Consiglio nazionale che poi, al suo interno, eleggerà il coordinatore e il vicepresidente nazionale. (luca kocci)
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