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Elezioni europee/1 Quanto pesa il voto dei ragazzi del millennio

Tratto da: Adista Segni Nuovi n° 63 del 06/06/2009

Il 6-7 giugno si terranno le più ampie elezioni europee da quando esiste il Parlamento di Strasburgo. L’elettorato si estende “orizzontalmente” per effetto dell’allargamento dell’Europa che ora conta 27 paesi membri, ma anche “verticalmente” verso i giovani diventati maggiorenni dopo le precedenti votazioni. A esprimersi per la prima volta sarà chi ha un’età compresa tra i 18 e i 22 anni, la cui consistenza demografica è pari a circa 31 milioni di unità, il 6,2 per cento della popolazione europea, il 5,5 per cento in Italia. Si tratta di giovani che rientrano in pieno nella generazione dei Millennials, cioè di coloro che sono divenuti maggiorenni nel ventunesimo secolo.

 

Grande voglia di contare

Una generazione ben connotata: si sono socializzati dopo la caduta del muro di Berlino, in piena epoca di globalizzazione, in permanente connessione tramite internet. In un mondo quindi molto diverso da quello dei loro genitori. Hanno maggiori competenze verso le nuove tecnologie e sono anche più aperti al confronto multietnico. Negli Usa sono stati loro uno dei motori principali dell’elezione di Barack Obama.

Nel popular vote il candidato democratico ha infatti ottenuto il 53 per cento dei voti, ma si sale al 66 per cento tra gli under 30.  Poiché questi ultimi, nel 2008, costituivano il 18 per cento circa di chi ha partecipato alle votazioni, è possibile calcolare che senza di loro il popular vote sarebbe stato in bilico.

Varie ricerche indicano i Millennials come più consapevoli, più partecipativi e meno individualisti, con maggior fiducia in se stessi e propensione al rischio rispetto agli attuali trentenni. Anche recenti dati riferiti al nostro paese sono coerenti con questo profilo. Secondo Iard è aumentata sensibilmente la percentuale dei giovani italiani (15-24 anni) che considerano molto importante l’impegno sociale (dal 18 a oltre il 25 per cento) e l’attività politica (dal 2,7 al 6,1 per cento). Secondo l’Istat, parlano tutti i giorni di politica il 9,4 per cento dei maschi 20-24enni (aumento di 5 punti percentuali dal 2000 in poi) e il 7,4 per cento delle femmine (+4,6 punti percentuali).

Anche le nuove generazioni italiane risultano essere sempre più multietniche: è in continua crescita il numero di giovani nati in Italia da genitori stranieri (valore vicino oramai a circa mezzo milione). Ed il loro peso è maggiore proprio nelle realtà sociali più produttive e dinamiche. A Milano, ad esempio, oltre un giovane su cinque è straniero.

 

Grande voglia di contare ma basso peso elettorale

A differenza dei coetanei americani, e anche di alcuni vicini paesi europei, i Millennials italiani sono nati quando la fecondità italiana è scesa stabilmente sotto la media dei paesi occidentali, ovvero in piena denatalità. Una generazione quindi quantitativamente meno influente e inserita in una società in pieno degiovanimento. Ad esempio, solo in Italia i Millennials (cresciuti con internet, pari a meno di 6 milioni e 400 mila) pesano meno dei 60-69enni (nati prima della televisione, pari a oltre 6 milioni e 700 mila).

I giovani nati nel nostro paese oltre a essere caratterizzati da debolezza demografica, si trovano paradossalmente anche con maggiori limiti di partecipazione alle elezioni rispetto ai coetanei europei.

La voglia di fare, di contare, di emergere, è una risorsa sociale importante, che deve essere valorizzata e incentivata, non invece frustrata e soffocata come rischia di essere in Italia. Giusta e urgente è quindi l’eliminazione delle maggiori barriere di età che i Millennials italiani trovano all’entrata in Parlamento sia a Roma che a Strasburgo. Ma perché un ventenne spagnolo o tedesco sarebbe più idoneo a rappresentare il proprio paese più di un coetaneo italiano? Ma si potrebbe anche andare oltre, estendendo ai 16-17enni (in Italia circa un milione e 100mila) il diritto di elettorato attivo alle amministrative.

La perdita di consistenza del peso elettorale dei giovani si ridurrebbe riconoscendo il diritto di voto alle seconde generazioni di immigrati. Le nuove generazioni italiane risultano essere sempre più multietniche. I giovani nati in Italia da genitori stranieri sono ormai circa mezzo milione. I criteri attuali per ottenere la cittadinanza risultano essere tra i più restrittivi in Europa: chi è nato in Italia può iniziare a fare richiesta della cittadinanza solo dopo il compimento della maggiore età e a condizione che abbia mantenuto con rigorosa continuità la residenza entro i confini nazionali. Una misura utile potrebbe quindi essere anche quella, quantomeno, di abbassare a 16 anni la possibilità di richiedere la cittadinanza per chi è nato in Italia da genitori stranieri.

* da www.lavoce.info

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