SINODO AFRICANO: VIETATO PARLARE DI CONDOM E CELIBATO DEI PRETI. MA QUALCUNO ROMPE SUBITO LE RIGHE
Tratto da: Adista Notizie n° 102 del 17/10/2009
35226. CITTÀ DEL VATICANO-ADISTA. Preparato con ogni possibile rete protettiva per impedire che emergessero temi che il papa non intende assolutamente dischiudere, la seconda assemblea speciale del Sinodo dei vescovi per l’Africa è stata invece investita, fin dalle prime battute, da argomenti scottanti, come l’uso del preservativo o la ridiscussione dell’obbligatorietà del celibato sacerdotale per la Chiesa latina. L’Assemblea, alla quale prendono parte 244 “padri”, è stata inaugurata da Benedetto XVI il 4 ottobre; essa si concluderà il 25 ottobre, e solo allora, ovviamente, sarà possibile valutare l’insieme dei lavori e le conclusioni cui si arriverà, anche sui “temi caldi”. Il tema ufficiale del Sinodo (il secondo, dedicato all’Africa, dopo quello del 1994) è: “La Chiesa in Africa a servizio della riconciliazione, della giustizia e della pace. ‘Voi siete il sale della terra, voi siete la luce del mondo’ (Mt 5,13.14)”.
Nel suo discorso – durante una liturgia dominata, salvo alcuni dettagli, dal rigido rito latino, senza alcuna reale concessione ai possibili riti africani – il pontefice è stato severo nel denunciare alcuni permanenti mali del Continente nero, ma nessuna prospettiva di cambiamento ha fatto balenare per alcuni riforme ecclesiali pur richieste da molti cattolici, clero e laici, in Africa. “Quando si parla di tesori dell’Africa – ha detto il papa – il pensiero va subito alle risorse di cui è ricco il suo territorio e che purtroppo sono diventate e talora continuano ad essere motivo di sfruttamento, di conflitti e di corruzione. Invece la Parola di Dio ci fa guardare a un altro patrimonio: quello spirituale e culturale, di cui l’umanità ha bisogno ancor più che delle materie prime… Da questo punto di vista, l’Africa rappresenta un immenso ‘polmone’ spirituale, per un’umanità che appare in crisi di fede e di speranza. Ma anche questo ‘polmone’ può ammalarsi. E al momento almeno due pericolose patologie lo stanno intaccando: anzitutto, una malattia già diffusa nel mondo occidentale, cioè il materialismo pratico, combinato con il pensiero relativista e nichilista. Senza entrare nel merito della genesi di tali mali dello spirito, rimane tuttavia indiscutibile che il cosiddetto ‘primo’ mondo talora ha esportato e sta esportando tossici rifiuti spirituali, che contagiano le popolazioni di altri continenti, tra cui in particolare quelle africane. In questo senso il colonialismo, finito sul piano politico, non è mai del tutto terminato. Ma, proprio in questa stessa prospettiva, va segnalato un secondo ‘virus’ che potrebbe colpire anche l’Africa, cioè il fondamentalismo religioso, mischiato con interessi politici ed economici. Gruppi che si rifanno a diverse appartenenze religiose si stanno diffondendo nel Continente africano; lo fanno nel nome di Dio, ma secondo una logica opposta a quella divina, cioè insegnando e praticando non l’amore e il rispetto della libertà, ma l’intolleranza e la violenza”.
Lunedì 5 ottobre, il relatore generale del Sinodo, il cardinale Peter Kodwo Appiah Turkson, arcivescovo di Cape Coast (Ghana), ha tenuto la prima conferenza stampa sull’Assemblea. Interrogato dai giornalisti sulla legittimità (morale) dell’uso del condom, ha risposto: “Se un contagiato venisse da me”, “raccomanderei l’uso del preservativo, anche se in Africa a volte questo rappresenta un rischio” per la cattiva qualità di alcuni condom. “L’utilizzo del preservativo è importante”, ha continuato, ma “bisogna ricordare l’aspetto della fedeltà all’interno della coppia, quindi l’appello all’utilizzo dei preservativi va di pari passo alla fedeltà della coppia”. Fino ad ora, la posizione ufficiale del Vaticano sulla questione era stata di netta chiusura, senza eccezioni. E papa Ratzinger, nel suo viaggio in Camerun ed Angola, nel marzo scorso, aveva detto che l’uso del preservativo “peggiora la situazione” (v. Adista 34/09). E infatti, nell’Instrumentum laboris, il testo-base da cui parte la discussione sinodale, non vi è traccia dello spiraglio aperto da Turkson. Sarà perciò interessante vedere come, infine, la questione sarà posta nelle propositiones, le proposte al papa che il Sinodo, al termine dei suoi lavori, elaborerà: conferma ferrea della dottrina ufficiale, oppure, indirettamente smentendo il papa, una qualche apertura?
Anche su un altro tema, assai discusso in Africa, quello della legge del celibato per il clero latino, forse nel Sinodo non vi è quella unanimità, per la riconferma assoluta della legge, che piacerebbe alla Curia romana, e che viene riproposta dall’ Instrumentum laboris. Per rendersene conto basta leggere il corposo articolo che Nigrizia di ottobre dedica al tema (www.nigrizia.it). La rivista dei missionari comboniani, dopo una veloce e recente casistica e un resoconto degli interventi del Vaticano, negli ultimi anni, per circoscrivere il fenomeno della violazione del celibato ecclesiastico, afferma tra l’altro: “È di dominio pubblico ormai – senza voler generalizzare e far torto ai tanti che agiscono onestamente e riconoscendo che ci sono Paesi dove il clero compie sforzi sinceri per vivere coerentemente – che il fenomeno dei sacerdoti e vescovi che hanno famiglia è diffuso”. E “tutto fa ritenere che il problema del celibato dei preti sia stato evocato seriamente da Benedetto XVI nei suoi colloqui con i vescovi della regione durante il suo viaggio a Yaoundé (Camerun) nel marzo scorso”. “Questi scandali – secondo la rivista – obbligano i responsabili nella Chiesa a porsi la domanda della giustezza di un modello di sacerdote e pastore che viene dalla riforma tridentina”: “È ancora un modello valido ovunque e per tutti?”. “Non tocca a noi rispondere”, prosegue, però “pensiamo che anche la figura del sacerdote cattolico in Africa vada inculturata”. (luigi sandri)
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