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FARSI PROSSIMO ALL’ALTRO NELLA SUA ALTERITÀ. L’IMPERATIVO BIBLICO DELL’AMORE SECONDO ARMIDO RIZZI

Tratto da: Adista Documenti n° 112 del 07/11/2009

DOC-2203. ROMA‑ADISTA. Amare il prossimo in quanto prolungamento di se stessi non è rispondere all'imperativo biblico "amerai": solo andando oltre questo amore "ombelicale", per cui l'altro è funzionale al compimento della propria esistenza, si può realmente entrare in rapporto con l'altro dal punto di vista biblico, amandolo in quanto altro. È stato proprio l'amore per il prossimo in quanto altro da sé il fil rouge dell'intervento con il quale il teologo Armido Rizzi ha introdotto, il 7 ottobre scorso, il ciclo di incontri sul tema "Le diversità: un dono", organizzato dal Cipax in collaborazione con la Comunità di base di S. Paolo, la sezione romana di Pax Christi, Religions for Peace e il Servizio Rifugiati e Migranti della Federazione delle Chiese Evangeliche (per informazioni sui prossimi incontri www.cipax‑roma.it).

Punto di partenza del suo intervento, dal titolo "L'altro come povero, come diverso e come nemico", è la parabola del buon samaritano. Di fronte al viandante aggredito, a indurre il samaritano a fermarsi, a soccorrere il prossimo, è la compassione che nasce dal grido muto dell'altro. "Si può tradurre tutto questo con il termine responsabilità", ha spiegato il teologo, "nelle due accezioni: responsabilità coram deo, di fronte a Dio, e responsabilità nei confronti dell'altro che mi è prossimo". Ma la vera prossimità che definisce questo amore per l'altro non è, ha concluso Rizzi, quella che vede l'altro come parte dei miei prossimi, ma quella per cui "io mi faccio prossimo all'altro nella sua alterità, raggiungendolo lì dove non penserei di raggiungerlo".

Di seguito ampi stralci dell'intervento, tratti da una nostra registrazione e non rivisti dall'autore. (i. c.)

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