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Verso il referendum 12 e 13 giugno: legittima indignazione

Tratto da: Adista Segni Nuovi n° 45 del 04/06/2011

Se tutti i quesiti referendari proposti ai cittadini il 12 e 13 giugno sono importanti e gravidi di conseguenze sulla nostra vita e sulla vita del popolo italiano nel futuro prossimo e remoto, mi pare che quello più carico di immediate e dirette conseguenze politiche sia quello che riguarda il cosiddetto “legittimo impedimento”. In esso si chiede ai cittadini di esprimersi in merito alla «Abrogazione della legge 7 aprile 2010, n. 51 in materia di legittimo impedimento del Presidente del Consiglio dei Ministri e dei Ministri a comparire in udienza penale». Sulla scheda il quesito verrà posto in maniera abbastanza sintetica: «Volete voi che siano abrogati l’articolo 1, commi 1, 2, 3, 5, 6 nonché l’articolo 1 della legge 7 aprile 2010 numero 51 recante “disposizioni in materia di impedimento a comparire in udienza?”». Che è come dire: vuoi eliminare la legge che permette al Presidente del Consiglio dei Ministri e ai Ministri di non comparire in udienza penale durante la loro carica?

Lo ritengo il più gravido di conseguenze politiche perché finalmente viene chiesto ai cittadini di affrontare di petto quel cancro della democrazia che ci sta divorando dal 1994: il conflitto di interessi, negato, attenuato, mascherato, taciuto (anche dall’opposizione!), quel conflitto che ha poco alla volta sottratto spazi di libertà, di informazione, di verità, di giustizia, di etica non solo alla politica, ma alla qualità del vivere sociale in Italia.

Temo che i “fumogeni” di Berlusconi e dei suoi “sudditi” abbiano creato una tal cortina che pochi riescono ancora a capire che cosa stia succedendo tra i vari Lodi Schifano, Alfano, legittimi e meno legittimi impedimenti, conflitti di attribuzione e strategie ghediniane, tra giudici “comunisti” o addirittura “brigatisti”, giornalisti “nemici”, inginocchiati ma nemici, immunità o impunità parlamentare o ministeriale, tra escort e “Responsabili”...

Mi pare che il nodo del problema, e il vero oggetto del contendere referendario, sia ben chiarito da alcune citazioni che risalgono all’inizio degli anni ’90, ma che mantengono, aggravata, una straordinaria attualità: «Il tumore del malaffare era ramificato ovunque, ma non è in atto un attacco alla democrazia. E se molti espo­nenti di partito, massimamente il suo e nel suo massimamente quelli della sua corte, sono inquisiti, ciò non può avere influenza sulla vita del governo. Perché il governo è una istitu­zione che attiene all’ordinamento dello Stato, mentre i partiti sono organizzazioni private. Pensare che il fango nauseante che sommerge i partiti debba anche schizzare il governo, significa pensare che il governo è “cosa nostra”, dopo aver pensato, e dimostrato in prati­ca, che “cosa nostra” sono gli enti, le banche, gli appalti, le professioni. Questi partiti de­vono retrocedere e alzare le mani. Devono farlo subito. E devono farlo senza le furbizie che accompagnano i rantoli della loro agonia. Perché questo sì sarebbe un golpe contro la de­mocrazia: cercare di resiste­re contro la volontà popolare». «I giudici devono fare fino in fondo, e senza riguardi per nessuno, il loro dovere». «Negli stessi Stati Uniti ci si gioca la presidenza non per aver pas­sato una notte in un motel con una bella bionda, ma per aver detto una bugia e spezzato un rapporto fiduciario». «Il garantismo, come ogni ideologia pre­concetta, è pernicioso». «I giudici devono andare avanti. Nessuno chiede che gli inquisiti eccellenti abbiano un trattamento diverso dagli altri inquisiti». Sono tutte citazioni di un solo autore, non sospetto di comunismo e si riferiscono agli anni 1992/1993, e riguardano il dibattito sull’immunità parlamentare e processi dove l’im­putato era Bettino Craxi. Chi è questo difensore della giustizia e strenuo oppositore dei pri­vilegi dei politici? Marcello Pera, che fu Presidente del Senato in nome e per conto di Berlusconi e dunque seconda carica isti­tuzionale dello Stato, senatore prima di Forza Italia e poi del Pdl. Ed è proprio lo stesso che ha dichiarato a un quo­tidiano: «Bisogna sospendere l’azione penale a carico di Berlusconi per il bene dello Stato», accusando anche il governo di «eccesso di timidezza sulla giustizia», aggiungendo che «se, dopo il voto, si scopre che un fatto commesso dal premier potrebbe costituire reato, a quel punto il bene-Stato deve prevalere sul bene-processo immediato». Ma sempre una sua dichiarazione ci riporta alla sostanza vera del problema: «Berlusconi è a metà strada tra un cabarettista azzimato e un venditore televisivo di stoviglie, una roba che avrebbe ispirato e angosciato il povero Fellini».

Tra il voto delle Amministrative e i referendum i nodi vengono finalmente al pettine... Ma i “berluscones” faranno di tutto per la loro sopravvivenza, soprattutto cercheranno di organizzare feste e vacanze che portino lontano dalle urne referendarie, che oltre a questo quesito politico affrontano altri tumori più legati a interessi economici.

Che il Referendum dia vita ad un “Movimento 12 Giugno” e le urne siano finalmente riempite da una valanga di sì di italiani indignati!

* Parroco a San Giorgio in Castelceriolo (Al)

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