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Liberazione o illuminazione?

Tratto da: Adista Documenti n° 37 del 26/10/2013

Il tema è in discussione già da molto tempo. Proliferano iniziative e corsi sulla spiritualità della non-dualità la cui visione nell’insieme si scontra con ciò che appartiene alla spiritualità tipica latinoamericana, la spiritualità della liberazione (S. L.).

Per quest’ultima, il valore centrale, il più importante, quello che in qualche modo raccoglie e comprende tutti gli altri è il valore della liberazione: il processo storico di conquista e costruzione personale e sociale della Libertà. (…). È qui, nel lavoro e nello sforzo per costruire un mondo differente, secondo il modello dell’Utopia proposto da Gesù, il Regno, è qui, in questo «nostro pozzo», che viviamo la nostra esperienza spirituale principale, il nostro incontro con la profondità della Vita, della Storia, dell’Utopia e dell’Amore.

Alcune presentazioni popolari della spiritualità della non-dualità propongono un’impostazione spirituale assai diversa. L’esperienza spirituale principale non deve essere cercata nell’Amore-Giustizia, che si impegna nella storia per trasformarla nell’utopia di un altro mondo possibile, ma nell’interiorità della persona: non sarebbe necessario preoccuparsi tanto per il mondo esterno, per la storia e tanto meno per la politica – cioè per i conflitti umani contro l’ingiustizia all’interno dei processi storici –; sarebbe molto meglio volgere lo sguardo e l’attenzione piuttosto al Mistero irraggiungibile, percepito nel silenzio della mente e del cuore, fino a provocarvi l’esperienza della trascendenza: cioè l’illuminazione, un’esperienza mistica, uno stato modificato di coscienza che non si può descrivere, si può solo sperimentare, che ci riempie di pace, felicità, pienezza e buoni sentimenti.


LE DUE PROPOSTE

Le spiritualità popolari della non-dualità insistono su questo orientamento, opposto a quello della S. L.: è importante volgere lo sguardo all’interiorità, disconnettersi dalle preoccupazioni umane, sociali e politiche, fare silenzio, spegnere i nostri pensieri, rimanere in un’apertura silenziosa per essere capaci di accogliere l’esperienza spirituale per antonomasia, l’illuminazione.

Questa sarebbe il bene supremo e l’unico di cui abbiamo veramente bisogno, l’unum necessarium, perché solo nell’esperienza dell’illuminazione possiamo incontrare forza e capacità di amare, al fine di provare misericordia nei confronti del prossimo e impegnarci nella liberazione, un qualcosa in qualche modo derivato. La cosa più importante, dalla quale deriverebbe tutto il resto, sarebbe l’illuminazione. Chi la consegue e la esperimenta, possiede tutto.

A partire da questo principio, le spiritualità della non-dualità hanno sviluppato un insieme di procedimenti, metodi… di meditazione, pratiche dirette al silenzio della mente, tecniche di controllo del pensiero… con lo scopo di predisporre la coscienza umana a sperimentare questa illuminazione. Questi procedimenti producono l’illuminazione e quest’ultima suscita in noi la compassione, tanto verso gli esseri umani quanto verso la natura (…).

Da parte sua, la spiritualità della liberazione (…) non è preoccupata in prima battuta di ottenere qualcosa per la persona, per il soggetto. La S. L. è una spiritualità decentrata da se stessa, centrata unicamente nell’Amore-Giustizia che fonda la passione per la costruzione del Regno di Dio nella Storia. La S. L. sogna la stessa utopia di Dio: «Non un altro mondo ma questo, però totalmente altro»… Questo è il suo fine, l’obiettivo principale attorno a cui fa girare tutto.

Da questo discende il fatto che la S. L. sia una spiritualità del mondo, della strada, della storia, sempre orientata all’esterno, sempre occupata e preoccupata «per il Regno di Dio e la sua giustizia», prima che «tutto il resto ci sia dato in aggiunta», secondo quello che già disse Gesù. Ciò che preoccupa sommamente la S. L. non è l’esperienza spirituale personale – benché ovviamente sia importantissima –, non è la presunta illuminazione personale, bensì la costruzione del Regno, la trasformazione del mondo nell’orizzonte del Progetto di Dio, la Liberazione. (…).


PLURALISMO PROFONDO: BIODIVERSITÀ RELIGIOSA

(…) Sono «atteggiamenti spirituali» diversi, tra i quali non vale la pena dibattere su quale sia quello vero e quello falso… entrambi sono validi. Sono «doni» differenti.

Ci sono persone – e popoli o culture – dotati di una sensibilità particolarmente orientata al numinoso, all’esperienza spirituale o mistica che passa per la via dell’interiorità, dell’amore esperienziale e «silenzioso», che coltiva il silenzio del pensiero… E ci sono anche persone – e popoli e culture, movimenti storici – presi dalla passione incontenibile per la realizzazione dell’Amore e della Giustizia nella storia, nella difesa dei poveri e delle vittime, e questa non è un’esperienza semplicemente etica o politica ma vera esperienza di Dio, esperienza spirituale, mistica.

Nel primo caso, i membri di queste religioni e culture, sono centrati più sull’orazione, sull’interiorità, sulla coscienza, sul silenzio, sulla meditazione…; e solo a partire da queste mediazioni derivano poi un impegno sociale, orientato per lo più all’assistenziale, a una misericordia (…) che spesso non confida nella dimensione politica o nella trasformazione strutturale della società (l’«altro mondo possibile»). Madre Teresa di Calcutta, che militava esplicitamente contro la teologia della liberazione, è un esempio emblematico, all’interno del cristianesimo, di questo orientamento.

Nel secondo caso i credenti «appaiono» come (…) lottatori sociali, militanti impegnati nella costruzione di una nuova società, segnati teologicamente e anche psicologicamente da una struttura storico-utopica dell’esistenza. (…). Si caratterizzano per una «santità politica» (praticamente ancora non canonizzata nella Chiesa cattolica). Figure tipiche di questo modello sarebbero mons Romero e tanti altri martiri latinoamericani, martiri «gesuanici», cioè assassinati e martirizzati per aver vissuto secondo lo stile di Gesù, secondo il suo impegno per l’Amore-Giustizia (…).

Quale tra i due è il cammino migliore? Quale la migliore spiritualità? Dal punto di vista del «pluralismo profondo», non è necessario rispondere a tale domanda. Queste due grandi correnti spirituali, come tante altre, sono una manifestazione della «biodiversità religiosa», la cosiddetta ierodiversità. Nella biodiversità non ha senso chiedere quale sia la «vera specie»… Tutte lo sono, ciascuna offre il suo contributo e tutte si influenzano, si incrociano e hanno bisogno l’una dell’altra per far crescere l’evoluzione della vita. Lo stesso è per la ierodiversità.


RICONOSCERE L’APPORTO DELLA SPIRITUALITÀ NON-DUALE

Eredi di un esclusivismo coltivato per quasi due millenni, il nostro subcosciente collettivo di cristiani ci dice che noi viviamo la «spiritualità vera» e, pertanto, quella amata da Dio, quella che non deve apprendere niente dalle altre perché ha già tutto in se stessa…Oggi, da una posizione pluralista, sappiamo che non esiste la «vera religione» perché tutte sono un raggio luminoso della dimensione divina dell’umanità. (…). Oggi ormai sappiamo che tutte le religioni hanno i propri limiti, i propri punti ciechi, le proprie necessarie complementarità. Anche la S. L.


UNA SINTESI LIBERATRICE E LATINOAMERICANA

Due posizioni estreme sono quindi da evitare: abbandonare la propria S.L. frastornati dalla novità della non-dualità, o chiudersi nella propria S.L. credendo che non si possa apprendere nulla da altre spiritualità. È meglio coltivare la propria spiritualità della liberazione, continuare a «bere al proprio pozzo», senza tralasciare di aprirsi a volte alla sapienza delle spiritualità orientate soprattutto verso l’illuminazione.

Siamo in un tempo di sintesi. Si può assumere tutto il buono che c’è, dovunque sia e da qualunque parte venga, senza smettere di essere ciò che si è.

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