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La battaglia perduta della Chiesa

Tratto da: Adista Documenti n° 45 del 21/12/2013

QUESTA CHIESA DA CUI TANTI CREDENTI SI ALLONTANANO

Una giovane donna è in treno con la sua figlioletta di 7 anni. Poco tempo prima, la piccola le aveva chiesto: «Dio che cos’è?» e la mamma, presa alla sprovvista, le aveva dato una versione per bambini dell’Antico e del Nuovo Testamento. La bimba, durante il viaggio, si diverte a modellare dei personaggi: «Questo è Gesù; questa è Maria, la mamma di Gesù, e quest’altro è Giuseppe: ha adottato Gesù alla nascita». Nel vagone tutti sono divertiti dai commenti della bambina. Una signora le dice: «Ne sai di cose!» e la piccola risponde: «Ho letto tutto il Nuovo Testamento. Il Vecchio non ancora, è troppo complicato!». La madre, che fino a quel momento aveva taciuto, si sente avvampare per la vergogna. Ha paura che si pensi che lei faccia parte di questa Chiesa così reazionaria. Lei, così come tanti altri cattolici che, profondamente credenti nel Dio di Gesù Cristo, restano nella Chiesa o ai suoi margini ma non ne condividono affatto il funzionamento. Altri se ne sono completamente distaccati e dichiarano: «Gesù sì, ma la Chiesa no! Mai!».

Perché alcuni fedeli si allontanano dalla Chiesa? Hanno ragione a definirla reazionaria? (…). Sono possibili dei cambiamenti affinché questi cattolici tornino a essere fieri della Chiesa?


LEGGI CHE NON FUNZIONANO PIÙ

Leggi per l’1%. Benedetto XVI avvertiva l’importanza di ricordare che, secondo la legge della Chiesa, la convivenza non è autorizzata prima del matrimonio. Precisava che, per quanto questa legge non venga applicata oggi che dall’1% dei cattolici, non è possibile abolirla. (…). Ciò che la gerarchia cattolica dichiara a proposito della convivenza può essere esteso a un buon numero di questioni inerenti la sessualità: divieto di limitare le nascite tramite contraccettivi non naturali, divieto di ricorrere alla procreazione medicalmente assistita e anche divieto di risposarsi, per esempio. Leggi che non sono rispettate che dall’1% – a seconda dei casi – dei cattolici praticanti, vale a dire, per quanto riguarda la Francia, da un po’ meno di 20mila cattolici su circa due milioni di praticanti regolari e su circa 62 milioni di francesi. Come non interrogarsi sull’opportunità di mantenere delle leggi il cui impatto sulla popolazione è quasi nullo? (…).


Legge e Tradizione. Una legge ha sempre un contenuto (…) che determina i comportamenti possibili (e dunque permessi) in una data società. Ma l’enunciato di una legge è anche espressione della società che la emana. Vale per ogni legge, che sia civile o religiosa. Ed è proprio così che le leggi della Chiesa hanno funzionato fino a un’epoca relativamente recente. Le sue leggi sul matrimonio erano accettate dal 99% dei cattolici. (...). Oggi, (...) norme che prima godevano di un consenso ecclesiale e/o sociale diventano legge di una sparuta minoranza, di una sorta di élite. La legge non identifica più un popolo.

Conservare il contenuto di una legge il cui fondamento non è riconosciuto che dall’1% significa essere fedeli alla tradizione della Chiesa? Oppure lo è cambiare il contenuto per continuare a fare popolo? (...).

Se nella Chiesa il senso tradizionale di una legge è prima di tutto legato al suo contenuto (in questo caso vietare ogni relazione sessuale al di fuori del matrimonio), bisogna mantenere il divieto costi quel che costi; poco importa che il popolo riconosca o meno questa legge. Ma se si pensa che il senso di una legge è prima di tutto quello di fare popolo, allora sarebbe meglio aggiustare il contenuto tenendo conto di ciò che vive la maggior parte dei credenti. Il Magistero, mantenendo leggi per l’1%, privilegia il contenuto a scapito del popolo. Come non definire questo atteggiamento dittatoriale da una parte e totalmente inefficace dall’altra? In effetti, a cosa serve enunciare delle leggi se il popolo cui sono rivolte non le ascolta? Non parlano al vuoto?  (...).

Un potere totalitario? Nel momento in cui in Francia divampava il dibattito sul matrimonio omosessuale, la sociologa delle religioni Danièle Hervieu-Léger definiva l’atteggiamento della gerarchia come una lotta per non cedere l’ultimo potere ancora nelle sue mani: quello esercitato sulla vita sessuale e sulla concezione familiare non solo dei fedeli ma del più ampio numero possibile di cittadini. (…). Volente o nolente, la gerarchia ha ceduto il potere che esercitava sulla società, salvo che in materia di sessualità. Per ciò che riguarda la vita familiare, conserva una norma unica: la sua. Questa eccezione, secondo Hervieu Léger, esprime il funzionamento totalitario che ancora caratterizza la gerarchia. Questa persistenza a conservare il potere – fosse anche su un solo aspetto della vita – rischia di far perdere alla Chiesa il poco credito di cui gode ancora oggi. (…).

Tornando alle leggi per l’1% promulgate dalla Chiesa, mons. Francis Deniau (...), riprendendo alcune parole pronunciate da Paolo VI in occasione di un anniversario dell’enciclica Rerum Novarum, che tratta di questioni sociali - «Di fronte a situazioni assai diverse, ci risulta difficile pronunciare una parola unica, così come proporre una soluzione che abbia valore universale» -, così commenta: «Solo negli Stati totalitari o nelle dittature esiste una politica coerente e lineare che parte da qualche grande principio. Non ne abbiamo nostalgia. (…)».

Ci si potrebbe domandare perché ciò che è vero in materia di morale sociale non dovrebbe esserlo anche in materia di morale familiare. Le situazioni sono meno complesse in un caso che nell’altro? Ognuno di noi non ha forse proceduto a tentoni – nella sua maniera di essere famiglia – per scoprire caso per caso i comportamenti da adottare? In che modo i grandi principi sarebbero il segno di un funzionamento di tipo totalitario e dittatoriale quando riguardano il modo di vivere in società e non lo sarebbero quando si tratta di sessualità? (…)


IN CHE CULTURA VIVIAMO?

(…) Un sistema centrato. (…). In origine i cristiani hanno cercato di rendere conto della loro fede nella cultura che gli era propria, quella della filosofia greca che, in Platone per esempio, organizza il mondo intorno a un centro: l’Uno immutabile cui bisogna far riferimento per conoscere la saggezza e le leggi dell’esistenza. (…). Tale modo di pensare ha funzionato nella società, come nella Chiesa, fino a tempi recenti. E funziona ancora tra i fondamentalisti cristiani. Per loro, Dio è al centro e sopra il mondo. (…). Le sue leggi sono immutabili perché Egli non può contraddirsi o cambiare idea. (…)


Un sistema decentrato. Questo sistema – centrato su un Dio come unica fonte di ogni conoscenza – viene oggi messo in discussione, almeno in Occidente. (…).

Siamo passati a un’altra rappresentazione del mondo (…) progressivamente emersa in opposizione a ciò che la prima ha generato: esclusione dell’altro (gli ebrei, i musulmani, i protestanti), caccia agli eretici, Inquisizione, ecc… (...).

Il Dio Sovrano che promulga leggi immutabili e universali non ha alcuno spazio nel funzionamento di questa società. (…). Le leggi sono fatte dagli esseri umani per gli esseri umani, i quali non sono più classificati in base al loro posto nella gerarchia o alla loro appartenenza religiosa. Tutti gli uomini e tutte le donne sono uguali, quali che siano le loro convinzioni o credenze religiose. (…). L’accordo tra gli uni e gli altri non è mai raggiunto una volta per tutte; è sempre da ricercare, ma può anche essere messo a repentaglio da coloro che vogliono appropriarsi del potere a scapito degli altri. Per lottare contro questo pericolo, quella che viene chiamata Regola d’oro è – in linea di principio – universalmente ammessa. Su questa base ogni società può costruire un sistema di leggi particolari (…) nessuna delle quali è definitiva. (…).


La crisi della Chiesa istituzionale. Torniamo alle leggi della Chiesa cattolica sulla sessualità. Si può certo capire che un gruppo particolare – una Chiesa – abbia proprie leggi (…). Di per sé questo fatto non pone alcun problema. Salvo se si pretende che queste leggi siano universali: ed è proprio il caso di quelle che riguardano la sessualità.

In un sistema centrato, infatti, la verità è unica e tutti coloro che fanno buon uso della loro ragione dovrebbero accettarlo, che siano credenti o meno. Poiché le leggi inscritte da Dio nella natura sono universali e immutabili, si rende un servizio all’umanità tutta intera conservandole a ogni costo. (…). In un sistema siffatto si tollerano delle deviazioni, ma resta fondamentale mantenere queste leggi almeno come ideale da raggiungere. Da questo principio deriva la conservazione di leggi per l’1%. (…).

UNA FERTILE FRATTURA

Nel Vangelo, leggi per lo 0%. Se c’è una parola che tradizionalmente è legge per la Chiesa, questa è quella di Gesù Cristo trasmessa dai Vangeli. Malgrado qui non si citino leggi naturali immutabili, tuttavia, nel Vangelo secondo Matteo, c’è un passaggio in cui Gesù fa riferimento a una legge immutabile di cui neanche una iota deve essere cambiata. (…). «Avete inteso che fu detto agli antichi: Non uccidere; chi avrà ucciso sarà sottoposto a giudizio. Ma io vi dico: chiunque si adira con il proprio fratello, sarà sottoposto a giudizio. Chi poi dice al fratello: stupido, sarà sottoposto al sinedrio; e chi gli dice: pazzo, sarà sottoposto al fuoco della Geenna» (Mt 5,22).

Così facendo, Gesù enuncia delle leggi non più per l’1% ma per lo 0%. Chi tra noi, infatti, non è, per esempio, mai stato in collera? Siamo tutti quindi passibili, secondo Gesù, della stessa condanna di colui che commette un omicidio. (…).

Tra leggi per l’1% e altre per lo 0%, la differenza non è solo di grado ma di funzione. Una legge per l’1% permette quantomeno a qualcuno di rispettarla. Funziona come un ideale raggiungibile. Una legge per lo 0% è irraggiungibile per tutti, senza eccezione alcuna. Fissa l’ideale al di là della portata umana. Segna una frontiera insuperabile tra il mondo di Dio (il Regno) e qualsiasi società, persino quella giudaica che si fondava su leggi date da Dio a Mosè. La legge antica creava dei giusti e dei colpevoli; la legge nuova permette, non a tutti alla rinfusa, ma a ciascuno in particolare, di sapersi colpevole: «Perché guardi la pagliuzza che è nell'occhio del tuo fratello e non ti accorgi della trave che è nel tuo?», domanda Gesù nel Vangelo. La legge per lo 0% – segnando una frattura totale e definitiva tra il mondo di Dio e quello degli esseri umani – instaura la possibilità di un regno nuovo (...) rispetto a quello della legge per essere salvati: quello dell’amore incondizionato che Dio ha per l’umanità. Solo l’amore di Dio è immutabile, poiché non è condizionato dai nostri meriti, dalla nostra giustizia o dall’obbedienza alle leggi.


Il Dio dell’accoglienza incondizionata. Gesù prosegue il suo discorso sulle leggi per lo 0% dicendo: «Avete inteso che fu detto: Amerai il tuo prossimo e odierai il tuo nemico; ma io vi dico: amate i vostri nemici e pregate per i vostri persecutori, perché siate figli del Padre vostro celeste, che fa sorgere il suo sole sopra i malvagi e sopra i buoni, e fa piovere sopra i giusti e sopra gli ingiusti» (Mt 5,43-45). Dopo aver così descritto l’amore incondizionato di Dio per l’umanità, egli, nei giorni della Passione, obbedirà fino alla fine a questa Legge Nuova. (…).

È in questo Amore immutabile di Dio, rivelato da Gesù Cristo, che i cristiani sono invitati a credere. È questo amore che sono chiamati a vivere: «Amatevi gli uni gli altri come io ho amato voi». Questa è la Verità che è legge nel cristianesimo. Ogni altra legge – persino quella di Dio data a Mosè – rischia sempre di diventare profondamente ingiusta. Gesù lo svela con la sua Passione: secondo la Legge giudaica e romana, egli meritava di morire.

Il Dio di Gesù Cristo non è il dio dei saggi e dei sapienti ma Colui che «si è svuotato» di tutto il suo potere sull’umanità. Questo «svuotarsi» è (…) la «condizione» di un Amore incondizionato per l’umanità. Il Dio che si manifesta sulla Croce dà la sua vita per l’umanità dicendo: «Padre, perdonali perché non sanno quel che fanno». (…). Questo Dio rompe con tutte le immagini di un Dio Signore e padrone di tutte le cose. Questa frattura instaura tra Dio e gli esseri umani un nuovo regno: quello dell’amore incondizionato di Dio per ognuno. (…). 


Il posto della Chiesa nella società di oggi. (…) In questo mondo, la Chiesa – il popolo tanto quanto il Magistero – può avere una funzione che non sia quella di mantenere questo imperativo assoluto di un’accoglienza senza limiti, sempre impossibile da raggiungere ma da ricercare senza sosta? Può avere una funzione che non sia quella di lottare contro tutte le forze che escludono l’Altro? Assolve a questa funzione quando denuncia la volontà di potenza degli uni sugli altri; quando combatte il Dio denaro e l’asservimento dei poveri. (…). Quando un papa, di giovedì santo, si china per lavare i piedi ad alcuni carcerati e per dar loro il posto d’onore. Quando apre le sue chiese ai senza tetto. (…).

In materia di sessualità, la Chiesa può avere una funzione che non sia quella di ricordare l’incondizionato Amore di Dio e di invitare tutti a credervi? Non è questa la sola verità assoluta che debba testimoniare?

Il Dio dei cristiani non è il Sovrano che chiede all’umanità di sottomettersi alle leggi che egli ha fissato. Il nostro Dio è Colui che scende nel più profondo dell’umanità e mette Amore là dove ci è impossibile amare o crederci amati. Testimoniare questo amore non consiste forse nell’accogliere tutti, ognuno con la sua storia particolare, senza l’intenzione nascosta di far aderire i dissidenti alla norma? Non è forse ricordarsi che ogni legge, anche se necessaria, può essere ingiusta come la Passione di Gesù Cristo ha dimostrato? (…)

Se la Chiesa (…) tende a non avere altra regola che quella dell’accoglienza, essa è la benvenuta in questo mondo così carente di luoghi di fraternità. Ma, per far questo, deve abbandonare la pretesa di dire una verità che valga per tutti e una volta per tutte. Deve «svuotarsi» della pretesa di esercitare un qualsiasi potere sui cristiani e sulla società.

In questa Chiesa, la gerarchia dovrebbe fare delle leggi che definiscano una particolarità cristiana distinguendola così da altri gruppi umani? Forse, a condizione però che non ne assolutizzi nessun’altra oltre a quella dell’accoglienza. Secondo la regola assoluta dell’Accoglienza, la gerarchia non è chiamata a mettersi in ascolto del popolo dei battezzati da un lato e dell’insieme della società dall’altro? In nome dell’accoglienza, la gerarchia non è chiamata a far sì che i battezzati non si fossilizzino mai su leggi particolari, ma facciano sì che queste evolvano in funzione delle nuove questioni che si pongono nella società di oggi?

In nome di questa legge per lo 0% di cui Gesù ordina non si cambi una virgola, ci piace sognare una Chiesa in cui la gerarchia ricordi a tutti i fedeli, al momento della comunione, che l’eucarestia non è riservata a coloro che ne sarebbero degni in quanto obbedienti alle leggi del Magistero, ma a coloro che credono nell’accoglienza incondizionata di Dio per tutti i peccatori (…). «Signore non sono degno di partecipare alla tua mensa, ma dì soltanto una parola e io sarò salvato», si dice poco prima di prendere la comunione. Allora perché rifiutare la comunione agli omosessuali che vivono in coppia o ai divorziati risposati che, al contrario delle apparenze, sono senza dubbio degni… o indegni tanto quanto gli altri battezzati? In occasione di una recente intervista, è stato chiesto a papa Francesco chi fosse ed egli ha risposto: un peccatore. Un bell’esempio per tutti i religiosi, le suore, i preti, i vescovi, i teologi e per tutti coloro che esercitano una responsabilità nella Chiesa!

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