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SINODO SULLA FAMIGLIA: FRATELLI COLTELLI

Tratto da: Adista Notizie n° 35 del 11/10/2014

37805 ROMA-ADISTA. In vista dell’inizio del Sinodo si stanno facendo sempre più intense le azioni di “guerriglia” delle due anime dell’assise, sempre più l’un contro l’altra armate, nel tentativo di far breccia nell’opinione pubblica (laica, ma soprattutto ecclesiale) e di trovare sostegno alla propria visione della “famiglia”, in radicale opposizione a quella degli “avversari”. In particolare, lo scontro avviene, ormai da mesi, sulla questione dei divorziati risposati. Ossia se ed in che modo eventualmente riammettere ai sacramenti chi vive stabilmente con un nuovo partner, concedendogli magari di “regolarizzare” la propria posizione attraverso un secondo matrimonio in Chiesa.


Perché due Sinodi?

Per comprendere meglio le cause della profonda divisione che attraversa oggi l’istituzione ecclesiastica conviene partire da una domanda “a monte”, che aleggia da mesi tra gli osservatori e gli esperti di fatti vaticani, ma che non è mai stata esplicitamente posta (anche per l’evidente impossibilità di ottenere una risposta risolutiva). Come mai due Sinodi sullo stesso tema? 

Le ipotesi sono tante. Per alcuni, papa Francesco avrebbe voluto in questo modo dare la più ampia possibilità di confronto e dibattito ai padri sinodali, in maniera da giungere se non ad una mediazione condivisa, per lo meno ad una opzione che possa trovare il massimo sostegno possibile all’interno dell’establishment cattolico. Una prima fase, quella del Sinodo straordinario, i cui membri sono in numero ridotto e soprattutto sono in numero minore i padri sinodali eletti dalle Conferenze episcopali (quelli, cioè, il cui profilo teologico e pastorale è meno prevedibile), in cui stilare una prima agenda di argomenti e proposte; successivamente, un Sinodo ordinario, in cui il peso delle Conferenze episcopali è maggiore, per garantire che i problemi all’ordine del giorno possano essere affrontati nella maniera più ampia e collegiale, consegnando poi al papa una serie di proposte operative.

Insomma, dietro la scelta di un dibattito a “due round”, vi sarebbe da parte del papa la consapevolezza che il tema dei divorziati risposati, destinato a monopolizzare i lavori, è potenzialmente esplosivo. E che, se non maneggiato con cura, potrebbe portare ad uno scisma, cioè al rifiuto di una minoranza della gerarchia di accettare le decisioni della maggioranza, specie se esse saranno nel segno dell’apertura ad una revisione dell’attuale disciplina ecclesiastica. Qualcosa di simile, in teoria, a quanto già avvenuto dopo il Concilio Vaticano II con i lefebvriani (tenendo però sempre presente che il Sinodo ha comunque un carattere esclusivamente consultivo. E che ogni decisione spetta poi al papa).

C’è poi, come sempre nelle decisioni di papa Francesco, un’ambiguità di fondo, che apre a letture di segno opposto. In questo senso, è legittimo anche ipotizzare che il papa abbia scelto appositamente di allungare il più possibile i tempi del dibattito – con due sinodi tutto è rinviato almeno di un ulteriore anno e mezzo –, lasciando che i padri sinodali si scontrino senza prevedibilmente trovare una soluzione condivisa, per poi far ulteriormente decantare la situazione o evitare di prendere una decisione, accampando magari la scusa che nella Chiesa il tema resta ancora da sviscerare, approfondire, assimilare prima di poter giungere a scelte che modifichino norme e consuetudini così radicate come quelle che riguardano la disciplina del matrimonio e l’ammissione all’eucarestia di chi vive una seconda unione. Se fosse vera questa ipotesi, dal doppio Sinodo il papa trarrebbe l’indubbio vantaggio di veder confermata la sua fama di pontefice aperto ed in ascolto dei tempi: la responsabilità della mancata riforma sarebbe tutta dell’establishment cattolico, che peraltro da tempo non gode di buona stampa. Tutto verrebbe mosso, insomma, affinché nulla realmente si muova. A Napoli la chiamano “ammuina”. Il sospetto che la si pratichi anche dentro la Chiesa cattolica può farsi strada, specie nel constatare come il papa abbia moltiplicato le assise, le commissioni e i gruppi di lavoro sui più disparati temi. Non va inoltre dimenticato che Francesco, nell’indicare i padri sinodali la cui nomina spetta personalmente a lui, ha scelto in gran parte ecclesiastici dal profilo nettamente conservatore (v. Adista Notizie n. 33/14). Anche qui: lo ha fatto per dare a tutte le componenti e le sensibilità presenti nella Chiesa la possibilità di confrontarsi in campo aperto, evitando l’accusa di estromettere qualcuno dal dibattito sinodale; o piuttosto la sua scelta si motiva con l’esigenza di frenare le spinte troppo innovative che potrebbero venire dal Sinodo? 

In sostegno a quest’ultima ipotesi c’è da aggiungere una considerazione, acutamente svolta sul Corriere della Sera dallo storico della Chiesa Alberto Melloni, sul peso che avrà al Sinodo la scelta di non render note le risposte delle Conferenze episcopali al questionario dell’anno scorso. Queste risposte – prevedibilmente favorevoli ad una revisione della disciplina ecclesiastica (visti i gravi problemi pastorali che vivono tante diocesi sul tema dei divorziati e delle nuove unioni) – avrebbero infatti certamente sottratto forza ed autorevolezza alle tesi di chi si oppone strenuamente ad ogni cambiamento.


La “verità” è rivoluzionaria?

Progressisti e conservatori – a pochi giorni dall’inizio del Sinodo – hanno comunque sparato tutte le cartucce a loro disposizione. A colpi di libri, interviste, conferenze, lettere al papa, appelli (v. anche Adista Notizie n. 32/14).

A scatenarsi sono stati soprattutto gli avversari del card. Walter Kasper e della sua ipotesi, autorevolmente lanciata sin dalla sua relazione introduttiva ai lavori del Concistoro dei cardinali del febbraio scorso, di concedere – dopo un cammino penitenziale, sotto la supervisione di un prete e comunque previa assoluzione – la riammissione dei divorziati all’eucarestia. Nulla di rivoluzionario, quindi (di portata ben più dirompente l’ipotesi, che difficilmente al Sinodo troverà cittadinanza, avanzata dall’esperto di sacramentaria e liturgia Andrea Grillo, che mette in crisi il concetto stesso di indissolubilità; v. Adista Notizie n. 22/14). Ma sufficiente a scatenare le ire dei conservatori. Un autorevole gruppo di essi – cinque cardinali, un arcivescovo e tre accademici – in un libro uscito in Italia il 1° ottobre, che si propone di diventare il manifesto della destra sinodale e che è stato significativamente intitolato Permanere nella verità di Cristo. Matrimonio e comunione nella chiesa cattolica (Cantagalli editore, pp. 304, €16,50), bocciano in toto le aperture dell’ex presidente del Pontificio Consiglio per la Promozione dell'Unità dei Cristiani. A firmare i saggi che compongono il volume sono, tra gli altri i cardinali Walter Brandmüller, Carlo Caffarra, Velasio De Paolis, Raymond Leo Burke, Gerhard Ludwig Müller; ma anche Cyril Vasil, segretario della Congregazione per le Chiese orientali (v. Adista Notizie n. 32/14).

Da parte sua Kasper, che è oggi di fatto il leader, oltre che l’esponente più autorevole, dell’ala liberal del Sinodo, ha risposto sostanzialmente in due modi. Da un lato rassicurando l’opinione pubblica conservatrice che la sua tesi non minaccia affatto la “verità”: in discussione non è infatti la dottrina dell’indissolubilità del matrimonio, che secondo lui non può cambiare, ma solo la disciplina ecclesiastica, cioè il modo con cui la Chiesa si relaziona attraverso le sue norme con un problema oggi sempre più diffuso; e le norme possono cambiare in relazione ai tempi ed alle condizioni storiche, come è già successo varie volte nella storia della Chiesa. D’altro canto, Kasper tenta in ogni modo di far passare nell’opinione pubblica laica e cattolica il concetto che la sua battaglia è la battaglia del papa. In questo senso va l’intervista al Mattino di Napoli del 18 settembre scorso, nella quale Kasper ha sostenuto esplicitamente che chi attacca lui lo fa per attaccare il papa. Un modo per portare laici e cattolici ad intendere il Sinodo come un agone nel quale si scontrano coloro che sostengono la “rivoluzione” avviata da papa Francesco e coloro che invece vi si oppongono. E se il papa ha sinora abilmente evitato di esporsi, riuscire comunque a far passare l’idea di averlo dalla propria parte potrebbe essere determinante. (valerio gigante)

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