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LAMPEDUSA: ANCHE LA CHIESA DENUNCIA LA CHIUSURA DI MARE NOSTRUM

Tratto da: Adista Notizie n° 7 del 21/02/2015

37990 ROMA-ADISTA. Come volevasi dimostrare, è dunque arrivata la prima, tristemente attesa, strage dei migranti nel Canale di Sicilia del nuovo anno. Per lo meno la prima di cui ci è dato sapere qualcosa grazie alle testimonianze dei superstiti. E per quanto il ministro dell'Interno Angelino Alfano si spertichi nel tentativo di smorzare i toni, affermando che «in tanti sono morti anche con Mare Nostrum», il dramma di 29 maliani e senegalesi morti di freddo sulle motovedette della Capitaneria di porto corse in loro soccorso a largo di Lampedusa – insieme ai circa 330 naufragati secondo i calcoli dell'Organizzazione Internazionale delle Migrazioni, basati sulle testimonianze di sopravvissuti – ha riacceso la polemica tra quanti, alla vigilia delle chiusura del programma della marina militare Mare Nostrum, avevano denunciato l'incapacità di salvare vite umane della missione Triton, che è deputata non al soccorso in alto mare, ma al controllo delle frontiere in acque prossime (v. Adista Notizie n. 40/14). La Triton era stata promossa nell'autunno scorso come un grande successo nel processo di responsabilizzazione dell'Europa sulla questione dei migranti nel Canale di Sicilia, come un'ottima manovra per azzerare i costi di Mare Nostrum e, dal punto di vista dei più destrorsi smaliziati, come una buona occasione per ribadire ai profughi che è più sicuro “restarsene al Paese loro”. In realtà, la strage di Lampedusa del 9 febbraio scorso non ha fatto altro che togliere il velo a un'operazione ideologica attuata per fare cassa sulla pelle dei migranti e che comincia a svelare, oggi anche al cospetto dell'opinione pubblica, il suo volto cinico e umanamente insostenibile.

«È una tragedia, ma purtroppo ce ne aspettiamo delle altre», ha dichiarato la portavoce dell'Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati per l'Europa Meridionale, Carlotta Sami, secondo la quale Triton dispone di «mezzi non sufficienti» e scarica così la responsabilità del soccorso sull'Italia. Critica confermata peraltro proprio dal commissario europeo all'Immigrazione, Dimitris Avramopoulos, il quale ha commentato amaro che «deve essere fatto di più, ogni vita persa è troppo». Alle considerazione del commissario sono seguite, sempre in ambito europeo, quelle dell'alto rappresentante per la politica estera, Federica Mogherini, che ha annunciato di voler convocare una riunione straordinaria per «rivedere le politiche europee». 

Senza appello la condanna delle gerarchie ecclesiastiche, in prima linea sul fronte della tutela e dell'accoglienza dei migranti. «Seguo con preoccupazione le notizie giunte da Lampedusa, dove si contano altri morti tra gli immigrati a causa del freddo, lungo la traversata nel Mediterraneo», è il messaggio di papa Francesco al termine dell'udienza dello scorso 11 febbraio. «Desidero assicurare la mia preghiera per le vittime e incoraggiare nuovamente alla solidarietà, affinché a nessuno manchi il necessario soccorso». 

Finché l’Unione «fa finta di non capire che l’Italia è veramente la porta dell’Europa, e guarda da un’altra parte, le cose andranno avanti così, con queste tragedie in mare», ha denunciato il presidente della Conferenza episcopale italiana, card. Angelo Bagnasco. E duro è stato anche l'affondo di mons. Nunzio Galantino, segretario generale della Cei, intervistato da Repubblica lo scorso 11 febbraio: «Per l’Europa, è evidente, le persone non sono tutte uguali. I morti non sono tutti uguali. I suoi interessi sono esclusivamente lobbistici, sulla pelle delle persone. Queste morti in mare, tragedie senza fine e senza senso, si potevano e si possono evitare, ma l’Europa, nelle sue istituzioni e nel suo governo, non ha a cuore la solidarietà». Galantino ha poi puntato il dito contro «i potenti», che applaudono alle parole di solidarietà del papa e poi continuano a perseguire «i propri interessi di parte e lobbistici». E su Mare Nostrum, attaccando quanti (soprattutto a destra) ne hanno invocato la chiusura, mons. Galantino ha dichiarato senza mezzi termini: «Pur con tutti i suoi limiti, almeno aiutava a salvare tante vite. Certo, non era l’optimum, ma una medicina temporanea sì. E se occorre scegliere tra il nulla e qualcosa di imperfetto, che almeno dei risultati in termini di vite salvate li dà, non ho dubbi».

Fermo anche il commento del quotidiano dei vescovi Avvenire, il quale si è chiesto, il 10 febbraio, «che senso abbia limitarsi a pattugliare i confini davanti ad un flusso di disperati che neanche il generale inverno riesce a fermare»: «Non possiamo credere – prosegue Avvenire – che questa nuova tragedia nulla dica alla coscienza d’Europa». Sui fatti di Lampedusa è poi tornato un editoriale del 12 febbraio di Marco Tarquinio (direttore dello stesso quotidiano), che ha condannato le responsabilità europee e anche di certa politica italiana: «Si farà di tutto per rimuovere quelle morti e il dolore, la vergogna, l’indignazione. Ma finché ci saranno politici che continueranno un’indegna fiera di chiacchiere e di calcoli assassini non potremo dimenticare, non potremo darci pace, non potremo dar loro pace. Non si lascia morire così nessun uomo e nessuna donna».

Non ha dubbi mons. Giancarlo Perego, direttore della Fondazione Migrantes della Cei, raggiunto il 12 febbraio dall'agenzia Sir: tutta colpa dell'abbandono di Mare Nostrum e della mancata creazione di un corridoio umanitario per i migranti del mare. La missione Triton, ha detto, «dimostra di essere assolutamente insufficiente, incapace di gestire una situazione che sta crescendo».

Chiedono corridoi umanitari anche diverse associazioni laiche e cattoliche – Ai.bi, Amnesty International Italia, Caritas italiana, Centro Astalli, Fondazione Migrantes, Emergency, Intersos, Save the Children e Terre des Hommes – in un comunicato congiunto in cui ravvisano come «necessario un impegno diverso e condiviso in tutta Europa che preveda il dispiegamento congiunto di mezzi e risorse, con approcci e strumenti realmente utili a salvare vite umane e non solo a pattugliare le nostre coste, oltre a politiche di immigrazione e asilo che diano priorità alla dignità delle persone».

Intanto la Caritas Italiana, per bocca del responsabile immigrazione Oliviero Forti (Vatican Insider, 11/2), annuncia una mobilitazione di tutte le Chiese d'Europa «da presentare ai governi dell'Ue per garantire protezione e accoglienza a chi arriva per mare». La chiusura di Mare Nostrum è stata un'operazione politica, non tanto per fare cassa, ma per scoraggiare le partenze, ha poi commentato: «Si tratta di ignoranza e povertà culturale che si riscontrano in parti della nostra società. Di fronte a quello che sta succedendo le persone che arrivano non possono essere respinte, devono essere accettate. C'è un dovere di solidarietà».

Il 10 febbraio scorso, intervistato da Repubblica.it in aeroporto mentre attendeva il volo che lo avrebbe condotto a Roma per il Concistoro del 14 febbraio, Francesco Montenegro (vescovo di Agrigento, sotto la cui giurisdizione è anche Lampedusa, presidente della Fondazione Migrantes e appena creato cardinale), ha così commentato la tragedia: «Si continua a morire e questa è la notizia che dovrebbe graffiarci il cuore, perché tutti questi morti pesano anche sulle nostre coscienze». «La tristezza sta nel constatare che l'Europa ha messo al centro l'economia e non l'uomo». Siamo tutti fratelli e tutti uguali, al di là della condizione economica o del colore della pelle, ha aggiunto Montenegro: «Perché la vita di questi uomini non deve valere niente e la mia vita deve valere di più?». Confermando le critiche alla missione Triton, il cardinale ha poi ricordato il dovere all'accoglienza, che «è salvare vite, ma anche aiutare a vivere, e noi italiani abbiamo questo impegno». Non esiste domani per il pianeta e per l'Italia se non si capisce che «il futuro del mondo è la multiculturalità, è lo stare insieme tra popoli diversi». D'altra pare, ha poi concluso, «il denaro si può spostare da una parte all'altra del mondo, le merci pure, quando si tratta di uomini no. Se ci spostiamo noi occidentali lo possiamo fare con libertà, gli altri, quelli con la pelle scura, son tutti “terroristi”. Muoiono bambini e muoiono donne, forse dovremmo cominciare a riflettere». (giampaolo petrucci)

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