Nessun articolo nel carrello

Romero, voce di coloro che gridavano

Romero, voce di coloro che gridavano

Tratto da: Adista Documenti n° 22 del 20/06/2015

È una storia complessa quella di Romero, in cui la storia di una persona si trasforma in molteplici storie, nelle quali viene creato un personaggio, con un suo modo specifico di essere, di comportarsi, di pensare e di credere. Óscar Arnulfo Romero y Galdámez infatti diviene: un conservatore, timido, devoto, prete e poi vescovo dalla spiritualità e dalla teologia preconciliare; un pastore buono e semplice che proveniva dal popolo e amava il popolo; un profeta lucido che denunciava e prendeva posizione; un uomo inquieto, influenzabile dalle persone, dagli eventi, dalla complessità e durezza della situazione; un simbolo di ribellione e di impegno per la liberazione; un popolo, una Chiesa attraverso il suo vescovo.

Quella di Romero è una storiografia plurale. Sono molti coloro che osservano e descrivono Romero (perché ne sono attratti dalla figura o perché hanno ricevuto l’incarico di redigere una biografia o... una contro-biografia).

Ognuno scrive a partire dal proprio punto di vista, competenza, posizione ecclesiale, sociale, ecc. In Italia ad esempio abbiamo più di 20 testi direttamente o indirettamente legati a Romero e al Salvador del suo tempo; molte sono poi le riedizioni, aggiornate e modificate nel tempo. Sono testi per lo più di autori italiani ma anche qualche traduzione di opere europee o latinoamericane; sono opuscoli, testi brevi oppure opere più ampie. Difficile dividerli per competenze giacché queste, solitamente, si sovrappongono negli autori, nella metodologia delle loro indagini e nello stile della loro scrittura. Forzando tuttavia questa divisione abbiamo: biografie di giornalisti (C. Fanti, M. Lopez Vigil, E. Masina, ecc.); biografie di storici (M. De Giuseppe, J. Mayer, A. Palini, oltre a quella di R. Morozzo della Rocca, definita “la” biografia di Romero, la biografia ufficiale, in quanto vanterebbe una maggiore precisione storica, malgrado il fatto che, come qualsiasi storico sa, ogni biografia è solo “una” biografia); biografie di teologi e teologhe o pastori (A. Agnelli, A. Amato, M. C. Bingemer, Y. Carrier, J. Delgado, A. Levi, A. Marquez, V. Paglia, A. Vitali, ecc.); antologie di testi editi o inediti di Romero (con prefazione); testi di tutte le omelie di Romero; opere di teatro, musical, ecc.; sconfinata webgrafia a livello di citazioni, articoli, testi, biografie, ecc.

Colpisce come un così esteso corpus di materiale biografico pubblicato - unico, se pensato in riferimento a un soggetto ecclesiale contemporaneo - non abbia fatto riflettere le gerarchie ecclesiastiche per un riconoscimento più precoce del martirio e del valore ecclesiale universale di questo vescovo. La reiterata paura di una “manipolazione di parte” sulla figura di Romero è una bandiera che in termini storici è plausibile solo pensandola come una manipolazione - a volte faziosa - operata da più parti, anche dalla parte di chi si erge a difesa di una supposta autenticità.

Quella di Romero è così una storiografia problematica. Dietro ogni scelta concreta c’è un’opzione e, ovviamente, ogni opzione è una scelta. Ma questo vale per tutti: per i giornalisti, per i teologi e non di meno per gli storici.

Se da una parte esistono diversi approcci, e credo sia normale, dall'altra si nota come tutte queste biografie esprimano una sensibilità di parte: alcune, però, lo fanno in modo intellettualmente più onesto. Quando Jon Sobrino, in quanto teologo della liberazione e uomo impegnato nei processi pastorali e nella riflessione teologica del suo popolo e del suo continente, scrive qualcosa su Romero, si può condividere o meno, ma la sua posizione è chiara. Quando altri, nella loro biografie, decidono che alcune fonti - di tipo giornalistico o di tipo testimoniale - non sono valide, bisognerebbe poi non trovarle più nei loro testi. Ma questo avviene solo con “alcune” fonti e così la stessa biografia più che il tentativo di una ricostruzione diviene la dimostrazione di una tesi pregiudiziale.

C’è anche chi arriva a dire in un'intervista di aver controllato la biblioteca di Romero e di aver trovato intonsi i libri dei teologi della liberazione presenti: Romero, si afferma, leggeva solo i Padri della Chiesa e opere devozionali della fine dell'800 e dell'inizio del ‘900. A me non interessa che Romero abbia o meno letto i teologi della liberazione - a parte il fatto che non aveva neppure bisogno di leggerli, in quanto con alcuni di loro ci lavorava -: bastava che leggesse i Padri della Chiesa - Basilio, Ambrogio, Giovanni Crisostomo (il quale da arcivescovo di Costantinopoli fu allontanato dall'imperatore per le sue denunce sulla corruzione dell'impero e sull'abbandono dei poveri) -, Padri estremamente sovversivi e, nel corso della loro vita, perseguitati. C’è chi dice che Romero non era un uomo della sinistra, che, anzi, era ugualmente minacciato dai paramilitari e dalla guerriglia: «Quando venne ucciso, tutti ci chiedevamo se la responsabilità fosse della guerriglia o della destra. È stato solo quando la Commissione della Verità, nel '92, ci disse che era stato ucciso dai paramilitari al servizio di organi dello Stato che abbiamo saputo con certezza che non era stata la sinistra». Ma si tratta di una evidente falsità. Tutti, e ben prima del ’92, sapevano chi aveva ucciso Romero. Questa forma di fare storia su Romero è quella che definisco “disonesta intellettualmente”.

A partire da queste riflessioni, voglio però offrire alcune provocazioni per le quali indicherò non tanto una soluzione quanto una strada che rimarrà aperta. Romero è martire della fede o è martire della giustizia e della pace? Romero era voce di coloro che non hanno voce o era voce di coloro che gridavano?


È STATO UCCISO IN ODIO DELLA FEDE?

Per alcuni, tra le gerarchie e non solo, la questione dell’odium fidei è stata un cavillo giuridico e tradizionale molto utile per “bloccare” una beatificazione: nella Chiesa una beatificazione non ha il significato primario di “fare santo”, “diverso”, “sacralizzato” qualcuno, ma ha il significato di indicare qualcuno come riconosciuto dallo stesso Dio (vox populi, miracoli, segni, ecc.) quale “modello” di vita cristiana. Forse era proprio questo che non si voleva: Romero come modello. Giovanni Paolo II chiese nel febbraio 1980 a mons. Romero di dialogare di più con il presidente del Salvador, che essendo “cattolico” qualcosa di buono avrebbe pur dovuto avere. Mons. Gregorio Rosa Chávez, vescovo ausiliare di San Salvador, rispondendo nel 2005 alle domande di 30Giorni disse: «La Chiesa ha canonizzato martiri del comunismo e del nazismo. Romero, come tanti altri sacerdoti dell’America Latina, è stato ucciso da persone che si dicevano cristiane e che vedevano in lui un nemico dell’ordine sociale occidentale. Romero è un martire della società occidentale cristiana. Riconoscere questo sarebbe una novità…». Questo era il problema: la “fede” (forse…) dei mandanti dell’omicidio e quella della vittima coincidevano. Che tipo di martirio poteva essere allora?

Parte del mondo cattolico che ha promosso l’esemplarità (canonizzata o meno) di Romero, ha sempre spinto per una dizione diversa: martire della giustizia e della pace. È un modo per rendere Romero e le sue cause più universali, cristiano-ecumeniche e anche laiche, condivisibili con tutti gli uomini e tutte le donne di buona volontà. Io sono stato per molto tempo tra questi… e vi rimango in qualche modo.

Tuttavia trovo estremamente “eversivo” ritornare a sostenere, e con forza, il martirio di Romero come un martirio della fede cristiana. Per poi guardare negli occhi coloro tra i cattolici (vescovi, preti, religiosi/e e credenti), coloro che mai hanno sopportato le sue parole e soprattutto le sue posizioni e chiedere loro: voi che siete così obbedienti, premurosi e ossequiosi delle indicazioni che vengono dalle gerarchie, voi, oggi, di fronte a questo "martirio della fede" gerarchicamente proclamato, voi, invece, che fede avete? Questa era la sua fede e le sue opere? Quali le opere della vostra fede? (E qui penso alla Lettera di Giacomo). Con chi amate intrattenervi? Le cause di chi difendete? E come lo fate, a costo di cosa? Lui, l’arcivescovo viveva in una stanza di un ospedale. Voi dove vivete? Come utilizzate i vostri soldi? Quale politica state appoggiando? Quale tipo di Chiesa state promuovendo? Quali progetti avete? I poveri sono soggetto e destinatario principali dei vostri progetti? E queste domande le pongo anche a me stesso. Il punto non è di chi è Romero e da chi era influenzato. Il punto è dove siamo e di chi siamo noi…

Questo martirio in odium fidei obbliga tutti noi a riqualificare la parola “fede”, sganciandola dall'idea dell'appartenenza religiosa. E nelle Beatitudini, dove questa felicità in Dio si trova non attraverso una serie di scelte religiose, ma attraverso una serie di scelte di profonda compassione umana, c'è un passaggio bellissimo che dice: «Beati voi quando vi perseguiteranno e mentendo diranno ogni sorta di male contro di voi». Mentendo. Il martire viene ucciso perché, più che credente, è credibile, e quindi, per parlare male di lui, si deve mentire. Diverso è il caso di chi, appartenente alla religione, si comporta a volte in maniera discutibile, per esempio perché partecipe di un mondo colonialista: chi era contro, in questo caso, non stava mentendo. Non sempre, quando parlano male di noi, stanno mentendo. E in ciò bisogna essere capaci di autocritica.

La storia di Romero ci consente di comprendere meglio il rapporto tra fede e potere. La persecuzione investe quella Chiesa che decide di stare con chi non ha potere, solitamente contro il potere. E quindi il punto non è semplicemente quello di essere di destra o di sinistra, ma è quello di decidere di stare contro il potere, dalla parte degli ultimi e dei piccoli. Il fatto è semmai che, nella cultura europea, il mondo della sinistra è considerato contrario al potere della Chiesa (non necessariamente alla Chiesa), mentre il mondo della destra, che pure ha perseguitato la Chiesa, è tradizionalmente tollerante nei confronti del potere della Chiesa (non della Chiesa). Il problema è allora una Chiesa che sceglie di stare con il potere oppure no. Come diceva Romero, una Chiesa che cerca la comodità, la protezione, la sicurezza, non è la vera Chiesa di Gesù Cristo.«È chiaro che la nostra Chiesa è stata perseguitata negli ultimi tre anni. Ma la cosa più importante è osservare il perché. Non è stato perseguitato qualunque sacerdote né è stata attaccata qualunque istituzione. È stata perseguitata e attaccata quella parte della Chiesa che si è schierata con il popolo povero e lo ha difeso» (Oscar Arnulfo Romero, Discorso di Lovanio, 2/2/80).


VOCE DI COLORO CHE NON HANNO VOCE O VOCE DI COLORO CHE GRIDAVANO?

Romero stesso dice qualcosa che sta un po’ in mezzo tra queste due affermazioni, la prima molto diffusa (voz de los sin voz), la seconda mia. Romero dice di essere voce di coloro che gridano, reclamano ma nessuno li ascolta. Nel solco di questa frase ho riflettuto sulle forme del “personaggio”, dell’individualismo così europeo, dei fenomeni di massa alla ricerca del guru/santo/profeta/padre. Romero veniva dal popolo, ascoltava il popolo, parlava con il popolo, fu convertito dal popolo, era entrato nella carne e nell’anima del popolo e vedeva il popolo (o la Chiesa come popolo di Dio) come l’orizzonte della sua chiamata e della sua missione e responsabilità: il popolo era il suo passato, era il suo presente, sarebbe stato il suo futuro.

Se c’è un problema nelle “beatificazioni” è che pongono un uomo o una donna su un altare, lo/la distinguono dal popolo, spesso fanno credere che il/la beato/a hanno “virtù” eroiche, super-normali e nella percezione del popolo paranormali. Qualcuno, estremizzando, potrebbe dire che Romero aveva la voce, il popolo era un popolo di senza voce. Invece per aver ucciso, in circa 30 anni, prima, durante e dopo Romero, 80mila persone, quasi due decine di preti, varie religiose, centinaia di catechisti, giovani animatori, professionisti, giornalisti, politici, leader comunitari e sindacali… beh, non mi sembra si possa parlare di un popolo di “sin voz”. Forse i più umili ed emarginati quali i contadini più poveri, i piccoli, gli anziani, le madri dei figli desaparecidos, forse alcuni di loro, dopo aver tanto gridato, erano ormai “sin voz” e allora trovarono voce nell’arcivescovo. Ma il popolo no. Il popolo gridava. E il problema di Romero non era che alzava la voce ma che alzava la voce dalla parte sbagliata. Alzava la voce insieme a quelli che gridavano per la giustizia e allora uccisero lui come avevano ucciso e avrebbero ucciso altri.In tal senso, allora come oggi, il problema non è tanto se Romero leggesse libri della Teologia della Liberazione o solo i Padri della Chiesa. Il problema è dove stava e da parte di chi gridava Romero e dove stanno e a quale coro si uniscono le persone e le realtà ecclesiali di oggi.«Una religione fatta di messa domenicale ma di settimane ingiuste non piace al Signore. Una religione fatta di molte preghiere ma con ipocrisie nel cuore non è cristiana. Una Chiesa che si stabilisse solo per star bene, per avere molto denaro, molte comodità, ma che dimenticasse di protestare contro le ingiustizie, non sarebbe la vera Chiesa del nostro divino Redentore» (Oscar Arnulfo Romero, Omelia del 4 dicembre 1977).

Adista rende disponibile per tutti i suoi lettori l'articolo del sito che hai appena letto.

Adista è una piccola coop. di giornalisti che dal 1967 vive solo del sostegno di chi la legge e ne apprezza la libertà da ogni potere - ecclesiastico, politico o economico-finanziario - e l'autonomia informativa.
Un contributo, anche solo di un euro, può aiutare a mantenere viva questa originale e pressoché unica finestra di informazione, dialogo, democrazia, partecipazione.
Puoi pagare con paypal o carta di credito, in modo rapido e facilissimo. Basta cliccare qui!

Condividi questo articolo:
  • Chi Siamo

    Adista è un settimanale di informazione indipendente su mondo cattolico e realtà religioso. Ogni settimana pubblica due fascicoli: uno di notizie ed un secondo di documentazione che si alterna ad uno di approfondimento e di riflessione. All'offerta cartacea è affiancato un servizio di informazione quotidiana con il sito Adista.it.

    leggi tutto...

  • Contattaci

  • Seguici

  • Sito conforme a WCAG 2.0 livello A

    Level A conformance,
			     W3C WAI Web Content Accessibility Guidelines 2.0

Sostieni la libertà di stampa, sostieni Adista!

In questo mondo segnato da crisi, guerre e ingiustizie, c’è sempre più bisogno di un’informazione libera, affidabile e indipendente. Soprattutto nel panorama mediatico italiano, per lo più compiacente con i poteri civili ed ecclesiastici, tanto che il nostro Paese è scivolato quest’anno al 46° posto (ultimo in Europa Occidentale) della classifica di Reporter Senza Frontiere sulla libertà di stampa.