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Mons. Savino: sui migranti le soluzioni ci sono, ma l'Europa è smarrita e ansiogena

Mons. Savino: sui migranti le soluzioni ci sono, ma l'Europa è smarrita e ansiogena

Sul numero 14 di giugno 2025, Vita Pastorale pubblica un editoriale di mons. Francesco Savino (vescovo di Cassano all’Jonio e vicepresidente della Conferenza episcopale italiana) che denuncia un’Europa «smarrita, incapace di articolare una risposta coesa, solidale e lungimirante» alla questione delle partenze dei migranti, vittima di ideologie securitarie e di una narrazione «sempre più ansiogena», capace solo di creare effetti devastanti sul piano umano e politico.

Anche «l’Italia, porta meridionale del continente», dice Savino, «sembra ormai orientata a declinare l’accoglienza solo nei termini dell’emergenza o del respingimento, rinunciando a un’elaborazione sistemica e strutturale che coniughi diritto, umanità, responsabilità condivisa, crescita del Paese». Il vicepresidente Cei torna poi sulla tragedia che si è consumata a Cutro nella notte tra il 25 e il 26 febbraio 2023, la quale «inchioda le nostre coscienze al banco degli imputati, rivelando l’abisso di un fallimento collettivo che pesa come una colpa storica, una miopia politica, una cecità spirituale. In quel tratto di costa calabrese si è infranta non solo una fragile imbarcazione, ma un intero sistema di protezione che avrebbe dovuto salvare, e invece ha lasciato morire».

Di fronte al fallimento di un sistema di gestione dei flussi via mare, che si è dimostrato puramente elettorale, Savino invita a «un ribaltamento delle nostre coordinate morali» e alla «scoperta della potenza culturale della compassione». Denunciando ancora «l’ipocrisia di un’Europa che alza muri, firma accordi con regimi che calpestano i suoi valori fondanti e subappalta le proprie responsabilità a Paesi terzi, spesso in nome di un’apparenza di efficienza che maschera disumanità e crudo disincanto».

Dopo la denuncia, la proposta: Savino afferma che «un’altra via è possibile. Una via che passa attraverso l’ospitalità come gesto politico, sociale e spirituale. Un gesto non di mera solidarietà, ma di solidità e lungimiranza». Occorre insomma «riconoscere nel fratello in cammino non una minaccia, ma un orizzonte spalancato di promessa e di possibilità», senza rincorrere e cavalcare paure o ansie e senza rintracciare nel migrante il capro espiatorio delle nostre fragili democrazie.

Il ribaltamento antropologico e spirituale proposto da Savino trasforma l’identità da fortezza a «narrazione plurale», i muri in impoverimento culturale, l’incontro in occasione di trasformazione, il controllo ossessivo dei confini in ponti di amicizia, l’Europa da fortezza assediata in casa comune, la solidarietà da concessione a «scelta strutturale», unica «condizione per un futuro abitabile».

In questo editoriale il repertorio di citazioni è vasto: da Zygmunt Bauman a René Girard, da Emmanuel Lévinas a Paul Ricoeur, senza tralasciare – immancabile quando si parla di immigrati e rifugiati – papa Francesco, del quale ricorda le parole pronunciate durante un’omelia del 2013: «Domandiamo al Signore la grazia di piangere sulla nostra indifferenza, di piangere sulla crudeltà che c’è nel mondo, in noi e chiediamoci: chi ha pianto? chi ha pianto oggi nel mondo?».

Savino chiude il suo editoriale citando le «esperienze virtuose» già affermate in Italia, come i corridoi umanitari e l’integrazione programmata con accoglienza diffusa, «che è una scelta di civiltà». «Tornare a pensare l’altro come risorsa è la sfida antropologica e spirituale del nostro tempo».

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