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Il quadrilatero della morte

Il quadrilatero della morte

Tratto da: Adista Segni Nuovi n° 42 del 05/12/2015

Dopo decenni di menzogne, silenzi e omissioni, il coro mediatico sembra cambiare rotta: osa finalmente mostrare alcuni intrecci nel quadrilatero della morte che è più che mai al centro degli eventi: guerre occidentali, terrorismo, migrazioni forzate, crisi climatica. Cos’è successo? È l’effetto Parigi: l’attentato di poche settimane fa, con i «nostri morti» e – molto meno – l’apertura, sempre nella capitale francese, della Cop21, decisivo appuntamento per cercare di scongiurare il collasso dovuto al riscaldamento dell’atmosfera. Insomma i media mainstream cominciano a sussurrare quel che prima era confinato ai mezzi di comunicazione alternativi, demonizzato, dileggiato o ignorato. Si comincia a sussurrare che gli interventi armati dei Paesi Nato e petromonarchici negli ultimi decenni – guerre dirette di bombardamenti o guerre per procura, ingerenze aperte o coperte – non solo hanno rovinato intere nazioni uccidendo moltitudini nell’indifferenza dell’Occidente, ma hanno provocato con il loro caos costruttivo la crescita del radicalismo sunnita e del terrorismo sedicente islamico nelle sue varie declinazioni. Il quale poi, da buon mostro di Frankenstein, si rivolta e morde la mano del benefattore, usato come un tram, dal quale si può scendere e salire alla bisogna. Particolarmente infernale è stato il triangolo seguente: guerra di Bush/Blair all’Iraq nel 2003; guerra della Nato alla Libia nel 2011; sostegno politico diplomatico finanziario militare a gruppi armati misti e mescolati in Siria dal 2012 a oggi. Visto il ruolo della Francia, si può dire – ma il coro mediatico non si spinge a tanto – che “la politica estera del regime francese ha ucciso i suoi stessi cittadini”. Regime? Sì: chi agisce a livello internazionale da dittatura bellicosa, merita questo termine, anche se è stato eletto. 

Si comincia perfino a sussurrare che la Coalizione anti-Isis non ha fatto niente (o peggio), fino all’arrivo della Russia che l’ha smascherata e,  sul New York Times, che il califfato Daesh-Isis e l’Arabia saudita hanno stessa cultura e stessi obiettivi: il regno wahabita è un Daesh compiuto, e dunque è assurdo colpire i miliziani facendo affari d’oro con i mandanti. 

Si comincia a dire che le prime vittime del terrorismo sedicente islamico sono proprio le popolazioni mediorientali; dunque, vedere con sospetto il fruttivendolo musulmano è una grande ingiustizia.

Dice anche, il coro mediatico, che le nostre guerre e il terrorismo da esse fomentato sono causa di fughe in massa di milioni di persone e che parallelamente i disastri legati ai cambiamenti climatici provocano altre decine di milioni di sfollati, interni o internazionali; senza alcun diritto allo status di rifugiati. Secondo lo State of the World 2015 del World Watch Institute, i profughi ambientali fra il 2008 e il 2013 sono stati all’incirca 140 milioni. Qui da noi, tanto degli sfollati di guerra quanto di quelli climatici, ne arrivano pochissimi. Rimangono a soffrire lontano dagli occhi e dal cuore.

Dice inoltre, il coro mediatico, che il caso climatico può acuire conflitti (del resto è la preoccupazione del Pentagono sin dal 2004). Chissà se fra un po’ si spingerà a svelare l’ultimo tabù: guerre e complesso militar-industriale (il Pentagono in primis) hanno effetti disastrosi anche sui cambiamenti climatici. Ma finora gli stessi negoziati internazionali che si sono susseguiti – fino all’attuale Conferenza delle parti a Parigi, la Cop21 – hanno ignorato le emissioni armate, come ricorda il recente rapporto Demilitarization for Deep Decarbonization (settembre 2014) dell’International Peace Bureau. 

Magari, addirittura, il coro mediatico finirà per ammettere che, come le guerre, anche il caos del clima, che ricade sui meno responsabili, è da mettere sul conto in rossissimo dei popoli e dei governi occidentali, uniti nel crimine del privilegio e del saccheggio del pianeta. A una trasmissione della Rai si sono spinti a citare lungamente – non lo avrebbero fatto pochi giorni prima! – l’articolo di Pino Corrias su come, rimbambiti dal consumismo, «ci siamo persuasi che non abbiano conseguenze la guerra, le religioni monoteiste, la fame nel mondo, i muri e il filo spinato, il traffico di esseri umani, l’avvelenamento del pianeta, la circostanza che l’1% della popolazione mondiale possegga il 90% delle risorse, che un bracciante nero di Rosarno guadagni 5 euro per 12 ore di lavoro (…)». Parole sante. Capi di Stato e capoccia di partito continuano con la solfa: «Loro odiano la nostra civiltà». quale civiltà? Quella, appunto, che rapina continenti, bombarda popoli e distrugge il clima. E chi sono questi “loro”? La nostra «civiltà», se si guarda allo specchio, li vede. 

Accanto al coro mediatico, registriamo ormai perfino ammissioni di colpa da parte di politici che dovrebbero stare in prigione se non ci fosse l’impunità per i guerrafondai criminali di guerra vincitori. Tony Blair, ora conferenziere miliardario, è fra i politici ai quali la realtà dei fatti ha imposto un coming out. Anche se astutamente esternalizza le responsabilità (il colpevole è il maggiordomo, cioè i servizi segreti) e minimizza gli effetti (non abbiamo gestito bene il dopoguerra, ma abbiamo fatto bene ad abbattere Saddam). Addirittura sostenendo che l’Iraq è meglio ora che nel 2003! 

E dunque: di fronte al cambio di passo «effetto Parigi», a chi per decenni ha agito, detto e scritto in questa direzione, facendo quasi la fine del grillo parlante o subendo accuse e dileggi, verrebbe la tentazione di tacere. Missione compiuta? Purtroppo no. Non possiamo tacere e lasciar fare. Il j’accuse deve continuare, più forte di prima. 

Perché comunque la verità ha solo iniziato a far capolino. 

Perché c’è ancora molta confusione.

Perché abbiamo il diritto di dire: “È maledettamente tardi”. Abbiamo il diritto di chiedere ai politici: ”Quali orrori avete commesso?”. E ai media: “Quante menzogne avete detto, scritto, mostrato, in combutta con i poteri forti?”. E ai movimenti: “Perché non avete fatto nulla contro le nostre guerre, dal 2011 a poco fa?”.

E dobbiamo continuare perché, malgrado tutto, gli errori continuano. Obama dichiara per l’ennesima volta che in Siria aiuterà di più i ribelli che definisce moderati (malgrado le evidenze: passaggi di armi e uomini da questi gruppi a Daesh). Renzi continua a vendere armi ai sauditi padrini di Daesh. Gli xenofobi approfittano di Parigi per dire “basta arrivi”. E a Parigi, i Paesi potenti fregheranno il clima e i popoli impoveriti un’altra volta. 

Marinella Correggia è giornalista, attivista della Rete No War e ambientalista

* Immagine di Moyan Brenn, tratta dal sito Flickr, immagine originale e licenza. La foto è stata ritagliata. Le utilizzazioni in difformità dalla licenza potranno essere perseguite

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