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Papa e gay. Un perdono mediatico

Papa e gay. Un perdono mediatico

Tratto da: Adista Segni Nuovi n° 27 del 23/07/2016

Ho aspettato alcuni giorni prima di scrivere qualcosa sulla dichiarazione di Francesco riguardo alla richiesta di  perdono alle persone omosessuali. Sottolineo verso le persone omosessuali. Molti, soprattutto tra i cattolici omosessuali, ed è bene anche qui sottolineare cattolici, si sono entusiasmati per le aperture di Francesco. Vorrei non solo frenare gli entusiasmi, ma riflettere su alcuni punti. Con il confronto dei documenti ufficiali, vorrei evidenziare come nulla sia cambiato, fino ad oggi almeno, senza sminuire l’importanza della comunicazione di Bergoglio.

Nel colloquio sull’aereo che lo riportava dall’Armenia, ha così risposto a Cindy Wooden della Cns, l’agenzia cattolica degli Stati Uniti, che gli chiedeva cosa ne pensasse della richiesta di qualche giorno prima fatta dal card. Marx che aveva detto che la Chiesa doveva chiedere scusa alla comunità gay per aver marginalizzato le persone omosessuali e che, dopo Orlando, tanti avevano affermato che anche la comunità cristiana aveva  qualcosa a che fare con questo odio.

La risposta di Francesco è stata netta: «Ripeterò lo stesso che ho detto nel primo viaggio e anche ripeto quello che dice il Catechismo della Chiesa Cattolica: che non vanno discriminati, che devono essere rispettati, accompagnati pastoralmente. (...) Se il problema è una persona che ha quella condizione, che ha buona volontà e che cerca Dio, chi siamo noi per giudicarla? Dobbiamo accompagnare bene, secondo quello che dice il Catechismo. È chiaro il Catechismo! (...) Io credo che la Chiesa non solo debba chiedere scusa (...)  a questa persona che è gay, che ha offeso, ma deve chiedere scusa ai poveri anche, alle donne e ai bambini sfruttati nel lavoro; deve chiedere scusa di aver benedetto tante armi».

Ma cosa dice il Catechismo della Chiesa Cattolica?

«2357 (...) La sua genesi psichica rimane in gran parte inspiegabile. Appoggiandosi sulla Sacra Scrittura, che presenta le relazioni omosessuali come gravi depravazioni, la Tradizione ha sempre dichiarato che “gli atti di omosessualità sono intrinsecamente disordinati” [Congr. Dottrina della Fede, Persona humana, 8]. Sono contrari alla legge naturale. Precludono all’atto sessuale il dono della vita. Non sono il frutto di una vera complementarità affettiva e sessuale. In nessun caso possono essere approvati. 2358 (...) Questa inclinazione, oggettivamente disordinata, costituisce per la maggior parte di loro una prova. Perciò devono essere accolti con rispetto, compassione, delicatezza. A loro riguardo si eviterà ogni marchio di ingiusta discriminazione. (...) 2359 Le persone omosessuali sono chiamate alla castità (...)».

Quindi cosa c’è da esultare? Cosa c’è di nuovo? Infatti a differenza delle persone credenti e non lgbt nostrane, le riflessioni dall’estero sono nettamente differenti, forse perché meno vaticanocentriche. Se fosse vero questo cambiamento di rotta mi chiedo perché non sia stato “recepito” nell’esortazione post sinodale Amoris laetitia di soli tre mesi fa? In questo documento, lungo e diciamo anche noioso in molte parti, si parla di omosessualità e di persone omosessuali in soli due punti su 325, quindi neanche nell’1% del testo. I numeri sono importanti soprattutto nei documenti vaticani. Nell’esortazione infatti leggiamo (riporto solo alcune frasi per brevità): 250. (...) Con i Padri sinodali ho preso in considerazione la situazione delle famiglie che vivono l’esperienza di avere al loro interno persone con tendenza omosessuale, esperienza non facile né per i genitori né per i figli. Perciò desideriamo anzitutto ribadire che ogni persona, indipendentemente dal proprio orientamento sessuale, va rispettata nella sua dignità e accolta con rispetto, con la cura di evitare “ogni marchio di ingiusta discriminazione” e particolarmente ogni forma di aggressione e violenza. (...) 251. (...) I Padri sinodali hanno osservato che “circa i progetti di equiparazione al matrimonio delle unioni tra persone omosessuali, non esiste fondamento alcuno per assimilare o stabilire analogie, neppure remote, tra le unioni omosessuali e il disegno di Dio sul matrimonio e la famiglia”; ed è inaccettabile “che le Chiese locali subiscano delle pressioni in questa materia e che gli organismi internazionali condizionino gli aiuti finanziari ai Paesi poveri all’introduzione di leggi che istituiscano il ‘matrimonio’ fra persone dello stesso sesso”». Nulla di nuovo. 

Inoltre tutta la riflessione dei documenti è concorde ed è incentrata solo sulla persona omosessuale e non sui suoi amori o affetti. Però non discrimina le persone omosessuali, si potrebbe obiettare.  Non siamo ridicoli, neanche Ratzinger nel suo catechismo o l’ex sant’Uffizio nella lettera Homosexualitatis problema osò  tanto. 

Purtroppo la vera svolta e il perdono vero ci saranno solo quando la Chiesa non discriminerà non solo le persone, ma i loro amori. E questo non sarà possibile senza una rivoluzione di tutta l’etica sessuale e affettiva. Senza una totale ridiscusssione e riscrittura del senso profondo, cristiano, teologico dell’amore tra due persone e della sua coniugazione nel mondo contemporaneo.

Non credo neanche alla possibilità di un nuovo Concilio centrato anche su queste tematiche. L’esperienza insegna che non basta un Concilio. Le novità e le rivoluzioni contenute nelle discussioni e nei documenti se non si traducono in prassi nelle comunità locali rimangono solo sulla carta. E valgono come paravento dietro cui difendersi per poter dire che la Chiesa cammina con le donne e gli uomini di oggi. 

Altro punto centrale: il perdono si chiede, non si annuncia. Non è cristiano dire la Chiesa deve chiedere perdono. Lo chieda e basta! 

Bergoglio è gesuita al 100%, conosce i mezzi di comunicazione, conosce le dinamiche dentro e fuori la Chiesa, ma soprattutto ha il compito di presentare un volto nuovo, senza troppo rivoluzionare le fondamenta della struttura.

Sappiamo bene che chiedere perdono per questo e per quello, aggiungere quell’altro, è annacquare e inflazionare la portata del perdono. Infatti inizia dai gay, per aggiungere i poveri, le donne e i bambini sfruttati nel lavoro. Dimenticavo: deve chiedere scusa anche di aver benedetto tante armi. Vero, chiediamo scusa, ma teniamoci i cappellani militari stile Bertone. Chiediamo scusa per aver benedetto le armi che uccidono tante donne e bambini, a cui chiediamo scusa, ma investiamo in titoli che finanziano le fabbriche di armi. Chiediamo perdono alle donne, ma continuiamo a tenerle  in un rapporto di inferiorità nella struttura Chiesa. Un perdono senza cambiamento!

Allora il perdono chiesto da Bergoglio mi fa tornare in mente il perdono chiesto da Robert de Niro, alias Rodrigo Mendoza, in quel capolavoro di film che è Mission. Un film che racconta l’esperienza delle reduciones gesuitiche in America Latina. Rodrigo Mendoza chiede perdono al governatore in un perfetto stile "gesuitico". Ridicolizzandolo e facendo decadere del tutto il suo gesto.

Chiedere perdono è cambiare vita, come dice il Vangelo: «Va’ e non peccare più». Questo per ora c’è solo nelle parole di Bergoglio, non nella quotidianità e nella prassi della Chiesa! 

Quindi non è perdono evangelico! È solo annuncio mediatico! 

Fabio Perroni è gay credente, blogger

* Immagine di Calixto N. Llanes, tratta dal sito Flickr, licenza e immagine originale. La foto è stata ritagliata. Le utilizzazioni in difformità dalla licenza potranno essere perseguite

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