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Elezioni siciliane: eccellenze assenti

Elezioni siciliane: eccellenze assenti

Tratto da: Adista Segni Nuovi n° 33 del 30/09/2017

n tutta Italia si chiamano Consigli regionali, tranne in Sicilia dove uno Statuto anteriore alla stessa Costituzione usa la denominazione pomposa di “Assemblea regionale siciliana” (Ars) in memoria del più antico Parlamento d’Europa. Il 5 novembre gli elettori isolani saranno chiamati a rinnovare i titolari dei 70 scranni (qui, ancora caso unico in Italia, fregiati ufficialmente del titolo di “deputati”) e, con scheda diversa, il presidente della Regione. In quale contesto e con quali prospettive?

Il contesto riproduce la stessa incerta confusione del quadro nazionale: da qui la variopinta gamma dei candidati a governare l’isola, tutti accomunati dalla preoccupazione ossessiva di marcare la differenza rispetto alla giunta uscente guidata da Rosario Crocetta. Questi, infatti, nei cinque anni precedenti, ha dimostrato che in nome dell’antimafia (più o meno attenta ai militanti per convenienza) si può vincere, ma non certo amministrare. E i cittadini, giustamente, vogliono governi che sappiano coniugare i valori etici con gli interessi economici, senza correre il rischio di rimpiangere predecessori che, disinvolti moralmente, avevano una certa abilità tecnica (se non altro per motivi clientelari).

Il PD, con qualche distinguo partito di Crocetta (che si era presentato con una lista autonoma, “Il megafono”), candida un outsider della politica: Fabrizio Micari, rettore dell’ateneo palermitano, sponsorizzato da un Leoluca Orlando fresco di schiacciante vittoria elettorale alle recenti comunali del capoluogo regionale (giugno 2017). Ripete a ogni piè sospinto di essere un volto del “civismo”, di rappresentare il “nuovo” nelle istituzioni: i risultati diranno quanto gli elettori ci crederanno. Per Micari corre anche Angelino Alfano, anche se quasi metà delle sue truppe non intende seguirlo in questo schieramento e molti di Aternativa Popolare si sono pronunziati a favore di Nello Musumeci, il candidato delle sigle di centro-destra (compresi, dopo non poche resistenze, i berlusconiani che hanno insistito invano su un altro nome dalla storia meno esposta a destra). A memoria d’uomo è la prima volta che una campagna elettorale del centro-destra si incentra sul rifiuto della mafia: infatti Musumeci (i cui manifesti giocano sull’ambiguità semantica del vocabolo “pizzo”: la punta della sua barba, ma anche la tassa impropria ai clan) è, da questo punto di vista, al di sopra di ogni sospetto. Lo sono altrettanto i suoi alleati? Proprio l’alleanza fra PD e Alfano ha convinto tutta la sinistra a superare le proverbiali divergenze e a unirsi in nome di una duplice candidatura: Claudio Fava (figlio del giornalista, vittima di mafia, Pippo) e, come vice, Ottavio Navarra (editore antimafia). I sondaggi non sono, al momento, entusiasmanti: ma questa candidatura mira a riportare alle urne i milioni di elettori che, per disgusto, se ne sono tenuti lontano in questi decenni. Più concrete le probabilità di vittoria di Giancarlo Cancelleri, il candidato dei 5 Stelle (almeno se supera alcune grane interne al Movimento) in bilico  sul filo pericoloso che separa l’originaria furia giustizialista dalla complicità con il popolo degli abusi edilizi. Riuscirà a mantenere, o a ritrovare, l’equilibrio fra i due eccessi in nome di una moderazione che già più d’uno qualifica come “democristiana”?

Questo schizzo complessivo suggerisce due considerazioni: una incoraggiante, l’altra meno. Un pregio della situazione è che, almeno in base alle storie personali dei principali candidati, non dovremmo avere – comunque andrà a finire – un presidente della Regione (cui, per Statuto, spetterebbe il coordinamento di tutte le Forze dell’ordine in Sicilia) in odor di mafia. Un difetto è che l’elettore non si trova, fra le diverse possibilità, un binomio candidato/programma che convinca davvero: perché non eccelle il candidato o perché non eccelle il programma o perché non eccellono entrambi. Anche per queste ragioni sembra proprio che – nonostante le dichiarazioni in contrario di Renzi che, temendo l’esito del voto, lo ha declassato a episodio locale – in Sicilia si assisterà all’anteprima delle elezioni nazionali del prossimo anno.

Augusto Cavadi è teologo, saggista, docente di storia e filosofia nei licei (www.augustocavadi.com).

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