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Il Paese e le elezioni: considerazioni e domande. Una riflessione del movimento “a sinistra”

Il Paese e le elezioni: considerazioni e domande. Una riflessione del movimento “a sinistra”

Tratto da: Adista Notizie n° 7 del 24/02/2018

39256 BRINDISI-ADISTA. «Un punto di riferimento per quel popolo democratico, pacifista e di sinistra che vuole esprimere una scelta di voto serena e responsabile, il più possibile coerente con la propria ispirazione ideale e politica». È quello che intende essere il documento, diffuso il 13 febbraio dal movimento “A sinistra” (Giancarlo Canuto, Michele Di Schiena, Luca Esperti, Antonio Greco, Salvatore Lezzi, Fortunato Sconosciuto, Antonella Zellino), intitolato “Il Paese e le elezioni del 4 marzo: considerazioni e domande”.

L’analisi con cui inizia la riflessione è sintetica: «Il nostro Paese si appresta a vivere le elezioni politiche del prossimo 4 marzo per il rinnovo del Parlamento in un clima europeo e nazionale in cui elementi, forse apparentemente contraddittori, si intrecciano e provocano lo stesso risultato: l’indebolimento della tenuta democratica di culture e tradizioni e il trasferimento progressivo di poteri dai luoghi della sovranità popolare a quelli di minoranze sempre più ristrette e spesso non facilmente identificabili. Allo stesso risultato infatti portano le presunte e inappellabili ragioni dei banchieri e della loro politica monetaria, il diffuso rifiuto di ciò che è servizio pubblico considerato naturalmente inefficiente, l’affermazione progressiva di una competizione e di un libero scambio senza regole e senza controlli, tesi ad informare e uniformare tutti gli aspetti della vita, la regressione civile e culturale di un sovranismo neo-nazionalista e localista all’insegna dell’“ognuno è padrone a casa sua”, che non regge a nessuna verifica dei fatti, la bonaria qualunquistica “comprensione” fino al pieno riconoscimento nei confronti di linguaggi e comportamenti politici di chiara matrice fascista».

Un’economia fondata su lavoro e diritti

Ma c’è dell’altro nel nostro Paese, c’è «una diffusa sensibilità» che «si ribella a tale deriva, sostenuta da una coscienza critica della propria storia e da un radicamento antico e nuovo nei valori della Costituzione del ’48». «Nel sentirci parte di questa sensibilità – affermano i firmatari – chiediamo a tutte le espressioni politiche progressiste e di sinistra di mobilitarsi per rilanciare quel grande movimento di popolo che col referendum del 4 dicembre del 2016 si è riconosciuto nei dettami della Carta costituzionale e ne ha chiesto l’attuazione». «Un movimento di opinione – osserva il documento – che chiede un impegno corale rivolto alla costruzione di un progetto radicalmente innovativo sul versante dell’economia che punti, come scriveva il grande costituzionalista e membro dell’Assemblea Costituente Costantino Mortati, al mutamento della “concezione dei fini e della funzione dello Stato, non più solo garante delle libertà ma chiamato ad intervenire nella disciplina dei rapporti sociali per contrastare da una parte le prevaricazioni del potere economico e promuovere dall’altra una più equa distribuzione tra le classi dei beni della vita”. Un progetto che metta al centro il lavoro e i diritti fondamentali (alla salute, all’istruzione e alle tutele sociali), che promuova un sistema tributario informato a criteri di progressività e contrasti seriamente la corruzione nonché l’evasione e l’elusione fiscale».

La richiesta alle forze progressiste e di sinistra è allora di «esprimersi chiaramente su orientamenti e proposte intorno ad alcuni temi che consideriamo fondamentali per una inversione di tendenza, nel segno del recupero di una partenenza della sovranità ai cittadini, sì da poter esercitare in modo il più possibile consapevole e responsabile il diritto di voto».

Al primo posto, «la questione delle questioni» oggi: «la pace». «Un ventaglio sempre più ampio di eventi, decisioni e proposte agita venti di guerra e raggiunge il nostro Continente e il nostro Paese: dai progetti di guerre nucleari circoscritte attraverso la produzione di nuove “bombe leggere” al controllo e all’uso delle risorse alimentari e di quelle minerarie, preziose e strategiche, per il dominio neo-coloniale di vastissime zone del pianeta». «Quali iniziative avviare per chiedere l’arresto concordato delle armi atomiche e convenzionali? E quali percorsi politici intraprendere davanti al fallimento evidente delle missioni militari umanitarie, dall’Asia al Medio Oriente ai Paesi africani, e delle quali si è fatto ancora pervicacemente interprete il nostro Governo e il nostro Parlamento con la recente approvazione delle vecchie e nuove missioni internazionali per il 2018, mentre il Continente africano è attraversato da decine di conflitti armati devastanti e rapinato delle sue risorse?». Poi «il processo di unificazione europea» che «vive da alcuni anni una fase di immobilismo». Il dato è che «la torsione tecnocratico-monetarista, la differenza e il contrasto di interessi, le distanze tra ritmi e modalità di sviluppo nei vari Paesi, la rilevanza delle decisioni affidate a Istituzioni non rappresentative dei popoli hanno allontanato il progetto europeo dalla tensione ideale e dalle prospettive delle origini»?. E allora, «quali indicazioni politiche per una ripresa del percorso e così favorire integrazione e partecipazione ad una costruzione di uno spazio geo-politico e sociale comune, a cui devono contribuire le culture e tradizioni delle diverse nazioni?».

Ma quale crescita?

Sono «cresciute le disuguaglianze economiche e sociali nel nostro Paese negli ultimi 15 anni». «Il fatto è che non si dà un rapporto meccanicamente virtuoso, soprattutto nel corso delle trasformazioni tecnologiche in atto, tra sviluppo produttivo e aumento della coesione sociale»: «il PIL può benissimo crescere senza essere distribuito in modo un po’ più equo. La ricchezza può crescere, e di fatto cresce, insieme alle povertà. È necessario conoscere quali sono le risposte programmatiche di liste e coalizioni che vanno nella direzione di un riequilibrio sociale attraverso interventi di politica fiscale, economica e del lavoro organicamente collegate e segnate dalla presenza di aspetti congiunturali e insieme strutturali».

Si tratta di sapere, puntualizza la riflessione, «quali proposte di politica fiscale sono presenti nel segno di una più certa e rigorosa progressività della tassazione e nello stesso tempo di una diminuzione della imposizione sul lavoro e di un aumento sulle rendite, a partire da quelle finanziarie e dei grandi patrimoni immobiliari »; quali programmi presentano «quantità e qualità degli investimenti pubblici, soprattutto nel Sud, e così, da una parte, promuovere un effettivo, nuovo modello di sviluppo capace, di contribuire a bloccare l’aumento del riscaldamento globale, l’inquinamento di città e campagne e il consumo di suolo, e. dall’altra, sostituire gli interventi a pioggia e i bonus». E, ancora, si tratta di «verificare la chiara volontà di eliminare il Jobs act e di riprendere una legislazione sui diritti del lavoro a partire dall’art. 18 che dovrebbe essere ripristinato», nonché di individuare «obiettivi progressivi e mezzi corrispondenti per aggredire con determinazione le infiltrazioni o le vere e proprie occupazioni mafiose di settori o pezzi dell’economia».

Il Sud: che ne faremo?

Un numero sempre più ampio di cittadini, molto rilevante al Sud, è la constatazione dei firmatari, «non può di fatto esercitare alcuni diritti sociali fondamentali: alla salute, all’istruzione, ai servizi socio-assistenziali». I firmatari chiedono perciò «quali risposte si offrono ad una regionalizzazione della Sanità che, unitamente ai criteri di spartizione del fondo nazionale e alla progressiva marginalizzazione dei presidi pubblici, hanno penalizzato le fasce più deboli, sempre più numerose, e aumentato le distanze tra le Regioni del Nord e del Sud».

E su altre due questioni attende risposte il movimento “A sinistra”: sugli «esiti negativi della “Buona Scuola”» che «ha contribuito ad irrigidire l’apparato verticistico-burocratico, e ad alcune questioni di fondo dell’istruzione pubblica», e sul «ridimensionamento dei servizi socio-assistenziali, soprattutto con riferimento all’attenzione ai disabili, alle nuove emergenze socio- educative determinate dall’uso dei social, alle solitudini quotidiane, individuali e familiari, che hanno raggiunto anche le città di media-piccola dimensione».

«Si tratta di questioni e aspetti che certo non esauriscono progetti e programmi», afferma in chiusura il documento. Temi e questioni che «hanno comunque bisogno di essere affrontati con chiaro orientamento politico, democraticopartecipativo e inclusivo». 

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