
La Chiesa colombiana: non rompere l'accordo con le Farc
È stato quello previsto l’esito delle elezioni in Colombia. A trionfare Iván Duque, del Centro democratico, a capo di un’alleanza conservatrice e contraria agli accordi di pace con le Farc. Una vittoria netta ma non schiacciante, quella di Duque, che ha ottenuto il 54% dei voti, contro il 41,8% di Gustavo Petro e il 4,2% di schede bianche. Immediata la reazione della Chiesa, preoccupata di sottolineare l’importanza che l’accordo di pace venga applicato. E che non si abbandoni il tavolo dell’Avana con l’Eln. A spiegarlo mons. Héctor Fabio Henao, direttore del Segretariato Caritas pastorale sociale della Chiesa colombiana e presidente del Comitato nazionale del Consiglio nazionale della pace, intervistato dal Sir: «Il processo di pace deve continuare, la guerriglia è ormai smobilitata e l’implementazione è giunta a una fase molto avanzata, non si può tornare indietro. Se poi, da parte del nuovo presidente, ci saranno delle proposte, bisognerà che il Governo e le Farc si siedano attorno a un tavolo, si parlino e che giungano a un accordo». Centrale resta, poi, il dialogo l’Eln, che sta andando avanti all’Avana. Duque in campagna elettorale ha più volte affermato di voler chiudere il tavolo. Mons. Henao, inoltre, insiste sull’urgenza di una presenza del Governo più incisiva sul territorio, «per lottare contro il narcotraffico e le miniere illegali, per dare corpo a politiche sociali che possano eliminare quelle che sono le cause all’origine della violenza. Occorre tutelare i leader sociali, e poi resta una grande sfida da vincere, quella contro la corruzione».
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