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Il laicato cileno non ha più paura

Il laicato cileno non ha più paura

Tratto da: Adista Documenti n° 3 del 26/01/2019

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La manifestazione palpabile che un’altra Chiesa è possibile è quello che è rimasto, negli occhi, nella memoria e nell’anima di tutte e tutti i partecipanti al Sinodo Nazionale Laicale. L’apertura del Sinodo ha costiutito, in sostanza, un fatto senza precedenti e una grande buon nuova: le donne e gli uomini militanti della Chiesa in Cile, che hanno sofferto per la crisi degli abusi di potere in tutti gli ambiti, hanno smesso di aver paura.

Lo hanno fatto controcorrente. Senza soldi. E malgrado alcune telefonate da parte della gerarchia che consigliavano di non partecipare a questo sinodo. Lo hanno fatto superando le barriere interne alzate da quelli che pur sembrano andare nello stesso senso. Ma soprattutto è stata vinta la paura riflettendo, piangendo insieme, comprendendosi, dicendo quel che andava detto e facendo, celebrando e condividendo “come Dio comanda”, secondo il detto popolare.

Così è successo.

Un anno fa, la visita di Francesco in Cile, tanto manipolata dalle alte sfere, si è trasformata in una pietra miliare d’inizio. Quando il papa se n’è andato dal Cile, il disappunto collettivo ha pervaso il mondo ecclesiale del Paese. Che fosse venuto “a confermare nella fede” era una frase senza senso, tanto più che il papa esigeva «prove» dei delitti di abuso che tutti e tutte già conoscevano grazie alla coraggiosa testimonianza di tre uomini che otto anni fa hanno raccontato in pubblico quello che era loro capitato.

L’esemplare testimonianza di Juan Carlos Cruz – che, presente in assemblea, ha incoraggiato i partecipanti – insieme a José Andrés Murillo e James Hamilton, è stata fondamentale. La loro voce e il fiume che ha aperto il laicato di Osorno per affrontare uno dei vescovi che hanno coperto i delitti sono stati parte della pietra d’angolo di un laicato senza paura.

Però, così come «il vento soffia dove vuole: tu senti la sua voce, ma non sai da dove viene e dove va» e «lo stesso succede con tutto quello che è nato dallo Spirito » (Gv 3,8), così è stato per lo stesso Francesco che poi ha animato e motivato il laicato con la sua lettera Al Popolo di Dio pellegrino in Cile, maggio 2018:

«Esorto tutto il Santo Popolo fedele di Dio che vive in Cile a non avere paura di farsi coinvolgere e di camminare sospinto dallo Spirito alla ricerca di una Chiesa ogni giorno più sinodale, profetica e apportatrice di speranza; meno abusiva perché sa mettere Gesù al centro, nell’affamato, nel detenuto, nel migrante, nell’abusato ».

E così è stato.

A un anno da quella visita, ha cominciato a dar frutti l’impegno di un gruppo di laiche e laici nel promuovere questo “camminare insieme” (significato della parola sinodo) per tutto il Paese, perché fosse nazionale. Nella misura in cui la rete cresceva e non potendo contare su vescovi credibili, l’iniziativa si è definita come “Sinodo autoconvocato”.

Infine, per realizzarlo, questo laicato impegnato per sopravvivere ha fatto quello che sempre fa nelle sue comunità povere: esercitare la solidarietà e praticare l’augestione. Le risorse sono cominciate a giungere come la moltiplicazione dei pani: da due cestini vuoti, tutti e tutte sono riusciti ad avere di che pranzare per due giorni consecutivi.

E così è stato.

La diversità di esperienze, di compiti pastorali, di devozioni mariane, di spiritualità e di carismi religiosi, di opinioni politico-ecclesiastiche, di metodologie per render conto della realtà, di atteggiamenti per affrontare la gerarchia e il clero; il considerare le religiose come laiche della Chiesa; la diversità culturale esistente tre le regioni del Paese, tanto più complessa perché include popoli originari e migranti; le nostre differenze sociali, economiche e politiche e i differenti modi di accompagnare i movimenti sociali; la diversità teologica nella quale tutti e tutte sono stati formati, più carismi, ego e leadership delle persone: ognuna di queste differenze costituiva un mondo a sé che poteva essere unito solo dallo Spirito.

E così è stato.

Il vecchio ma splendido teatro dei gesuiti, situato vicino alla tomba di padre Alberto Hurtado, è dotato di una sala con sedie per 250 persone, ma ne può accogliere 300. Altre 4.200 sono state raggiunte grazie alla diretta internet e di queste 811 sono intervenute con domande e commenti.

Malgrado questo successo, la cosa rilevante non è stata tanto la quantità dei partecipanti, quanto la loro qualità.

In questo scenario, si è dato appuntamento il midollo della Chiesa cilena, cioè, le persone militanti che danno vita a comunità, movimenti, spiritualità, parrocchie e vescovadi. Anche alcune commissioni della Conferenza Episcopale. C'erano le persone più attive nel campo della catechesi, della liturgia, della solidarietà e delle pastorali speciali come diritti umani, mondo rurale, diversità sessuale, migranti, mapuche, donne, ecc. che sono giunte a Santiago dal sud e dal nord del Paese. E religiose (che sono laiche), bisogna dirlo, che accompagnano sempre il loro popolo, e alcuni sacerdoti fedeli al popolo di Dio.

E così è stato.

Perché il luogo dell'incontro aveva un significato speciale. Alberto Hurtado, un prete gesuita vissuto intorno alla metà del secolo scorso, commosse il Cile intero chiedendogli se sarebbe stato veramente un Paese cattolico se non avesse praticato la solidarietà con i poveri e con i bambini.

Fu Hurtado, allora, che incoraggiò gli studenti universitari ad entrare in politica per vincere la povertà. Che addestrò i sindacalisti cileni in dignità e diritti. Fu egli ad ispirare le vocazioni più fedeli che hanno accompagnato il laicato nella lotta per i diritti umani e le comunità cristiane popolari per decenni... fino a quando sono invecchiate e sono state sostituite dalla Chiesa del potere, del denaro, dei delitti e della cultura dell’insabbiamento. Da quelli che credevano che il Concilio Vaticano II fosse stato una concessione eccessiva. Ma hanno fallito!

Ecco perché, il fine settimana del 5 e 6 gennaio 2019, quando ha avuto luogo questo sinodo, il santo della giustizia sociale, Alberto Hurtado, deve aver goduto come non mai per i trecento visitatori giunti alla sua tomba. Ha aperto le porte e le finestre del suo santuario perché la Rua?h soffiasse più forte. Deve aver guardato il Padre/ Madre alla fine dell'assemblea esclamando: "Felice, Signore, Felice".

E così è stato.

Il contenuto della «Chiesa in esodo», come l’hanno chiamata in una delle riflessioni assembleari – «Chiesa in uscita », dice Francesco – plasmeranno un documento che il coordinamento nazionale della rete laica elaborerà con calma nei prossimi mesi.

Intanto, la dichiarazione rilasciata alla fine dell'incontro ha chiarito tre cose.

La prima, che fra le cause della crisi della Chiesa si incontrano «il clericalismo, l’abuso di potere, l’indolenza e la mancanza di coscienza critica del laicato».

Secondo: che l’altra Chiesa che è possibile è costituita da comunità di base, cerca e pratica la giustizia; è al servizio della gente e del mondo ed è aperta alle loro necessità; è orizzontale, diversa, partecipativa ed inclusiva, con un reale protagonismo delle donne e dei giovani.

E terzo: che le linee d’azione di questo processo sinodale saranno le seguenti: il cambiamento della struttura di potere per includere il laicato, in particolare le donne; la formazione del popolo di Dio; e lo sradicamento della cultura dell’abuso dipotere, con giustizia e riparazione.

Così sia.

Statua di san Alberto Hurtado nella parrocchia di Jesús Obrero, a Linares (Cile) in una foto [ritagliata] di CesarAriasTapia del 2018 tratta da Wikimedia Commons, licenza Creative Commons

 

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