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La religione non affonda, ma si sposta

La religione non affonda, ma si sposta

Pubblichiamo, nella traduzione realizzata da Lorenzo Tommaselli, un articolo pubblicato il 24.06.2020 nel Blog del teologo José María Castillo sul portale Religión Digital (www.religiondigital.com).

L'articolo originale è consultabile a questo link

 

Da decenni si continua a dire che la religione è in crisi. E ora, con la pandemia del coronavirus, la crisi religiosa è diventata più evidente e sfacciata. Si abbandonano le cerimonie, i costumi e le pratiche religiose (messe, battesimi, matrimoni, processioni ...); si stanno lasciando vuoti i seminari e i conventi, ecc. ecc. Il fatto è evidente e non ammette discussioni. E non mi interessa neppure pensare in continuazione alle ragioni che possano spiegare perché questo collasso religioso si sta verificando.     

Forse non mi importa e non mi interessa questa crescente crisi del “fatto religioso”? Niente di tutto ciò. Sono interessato. E molto. Succede che vedo l’intera questione a partire da un altro punto di vista. La religione non sta scomparendo. Si sta spostando. Sta uscendo dai templi. Sta sfuggendo di mano ai preti. Si svincola dal “sacro”. E ogni giorno che passa, la vediamo e la avvertiamo in modo sempre più palpabile nel “profano”. Il centro della religione non sta più “nel tempio”, sta “nella vita”. E nella difesa, nella protezione della vita e nella capacità di darle dignità. Inoltre, la religiosità sta nel progetto di vita e nel modo di vivere che ognuno assume, fa suo e mette in pratica.

Scrivo questo il 24 giugno, il giorno di San Giovanni Battista. Il padre di Giovanni era un sacerdote (Zaccaria) e sua madre (Elisabetta) apparteneva alla famiglia di Aronne (Lc 1,5), la famiglia sacerdotale nel senso più pieno. La cosa più logica sarebbe stata che Giovanni avesse esercitato il ministero sacerdotale nel tempio. Invece no. Giovanni è andato nel deserto (Lc 1,80). Giovanni ha visto che il futuro non stava nel tempio e nelle sue cerimonie religiose. Giovanni ha pensato che il problema capitale era la conversione dei peccatori. E questo ha predicato nei suoi sermoni al popolo (Lc 3, 1-14). 

Ma Gesù ha visto che lo spostamento della religione doveva essere più radicale. Per questo, quando Giovanni è venuto a sapere (mentre si travava già nella prigione di Erode) delle “opere” che Gesù stava facendo, gli ha mandato due discepoli a chiedergli: “Sei tu quello che deve venire o dobbiamo aspettare un altro?” (Mt 11, 2-3; Lc 7,18). Il progetto del Vangelo di Gesù ha sconcertato persino Giovanni Battista. Non sconcerterà anche noi?

La risposta di Gesù ai discepoli di Giovanni è la chiave: “Andate e riferite a Giovanni ciò che udite e vedete: i ciechi riacquistano la vista, gli zoppi camminano...” (Mt 11, 4-5 par). E si sa che di ciò che ha detto Gesù, l’aspetto più eloquente è la parte finale: “E beato è colui che non trova in me motivo di scandalo!” (Mt 11,6). Quando la preoccupazione centrale della religione non è il peccato, ma la salute di coloro che soffrono, ci sono persone che si scandalizzano. Proprio quello che da diverse settimane stiamo vivendo. Non si applaude più ai preti ed alle loro cerimonie. Si applaude ai medici ed a coloro che li aiutano a superare e vincere la pandemia, la sofferenza e l’abbandono di così tanti malati.

Cosa faceva Gesù? Cosa ci dice il Vangelo? Gesù non ha parlato di templi o conventi e non ha organizzato una religione come quella che abbiamo. Se il Vangelo ha ragione, ricordiamo ciò che Gesù disse a una donna samaritana: “Credimi, donna, viene l’ora in cui né su questo monte né a Gerusalemme adorerete il Padre….viene l’ora - ed è questa - in cui i veri adoratori adoreranno il Padre in spirito e verità” (Gv 4, 21-24). Gli esperti discutono il significato esatto di questo testo. Di sicuro Gesù afferma che l’adorazione di Dio non è associata a un luogo specifico. Che tu abbia un tempio o meno, la cosa veramente importante è la rettitudine, l’onestà, la bontà, la lotta contro la sofferenza e lo sforzo di umanizzare questo mondo e questa vita.

È questo ciò che stiamo vivendo? È questo ciò che la gente applaude? È questa la nuova svolta che (a partire dal modo di essere e di vivere di papa Francesco) sta avendo la Chiesa? La cosa più logica è pensare che la religione non affondi. Si sta spostando. E mi sembra che sta lasciando il tempio. E sta recuperando il Vangelo. Non come credenza religiosa (questa la conoscevamo bene), ma come stile di vita. Uno stile di vivere da cui siamo molto lontani. E che è urgente recuperare il prima possibile.

 

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