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Un vescovo bifronte per Hong Kong. La città cinese non è più sede vacante

Un vescovo bifronte per Hong Kong. La città cinese non è più sede vacante

Nelle mani, per due anni e mezzo, di un amministratore apostolico - il card. John Tong Hon -, ora la diocesi di Hong Kong torna a essere guidata da un vescovo: si tratta di p. Stephen Chow Sau-yan (sarà consacrato il 4 dicembre), che succede a mons. Michael Yeung Ming-cheung, morto il 3 gennaio 2019. Una scelta per nulla facile che ha richiesto una lunga gestazione perché la comunità cattolica (404.000 fedeli, il 5,3% della popolazione) è divisa fra quanti, soprattutto fra i giovani, vedono il controllo di Pechino su Hong Kong come un attacco alle libertà della città e le figure pro-establishment che preferiscono un approccio meno conflittuale, forse anche perché l’Amministratrice Delegata che regge il governo di Hong Kong, Carrie Liam, è cattolica e gode perciò della fiducia di molti della comunità credente.

In questa situazione di contrapposizione, per AsiaNews, l’agenzia di informazioni del Pontificio Istituto Missioni Estere (Pime) molto critica sulla Cina e sulla “politica” di avvicinamento della Santa Sede a Pechino, non sembra essere di allevio la nomina di Chow. L’agenzia il 18 maggio scrive: «L’impegno di molti giovani nel movimento democratico, la conseguente soppressione causata da Pechino con la legge sulla sicurezza nazionale [limitante delle libertà], l’arresto e condanna di diversi leader democratici cattolici, aveva fatto sperare molta gioventù che la Chiesa di Hong Kong e il Vaticano si schierassero con nettezza al loro fianco. Invece – prosegue, ma cambiando discorso e non specificando cosa abbia mandato in fumo le speranze dei giovani – la comunità cattolica del territorio si è divisa fra attivisti per la democrazia e sottomessi, se non favorevoli, alla supremazia di Pechino. Tale situazione ha portato molti ad allontanarsi dalle comunità cristiane».

Sicuramente il nuovo vescovo – gesuita, responsabile della provincia cinese della Compagnia dal gennaio 2018, con già all’attivo diversi incarichi nella diocesi di Hong Kong, sua città natale – nella conferenza stampa che ha tenuto il giorno dopo (17/5) la notizia della sua nomina, presenti il vescovo ausiliare, mons. Joseph Ha Chi-shing, e il card. John Tong Hon, si è manifestato uomo prudente, più disposto al dialogo che al conflitto, pur consapevole delle «profonde divisioni – riferisce, confermando l’analisi di AsiaNews, anche il giornale cattolico statunitense The Pillar – tra i giovani cattolici, spesso più coinvolti nei movimenti pro-democrazia, e i cattolici anziani meno desiderosi che la Chiesa sia vista come politicamente antagonista al governo».

«Una delle preoccupazioni che avevo era che il vescovo della diocesi fosse scelto tra i sacerdoti diocesani»: questo è uno dei motivi, ha raccontato p. Chow, per cui già a dicembre scorso, ricevuta la proposta di nomina, «dopo averne discusso con il Padre Generale a Roma» e avendolo concordato con lui, «ho detto “no”». Poi è intervenuto il pontefice: «La decisione è arrivata quando il Santo Padre mi ha inviato una lettera scritta a mano dicendomi che lui era d’accordo che io diventassi vescovo. Ho letto la lettera. In realtà era scritta in italiano e io l’italiano non lo conosco, per questo me la sono fatta tradurre».

Su come intende sanare l’alta polarizzazione politica che divide le comunità, padre Chow ha risposto: «Non ho un piano, ma Dio vuole che siamo uniti», precisando subito, però, che «l’unità non vuol dire uniformità». Nella sua esperienza di insegnante, ha detto, ha sempre incoraggiato i suoi giovani studenti a vivere «l’unità nella pluralità. Dobbiamo imparare a rispettare la pluralità» e «questo sarà il mio primo compito». «Non è facile guarire le divisioni», ha riconosciuto, «non è detto che ci riesca, ma farò del mio meglio», indicando nell’atteggiamento di mettersi in «ascolto» la via per trovare insieme le soluzioni.

Riguardo ai rapporti con la Cina, secondo Chow, «non dobbiamo assumere che siamo nemici. Soprattutto se parliamo di Chiesa, partiamo dal fatto che crediamo nello stesso Signore». Ha aggiunto: «Non credo sia saggio per me commentare queste questioni relative alla Cina, che non capisco molto. Non ho abbastanza informazioni e conoscenze». «Non è perché abbia timore – ha sottolineato –. Credo che essere prudenti sia una virtù». E comunque la situazione di Hong Kong è diversa. È convinzione di p. Chow che la Chiesa è e rimarrà indipendente dal controllo statale, «la libertà religiosa è un diritto umano fondamentale» e bisogna ricordarsene «nei nostri dialoghi con il governo, in modo che non venga dimenticato».

Dalle parole di p. Chow emerge che è consapevole del complesso lavoro che l’attende: egli dovrà guardare a Hong Kong e dovrà guardare alla Cina, dovrà guardare ai giovani che si ribellano e ai difensori della stabilità.

*Skiline di Hong Kong. Foto tratta da hdwallpapers.in, immagine originale e licenza

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