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Noi Siamo Chiesa: in Italia  i vescovi si rifiutano di fare i conti con la realtà

Noi Siamo Chiesa: in Italia i vescovi si rifiutano di fare i conti con la realtà

La situazione è questa. Dopo gli interventi di papa Francesco sulla pedofilia dei preti qualcosa si è mosso di significativo, almeno in una parte dell’universo cattolico.

In Germania l’impatto dell’indagine indipendente conclusasi nel settembre del '18 con quanto di troppo pesante ha rivelato, è stata tale da contribuire in modo determinante a dare il "la" al percorso sinodale in corso. Tra i fatti recenti di grande importanza è stata la presa di coscienza delle Conferenze episcopali dei paesi dell’Est, in particolare della Polonia, dove, in generale, circolava l’opinione che si trattava di una questione che riguardava altri paesi (la stessa opinione dei vescovi italiani). L’emergere dei fatti ha dato una sterzata. In settembre per quattro giorni a Varsavia venti conferenze di quei paesi hanno partecipato a un impegnativo incontro sugli abusi sessuali. Promotrice la Conferenza polacca. È emerso, con la partecipazione del Centro sugli abusi della Gregoriana del padre Zollner, un rovesciamento della posizione tradizionale. Si è preso atto di quanto sappiamo dalle situazioni di altri paesi. I vescovi anche lì per anni si sono preoccupati della credibilità della Chiesa ed hanno volentieri “coperto” le violenze disinteressandosi delle vittime. In pratica si praticava un clericalismo ed un trionfalismo comodi da gestire e difficili da contestare. I fatti già accertati sono tanti (il blog “Il sismografo” ha informato in modo analitico facendo nomi e cognomi). Il Vaticano è intervenuto ripetutamente. L’importante è che, ora, le strutture ecclesiastiche con questo incontro abbiano rotto il clima passivo di prima.

In Francia nel novembre del '18, prendendo esempio dalla vicenda tedesca, i vescovi hanno istituito la Commissione Sauvé (CIASE), composta di 22 membri, del tutto indipendenti, che ha lavorato per due anni e mezzo e il 5 ottobre ha reso pubblico il suo rapporto di 2000 pagine, frutto di 6500 contatti, di 250 vittime ascoltate. Ha constatato (come realtà sottostimata) 216000 atti di violenza e circa 3000 vittime, per l’80% maschi dai 10 ai 13 anni. I preti pedofili sarebbero in Francia il 4% (il 4,4 in Germania ed il 4,8 negli Stati Uniti). La commissione è partita dalle vittime rispetto alle quali ha constatato la pesantezza delle conseguenze psicologiche, veri e propri traumi ancora presenti a distanza anche di molti anni. Il rapporto è molto severo sulle responsabilità dei vescovi, per l’indifferenza verso le vittime, per veri e propri ricatti (“ti indenizzo se però stai zitto”), per il prevalere su tutto da una parte della “sacralizzazione del prete” e dall’altra della logica del sistema da proteggere ad ogni costo, “coprendo” il più possibile gli abusi. Il dramma ha avuto carattere sistemico e si è attenuato solo alla fine degli anni ’90. Il rapporto, infine, fa valutazioni complessive sulla posizione della Chiesa, sostenendo che essa debba riconoscere tutte le responsabilità del passato e che le vittime hanno un vero e proprio diritto a un risarcimento. Si conclude con 45 raccomandazioni. I membri della Commissione hanno anche detto quanto siano stati scioccati personalmente nel venire a contatto con tali racconti e con tali sofferenze prolungatesi nel tempo. Si legga in proposito la straordinaria intervista rilasciata da Marc Sauvé leggibile sul sito de “La Croix”, il quotidiano cattolico francese.

Al contrario in Italia  i vescovi si rifiutano di fare i conti con la realtà. Dall’inizio degli anni 2000 hanno sostenuto che il fenomeno dei preti pedofili aveva dimensioni ben modeste nel nostro paese, a differenza degli altri. Poi, su pressione dell’emergere delle situazioni a livello internazionale e del Vaticano, hanno scritto tanti lunghi testi (Linee Guida del ’12, ’14 e ’19), hanno inoltre istituto un Servizio nazionale per la tutela dei minori articolato a livello diocesano e regionale che ha scritto documenti sulla prevenzione e la formazione del clero e del personale impegnato coi giovani. Ora in marzo è stata annunciata per il prossimo 18 novembre una Giornata nazionale di preghiera di cui non si sa altro. In questi testi l’impegno di denunciare i fatti all’autorità civile è evanescente perché ci si rifà all’art. 4 del Concordato che nega l’obbligo di denuncia. Ci si limita quindi a parlare di “collaborazione”. “Noi Siamo Chiesa” ha aspramente e ripetutamente commentato questo tipo di interventi perché hanno al centro il funzionamento del sistema, la volontà di non pensare al passato e ben poca preoccupazione concreta per le vittime. Essi appaiono e sono solo una dimostrazione che si vuole fare qualcosa, al massimo di buona volontà. Ma tutto il resto, che è emerso nelle indagini negli altri paesi e che, con ogni probabilità c’è anche nella nostra Chiesa italiana, resta sommerso. Il rifiuto nei fatti di istituire una Commissione indipendente di indagine è un vero e proprio peccato collettivo dei vescovi della nostra Chiesa. E quelli, per cui si accertino interventi di “insabbiamento” di abusi, dovrebbero essere destituiti.

Milano, 11 ottobre 2021                                                                  NOI SIAMO CHIESA

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