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Donne, giovani, laici, lotta al clericalismo: la tappa continentale africana del Sinodo

Donne, giovani, laici, lotta al clericalismo: la tappa continentale africana del Sinodo

«Un cammino di conversione, riforma e crescita a livello personale, comunitario e istituzionale della Chiesa»: ecco in estrema sintesi – secondo il comunicato finale dell’Assemblea sinodale continentale – cosa ha rappresentato la “tappa continentale” africana del Sinodo, organizzata dal Simposio delle Conferenze episcopali dell'Africa e del Madagascar (Secam), dal primo al 6 marzo scorsi, nella capitale etiope Addis Abeba.

L’assise di Addis Abeba – promossa in continuità con le due sessioni di lavoro che si sono tenute ad Accra (Ghana) nel dicembre 2022 e a Nairobi (Kenya) nel gennaio 2023 – ha radunato 206 partecipanti, tra i quali 9 cardinali, 29 vescovi e 41 sacerdoti. Tra loro, anche i rappresentanti di una delegazione vaticana guidata dal card. Mario Grech (segretario generale del Sinodo dei Vescovi) e dal card. Jean-Claude Hollerich (relatore generale della XVI Assemblea generale ordinaria del Sinodo dei Vescovi). «La maggior parte dei partecipanti – tiene a sottolineare però il documento – erano laiche e laici, persone consacrate, giovani e rappresentanti delle altre tradizioni cristiane e di fede».

In Africa il Sinodo è già realtà

Un’assemblea, dunque, partecipata e aperta, che ha saputo esprimere «coraggio e gioia, fiducia e umiltà», ma anche accoglienza e «discernimento», in ascolto di quanto «il Popolo di Dio di tutto il mondo ha detto nel primo anno del Sinodo». Insomma, afferma la nota, «è stata un'esperienza di sinodalità vissuta», nel perfetto stile della Chiesa africana, «un momento di profondo dialogo, ascolto e discernimento tra le Chiese locali e con la Chiesa universale».

In Africa, la sinodalità è una dimensione vissuta già da tempo, con una Chiesa continentale che si confronta e integra da sempre «tutte le nostre differenze, diversità, tensioni e forze», «accoglie l'altro e fa spazio alla sua diversità», dimostra dinamismo, mobilità ma al contempo solidità sui fondamenti della fede e delle culture ancestrali, animate dai valori e dai principi antropologici come «Palaver, Ubuntu e Ujamaa, che enfatizzano lo spirito di comunità, il senso della famiglia, il lavoro di squadra, la solidarietà, l'inclusività, l'ospitalità e la convivialità». In definitiva, l'Africa, ribadisce il comunicato, «è un continente sinodale. La sinodalità fa parte di ciò che siamo e di come viviamo in quanto Famiglia di Dio in Africa».

Marginalità e crisi

Il comunicato finale dell’Assemblea continentale accoglie con favore «l'appello sinodale ad ascoltare coloro che si sentono ai margini, trascurati e messi alla porta dalla Chiesa cattolica. Riconosciamo che quando lo facciamo, gli altri si sentono accolti e sono liberi di condividere il proprio cammino spirituale». Richiama con fervore il desiderio di «una riforma autentica» delle strutture ecclesiastiche. «Ci impegniamo a superare le rigide strutture gerarchiche, le malsane tendenze autocratiche, il dannoso clericalismo e l'individualismo isolante che minano e indeboliscono i rapporti tra vescovi, sacerdoti e laici».

L’abbraccio della Chiesa africana trascende le dinamiche interne, ricorda la nota, per aprirsi ai contesti africani, soprattutto ai più critici: «Abbiamo ascoltato il dolore e la sofferenza dei nostri fratelli e sorelle in Africa. La Famiglia sinodale di Dio cammina con coloro che sono colpiti dalla guerra, dai conflitti etnici, dall'intolleranza religiosa, dal terrorismo e da ogni forma di conflitto, tensione e violenza. Con solidarietà, compassione e carità, la Chiesa sinodale in Africa cammina con le nostre sorelle e fratelli in difficoltà».

Una Chiesa dal volto di donna

L’Assemblea continentale riconosce che la Chiesa africana, anche a confronto con quella del Vecchio Continente, attribuisce ai giovani un ruolo «centrale» nella vita delle comunità di fede. Allo stesso modo – e questo sembra proprio il passaggio più forte di tutto il comunicato finale – «le donne sono state parte attiva nel processo di ascolto, dialogo e discernimento». L’Assemblea sinodale, sul riconoscimento del ruolo chiave delle donne nelle Chiese, intende calcare la mano: dalle donne, si legge, «abbiamo imparato come essere una Chiesa sinodale. Le donne africane tengono unita la Chiesa. Sono la maggioranza. Le donne africane sono la spina dorsale della Chiesa». E dunque, se è vero che non esiste Chiesa senza il contributo determinante delle donne, è anche vero che questo «significa riconoscere le loro doti, talenti, carismi e contributi» e che «non è possibile che nella Chiesa si verifichi una vera sinodalità se le donne non sono considerate partner alla pari».

La riforma e le erbacce da estirpare

Il comunicato finale punta poi il dito contro «le erbacce del clericalismo, dell'autoritarismo e dell'indifferenza», da sradicare grazie ad una (auspicata) seria riforma del potere ecclesiastico. «Desideriamo generare nuove forme di leadership, siano esse sacerdotali, episcopali, religiose e laiche. Desideriamo formare la Famiglia sinodale di Dio nella pratica di una guida integrale e vivificante, relazionale e collaborativa, capace di generare solidarietà e corresponsabilità». Obiettivo ambizioso, soprattutto nei contesti locali in cui il potere derivato dalla carriera ecclesiastica si mescola spesso con quello economico e con le leadership personali, che può essere raggiunto proprio grazie alla sinodalità, alla gestione diffusa del potere e della sfera decisionale, al coinvolgimento del laicato.

Spiritualità in ascolto dell’alterità

Importante il passaggio della nota finale sul desiderio di «crescere in una spiritualità che sostenga la pratica della sinodalità», imparando a fare tesoro, senza resistenze e muri, anche delle esperienze di fede e di spiritualità che animano il tessuto sociale e culturale africano. Il testo parla, per esempio, di «spirito dell'interculturalità», di «ecumenismo e incontro interreligioso», di «differenze culturali», di «spiritualità e saggezza delle popolazioni indigene».

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