
Il naufragio nell'Egeo e quella lezione mai appresa dall'Europa
L’ennesimo naufragio dei migranti nel sud del Peloponneso – forse il più grave della storia del Mediterraneo, con 79 corpi recuperati e centinaia di disperi – ha destato scandalo e provocato un’ondata di reazioni contro le politiche migratorie europee.
«Un peschereccio con a bordo 700 migranti, partito dalla Libia e diretto in Italia, è naufragato provocando decine di morti e dispersi. Avvistato e avvicinato giorni fa a largo della Grecia non è stato soccorso né portato in salvo»: è tranchant il giudizio del Centro Astalli dei gesuiti italiani, che esprime «cordoglio» e «dolore», ma che allo stesso tempo tiene a sottolineare «che si tratta di un’ecatombe che l’Europa avrebbe potuto e dovuto evitare».
Senza mezzi termini, il Centro Astalli punta il dito sul nuovo Patto UE per la migrazione e l’asilo, accordo raggiunto in pompa magna l’8 giugno scorso dagli Stati membri: «La vacua retorica securitaria e l’ipocrita propaganda emergono davanti al terribile naufragio in cui hanno perso la vita esseri umani in cerca di salvezza».
I problemi restano sempre gli stessi, ribadiscono i gesuiti: in Europa manca una missione di ricerca e salvataggio in mare «ma si continuano a investire risorse sulla chiusura e l’esternalizzazione delle frontiere, facendo accordi con Paesi di transito illiberali e antidemocratici». E poi, non sembra esserci una comune volontà politica di istituire corridoi umanitari per i rifugiati che cercano riparo in Europa, Manca infine il «il coraggio e l’intelligenza politica di varare un piano europeo per l’accoglienza e la redistribuzione di richiedenti asilo e rifugiati nei 27 Stati membri che superi il Regolamento di Dublino e che non sia gestito solo su base volontaria».
Secondo il presidente del Centro Astalli, p. Camillo Ripamonti «L’Europa continua a proteggere i confini e a difendersi da coloro che sono le vittime di un mondo ingiusto. Dovremmo aver imparato negli anni, ormai troppi, che non si fermano gli arrivi ostacolando le partenze, rendendo più difficoltosi i viaggi. L’unico risultato di queste politiche è l’aumento delle morti alle frontiere. La drammatica e cinica conclusione di questo agire è che di fatto riteniamo alcune vite sacrificabili».
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