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Abusi. Rupnik “scagionato”, le vittime ridicolizzate

Abusi. Rupnik “scagionato”, le vittime ridicolizzate

Tratto da: Adista Segni Nuovi n° 32 del 30/09/2023

Un “semaforo verde” è giunto dal Vicariato di Roma al Centro Aletti, la comunità facente capo all’ex gesuita Marko Rupnik, accusato di più di 15 abusi sessuali e “dimesso” dall’Ordine dei gesuiti (v. articolo relativo su Adista Notizie 32 allegato). Il Centro Aletti da gennaio era stato posto sotto una visita canonica il cui verdetto, presentato 18 settembre in un comunicato del Vicariato, sancisce che, nella sostanza, “è tutto a posto”, senza menzionare trent’anni di abusi e l’esperienza dolorosa delle vittime di p. Rupnik (che è tuttora prete). L’amarezza e l’indignazione di queste ultime è espressa in una lettera aperta che hanno inviato, con nome e cognome, al papa e ad alcuni cardinali, diffusa dal sito del Coordinamento #Italychurchtoo, che riproduciamo qui sotto, seguita dal comunicato del Vicariato di Roma. Per aderire alla lettera scrivere a postmaster@italychurchtoo.org.

Al Santo Padre papa Francesco; al cardinal vicario De Donatis; al cardinal Matteo Zuppi, presidente della CEI; al Cardinal João Braz de Aviz.

I fatti e i comunicati che si sono susseguiti in questi ultimi giorni – l’udienza privata, resa poi pubblica attraverso immagini apparse in rete, concessa dal papa a Maria Campatelli, ex religiosa della Comunità Loyola e attuale presidente del Centro Aletti; e il comunicato diffuso oggi con il report conclusivo della visita canonica realizzata alla comunità del Centro Aletti – ci lasciano senza parole, senza più voce per gridare il nostro sconcerto, il nostro scandalo.

In questi due avvenimenti non casuali, anche nella loro successione nel tempo, riconosciamo che alla Chiesa non interessa nulla delle vittime e di chi chiede giustizia; e che la “tolleranza zero sugli abusi nella Chiesa” è stata solo una campagna pubblicitaria, a cui hanno invece fatto seguito solo azioni spesso occulte, che hanno sostenuto e coperto gli autori di abusi.

Ci fanno pensare che la retorica che abbiamo visto in scena a Lisbona durante luglio e agosto scorsi è una parola vuota («Tutti, tutti, tutti sono accolti nella Chiesa!»), perché alla fine non c’è posto in questa Chiesa per chi ricorda verità scomode.

Non abbiamo altre parole, perché tutta la sofferenza delle vittime l’abbiamo esposta come una ferita aperta, e certo disgustosa… E le vittime sono perciò state censurate per non essere state discrete, ma aver esposto qualcosa di ripugnante: il loro dolore, la manipolazione di chi le ha circuite in nome di Cristo, dell’amore spirituale, della Trinità. Hanno esposto il loro dolore perché la manipolazione e gli abusi ne hanno ferito per sempre la dignità.

Tutto quello che hanno ricevuto e continuano a ricevere è solo silenzio. Soprattutto le vittime dell’abuso di potere da parte di Ivanka Hosta (che per trent’anni ha coperto le nefandezze di Rupnik, e ha ridotto in schiavitù spirituale coloro che si opponevano ai suoi disegni di rivincita) aspettano una risposta definitiva, chiara, materna da più di un anno. Ma hanno solo ricevuto silenzio. E con questa relazione oggi pubblicata, che scagiona da ogni responsabilità Rupnik, ridicolizza il dolore delle vittime, ma anche di tutta la Chiesa, mortalmente ferita da tanta tracotanza ostentata. Quel colloquio concesso dal papa a Campatelli, in un clima così familiare è stato sbattuto in faccia alle vittime (queste e tutte le vittime di abusi); un incontro che il papa ha negato loro. Non ha mai neppure dato risposta a quattro lettere di altrettante religiose ed ex religiose della Comunità Loyola che gliele avevano fatte recapitare nel luglio del 2021.

Le vittime sono lasciate nel grido afono di un nuovo abuso.

Fabrizia Raguso, docente associata di Psicologia, Universidade Católica Portuguesa di Braga

Mira Stare, Dr. Theol. Universität Innsbruck

Gloria Branciani, Licenza in Filosofia

Vida Bernard, Licenza in Teologia

Mirjam Kovac, dottorato in Diritto canonico

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