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Basta finanziare progetti fossili: un appello al governo italiano in vista della Cop28

Basta finanziare progetti fossili: un appello al governo italiano in vista della Cop28

A tre giorni dall’apertura della Conferenza Onu sul Clima di Dubai (Cop28, 30 novembre-12 dicembre), ActionAid Italia, Focsiv, Movimento Laudato Si’, ReCommon e WWF Italia – con l’appoggio di 29 organizzazioni della società civile africana – hanno lanciato un appello al governo italiano chiedendo di «interrompere i finanziamenti pubblici internazionali di progetti fossili». Come? L’appello suggerisce di «partire dal miglioramento delle policy di SACE e Cassa Depositi e Prestiti (CDP) che implementano la Dichiarazione di Glasgow» (alla Cop26, 34 Paesi, tra i quali l’Italia, e 5 istituzioni finanziarie pubbliche avevano siglato un documento per porre fine ai finanziamenti pubblici per estrazione, lavorazione e trasporto di combustibili fossili). «Attraverso l’operatività di SACE, l’Italia – spiega infatti il testo delle 5 organizzazioni italiane – è il primo finanziatore pubblico di combustibili fossili in Europa e il sesto a livello globale». L’appello suggerisce anche di aumentare la «capacità di spesa delle banche multilaterali di sviluppo per una transizione energetica a zero emissioni e che affronti la crisi del debito dei Paesi a basso reddito».

Il 42% dei progetti di estrazione di carbone, gas e petrolio delle aziende italiane, supportate dalle agenzie di credito e dalle banche di sviluppo, si sviluppano in Africa, peraltro in «contesti attraversati da forti instabilità socio-politiche e da violazione dei diritti».

Le cinque realtà firmatarie dell’appello ritengono che questi progetti non abbiano alcuna ripercussione positiva sulla sicurezza energetica italiana e che, anzi, il Belpaese dispone già oggi delle infrastrutture necessarie per far fronte alle propria domanda di energia, senza dover investire ancora all’estero. E dunque, mentre in Africa proliferano progetti per combustibili fossili, il continente avrebbe invece bisogno di essere accompagnato nella transizione ecologica con opportune e mirate linee di investimento.

A supporto di questa richiesta, l’appello ricorda il meeting “Africa Climate Summit” di Nairobi, durante il quale società civile e capi di governo hanno chiesto lo stop ai combustibili fossili, la revisione del debito e investimenti nella transizione energetica. E ricorda anche la posizione dei vescovi africani riuniti nel SECAM (Symposium of Episcopal Conferences of Africa and Madagascar) i quali, a Nairobi nell’ottobre scorso, avevano invocato i leader politici di tutto il mondo, in vista della Cop28, a riconoscere il proprio dovere morale di preservare le comunità umane e le generazioni future dal cambiamento climatico, a partire proprio da politiche per l’eliminazione graduale ma totale dei combustibili fossili.

Queste, dunque, le richieste delle 5 organizzazioni firmatarie dell’appello al governo italiano: «L’immediata interruzione dei finanziamenti pubblici internazionali di progetti fossili a favore di soli investimenti sostenibili dal punto di vista ambientale, sociale ed economico»; un impegno verso «una riforma del sistema internazionale finanziario»; «programmare il raggiungimento almeno dello 0,7% del reddito nazionale lordo per l’aiuto pubblico allo sviluppo».

Occorre in definitiva «una riforma che ponga tutti i Paesi in condizione di avere accesso a volumi di capitale adeguati per una transizione energetica a zero emissioni e per la resilienza delle economie contro i crescenti impatti climatici».

Secondo Anabela Lemos della mozambicana “JA! Justica Ambiental” – una delle 29 organizzazioni che hanno appoggiato l’appello – «continuando a investire nell’esplorazione di combustibili fossili, aumenteranno le emissioni e ci allontaniamo da qualsiasi soluzione per risolvere il cambiamento climatico». I progetti fossili accrescono anche violenze, abusi e povertà nelle comunità locali.

È netta anche la posizione di Samuel Okulony, di Environment Governance Institute Uganda: «Per decenni, le istituzioni finanziarie pubbliche come le agenzie di credito all’esportazione hanno concesso miliardi di dollari a sostegno di progetti di combustibili fossili all’estero, con conseguenze negative per le comunità locali, in particolare in Africa». Molti Stati, Italia compresa, non hanno rispettato gli impegni assunti a Glasgow, accusa, con grande danno per le comunità locali africane.

Il campaigner Finanza e Clima di “ReCommon” Simone Ogno sottolinea che «gli effetti del cambiamento climatico sono tra noi, a qualsiasi latitudine», come dimostrato dalle recenti alluvioni in toscana. «È arrivato il momento che il governo italiano, attraverso le sue istituzioni di finanza pubblica, faccia la sua parte, a partire dallo stop ai finanziamenti pubblici internazionali per progetti fossili. Un’opportunità unica per orientare soldi pubblici a favore di politiche di mitigazione e adattamento in Italia, e per creare partenariati alla pari con i paesi a basso reddito – a partire da quelli africani».


* Foto di John R Perry da Pixabay

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