Lo sciopero della predica del vescovo e la voce della Parola
BRINDISI-ADISTA. «Per non stancare anche voi stasera come ho stancato gli ascoltatori di ieri sera, e non vorrei che qualche altro gridasse “basta”, ho pensato stasera di tacere. Accogliamo nel silenzio la Parola di Dio che è stata seminata nei nostri cuori». Con queste parole l’arcivescovo di Brindisi-Ostuni, mons. Giovanni Intini, ha omesso l’omelia il giorno dopo una contestazione al consueto discorso per la processione a mare dei santi patroni Teodoro e Lorenzo nel porto del capoluogo.
Il vescovo Intini non ha considerato quel “basta” un grido di festeggianti per i quali interessavano di più i fuochi delle sue parole. Con un gesto clamoroso, unico e irrituale, ha “parlato” e ha risposto con un silenzio provocatorio, omettendo l’omelia durante la messa pontificale per i santi Patroni della città.
A prescindere dai contenuti e dalla durata dell’intervento e dalle circostanze contingenti, quali l’attesa dei fuochi pirotecnici, il gesto di Intini non può essere ridotto a permalosità e polemica. Ciò che è accaduto è, per la chiesa locale e per la città, oggetto e materiale di riflessione e di approfondimento.
1) La voce di un cattolicesimo come agente sociale e come religione civile, anche la voce di una chiesa locale che si presenta come una “ong”, con iniziative sociali concrete, sembra non interessare più a nessuno. Se interessa a qualcuno è perché ha fini di strumentalizzazione politica e di parte.
2) Nelle attuali feste patronali la distinzione tra festa religiosa e festa civile è del tutto formale. In pratica, la dimensione religiosa scompare ed è totalmente ininfluente sulla vita di una città e di un paese. Una festa patronale può essere utile per mantenere una tradizione, mantenere vincoli sociali, ma non serve a far emergere nemmeno una dimensione religiosa tradizionale, presupposto della festa civile, legata a santi del passato e, oggi, sempre più in crisi;
3) Alla voce di preti e vescovi (eccezion fatta per qualche aspetto, quella di papa Francesco) gli stessi cristiani di anagrafe sono sempre più indifferenti. Lo scisma sommerso, se anziché silenzioso e indifferente, si facesse gridato e apertamente contestato, anche per tante omelie lunghe e noiose di preti, non sarebbe un male per un cattolicesimo in crisi soprattutto presso i giovani;
4) Quel “basta” proveniente dalla folla, può essere letto non come diretto a zittire la voce del vescovo ma diretto a dire basta a un cristianesimo monoculturale, monocorde e clericale che si è allontanato dal centro e dalla radicalità evangelica, e nasconde la nostalgia di quel Gesù di Nazareth per il quale, come emerge dai vangeli, Dio e la religione sono incompatibili, l’uno esige l’eliminazione dell’altra, a favore dell’uomo e della vita;
5) Anche il silenzio del vescovo, al solenne pontificale, “per non stancare”, può essere letto come l’umiltà di un pastore di una comunità che riconosce che il suo ministero si manifesta non solo con la parola e che invita la sua comunità religiosa brindisina a prendere atto di una situazione pastorale molto difficile da cui non si esce con la parola, i convegni, le riunioni e le feste patronali.
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