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Cosa significa “Sinodo” per un valdese o un metodista?

Cosa significa “Sinodo” per un valdese o un metodista?

Tratto da: Adista Segni Nuovi n° 44 del 13/12/2025

Prima di svolgere il mio ministero pastorale presso la chiesa metodista e la chiesa valdese di Trieste, ho vissuto per nove anni a Palermo. Tra le tante cose, lì ho scoperto che non esisteva un dialetto unico, una lingua siciliana comune, perché diverse cose avevano un nome diverso a seconda di dove ti trovi o che lo stesso nome può indicare due cose diverse. Il più celebre esempio è l’eterna lotta tra “arancino” e “arancina”; meno noto è “zazzamita” a Catania e “scurpiuni” a Palermo per chiamare quell’animale che in italiano è detto “geco”, senza tralasciare che “scurpiuni” nella Sicilia orientale indica proprio lo scorpione.

Questi e altri esempi di incomprensione sui nomi mi vengono in mente quando, da pastore protestante, reagisco al dibattito in corso nella Chiesa cattolica su Sinodo, sinodalità e cammino sinodale. La parola “sinodo” mi è, infatti, molto familiare: determina il ritmo circadiano della mia agenda annuale, insieme a Natale, Pasqua e ai compleanni di famiglia. Sentire le sorelle e i fratelli cattolici parlare di sinodo mi ha fatto molto piacere, perché me li ha fatti sentire più vicini di quanto già non siano. Allo stesso tempo, col passare del tempo, ho sviluppato la consapevolezza che per capire il cammino sinodale cattolico avrei dovuto evitare di proiettarvi la mia esperienza di sinodo.

Sinodo valdese e metodista

Così il contributo fraterno che ho pensato di dare al dibattito cattolico è la condivisione di cosa significa “sinodo” nella mia vita di pastore evangelico. Le Chiese valdesi e metodiste italiane si riuniscono in Sinodo una volta l’anno. A meno di convocazioni straordinarie, esso si tiene in Torre Pellice, capitale storica delle Valli valdesi in Piemonte. Ne fanno parte i pastori e le pastore, i membri delle commissioni sinodali amministrative (Tavola valdese, Comitato permanente metodista, Consiglio della Facoltà valdese e Diaconia Valdese) e i deputati e deputate delle Chiese locali. I pastori e le pastore con voce deliberativa non possono essere in numero maggiore dei cosiddetti “laici”.

Il senso del Sinodo è definito nei tre commi dell’articolo 27 della Disciplina generale delle Chiese valdesi (1974):

  • Il Sinodo è l’assemblea generale che esprime l’unità di tutte le Chiese evangeliche valdesi.
  • Il Sinodo nello svolgimento delle sue attività agisce nell’obbedienza alla Parola di Dio come assemblea di credenti, che ricerca la guida dello Spirito Santo.
  • Il Sinodo è la massima autorità umana della Chiesa in materia dottrinaria, legislativa, giurisdizionale e di governo.

Questa densa definizione, confermata anche nel Patto d’integrazione tra le Chiese valdesi e metodiste (1975), in sostanza stabilisce il Sinodo come garanzia dell’inesistenza ontologica di una base e di un vertice, di un popolo in relazione a una gerarchia. Nella quotidianità, poi, le cose non sono sempre così, ma la tendenza, la visione, l’obiettivo è dichiaratamente la concretizzazione dell’unità del Corpo indiviso di Cristo.

Le cose non sono sempre così nel senso che, per essere perfetto nello svolgimento del proprio compito, il Sinodo dovrebbe (ma allo stesso tempo non potrebbe) essere convocato permanentemente. Non potrebbe, perché la Chiesa deve vivere nel mondo e non solo una settimana a Torre Pellice. Pertanto, durante l’anno il compito di portare avanti questa visione del Corpo indiviso è delle Chiese locali e degli organi eletti dal Sinodo.

Oltre a questo, è chiaro che alcune persone più di altre sono in grado di influenzare e guidare l’assemblea sinodale, ovvero i pastori e le pastore che sono “professionisti” della maggior parte delle questioni dibattute e che dedicano tutto il loro tempo alla Chiesa. Pertanto, essi vivono (cioè noi viviamo) la responsabilità di essere consapevoli del potere derivante dalla competenza affinché non ne abusiamo.

Un altro aspetto particolare del Sinodo valdese e metodista è che ogni sessione sinodale è sovrana sul presente e sul passato. In altre parole, la decisione presa da un Sinodo può essere ribaltata dal Sinodo successivo. Succede abbastanza spesso su questioni “minori”. Questa caratteristica del Sinodo può essere discutibile, perché il rapporto con la tradizione non è questione solo cattolica. Da un punto di vista storico è interessante rilevare, però, che questa sovranità sul presente e sul passato è tipica del diritto anglosassone: il parlamento di Westminster ha la facoltà di annullare una decisione presa anche solo il giorno prima. Il legame tra la Camera dei Comuni di Londra e l’Aula sinodale di Torre Pellice viene dall’influenza operata nell’Ottocento dal generale britannico Charles Beckwith, di confessione anglicana e grande benefattore dei valdesi, e non è un caso che l’Aula di Torre sia strutturata con due file di banchi contrapposti come a Westminster e non a emiciclo come a Montecitorio.

Il nodo della sovranità

Ecco, ma appunto, chi è sovrano in una Chiesa? La risposta è la stessa in tutte le Chiese cristiane: il sovrano della Chiesa è il Signore Gesù Cristo. Ma come viene esercitata questa sovranità? Anche qui, è interessante notare il fil rouge con la Chiesa anglicana e la cultura politica e religiosa inglese. Non tutti avranno fatto caso che di fronte al presidente della Camera dei Comuni è poggiato un grosso scettro: rappresenta la sovranità del re. Dove risiede il re? Nella reggia. E la sovranità del re? In Parlamento.

Similmente, quando il Sinodo delle Chiese valdesi e metodiste si comprende come «massima autorità umana della Chiesa in materia dottrinaria, legislativa, giurisdizionale e di governo», significa che la signoria di Cristo è nel Sinodo. D’altra parte, a maggior ragione in questi tempi in cui facciamo memoria del Concilio di Nicea, l’aggettivo “umana” non può escludere Cristo.

Donne, Lgbti+, divorziati

Delle molte questioni di cui si è discusso durante il cammino sinodale cattolico degli ultimi anni, alcune sono passate anche per il Sinodo valdese e metodista. Non è un mistero che alcune di esse vi siano passate da tempo, al punto da diventare ormai punti fermi dell’identità delle Chiese valdesi e metodiste.

Il punto plasticamente più evidente è il ruolo della donna nella Chiesa. Al vertice delle nostre Chiese attualmente c’è una donna, la diacona Alessandra Trotta, all’ultimo anno del suo mandato da moderatora, la seconda donna a ricoprire questo ruolo dopo la pastora Maria Bonafede. A presiedere il Sinodo si nominano spesso donne. Al netto del fatto che non siamo una setta al cui interno vige una perfezione aliena al mondo, in Sinodo c’è una sostanziale pari dignità di uomini e donne.

Com’è materialmente avvenuto che alle donne fossero aperte le porte del ministero pastorale? Nello stesso modo in cui è presa la maggior parte delle decisioni importanti del Sinodo, cioè quando una o più Chiese locali presentano un’istanza sulla base della propria esperienza e riflessione teologica, che viene discussa, votata, eventualmente rimandata a tutte le Chiese locali affinché ne discutano ancora e ne riferiscano al Sinodo successivo e, infine, definitivamente approvata. Per la cronaca, a trainare le Chiese valdesi verso il pastorato femminile furono le Chiese siciliane negli anni ‘50 e ‘60 del secolo scorso.

Lo stesso si può dire dell’accoglienza delle persone omosessuali o divorziate. Non esiste la “teoria”, ma la pratica, cioè una Chiesa locale comunica che nella propria esperienza si è trovata ad affrontare la questione, ad esempio, di un figlio della comunità che si è scoperto omosessuale e che, allo stesso tempo, vuole continuare a far parte a tutti gli effetti della Chiesa senza rinunciare alla propria identità sessuale: cosa si fa? Se ne parla e, alla fine si decide.

Il nodo della democrazie

In conclusione, proprio a partire da quest’ultimo esempio, vorrei condividere un’ultima considerazione. Il Sinodo delle Chiese valdesi e metodiste è apparentemente democratico e si organizza secondo pratiche democratiche, ma la Chiesa non è una democrazia. Non è il popolo che comanda nella Chiesa, ma è Cristo che è sovrano nella Chiesa, che è costituita dal “popolo”, cioè da persone di ogni tipo, con ruoli, vocazioni e ministeri diversi. Questo significa che non non trionfa una posizione o una fazione, mentre l’altra soccombe come avviene in democrazia, ma che nel rispetto delle regole e delle procedure, chi “perde” è accolto da chi “vince”. Anche dove la Chiesa prende una decisione netta, chi dissente non può essere diviso.

Per questo è importante considerare come una responsabilità comune il compito di non dividere il Corpo indiviso di Cristo. Questo è quel che significa Sinodo per un valdese o un metodista. 

Peter Ciaccio è italo-irlandese, pastore delle chiese valdesi e metodiste di Trieste, si occupa di “teologia pop” ed è saggista esperto di relazioni tra fede e letteratura, cinema e musica. Ha scritto libri come “Il vangelo secondo Harry Potter”, “Il vangelo secondo i Beatles” e “Il vangelo secondo Star Wars”.

*Foto presa da Wikimedia Commons, immagine originale e licenza 

 

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