CATTOLICI IN POLITICA, OLTRE IL RECINTO DELLA BIOETICA. SEMINARIO DI "AGIRE POLITICAMENTE"
Tratto da: Adista Notizie n° 61 del 09/09/2006
33525. TODI-ADISTA. (dall'inviato) La vocazione cristiana è una vocazione politica, cioè alla "cura del mondo" per la realizzazione del "bene comune": è questa la sintesi del seminario estivo di "Agire Politicamente", il coordinamento di cattolici democratici che si è riunito a Todi lo scorso 24-27 agosto per riflettere sul tema "Domus, Urbs, Orbis: luoghi della vita e della politica".
"Quella del cristiano – spiega Lino Prenna, coordinatore nazionale dell'associazione – è una vocazione mondana perché il cristiano vive nel mondo e quindi è chiamato a costruirlo e a migliorarlo, avendo come obiettivo non il bene dei cattolici, da realizzare attraverso ‘leggi cattoliche', ma il bene comune, di tutti". Quindi in un'ottica di laicità - che tenga "ben distinte" fede e politica, Chiesa e Stato - e di relatività, lontano dagli integralismi, perché sa che "la salvezza non viene dal mondo".
Laicità e consapevolezza dei limiti della politica che vanno messe al primo posto anche secondo Pierluigi Castagnetti, vicepresidente della Camera e ultimo segretario del Partito popolare italiano, che rivendica il ruolo politico dei cattolici democratici in modo "che non sia la Chiesa a fare politica". Un ruolo però da riconquistare pienamente alla politica perché, secondo il deputato della Margherita, negli ultimi anni "i cattolici sembrano capaci di parlare solo di embrioni" e per questo si sono trasformati nei "burocrati morali della politica". "Dobbiamo rifiutare di fare i ‘cappellani di corte' - dice Castagnetti - e riprendere a parlare di democrazia, di Costituzione. Se non lo facciamo, siamo condannati all'irrilevanza; ma se non abbiamo più nulla da dire, allora è giusto che non contiamo più nulla". Sul futuro Partito democratico, in cui dovrebbe sciogliersi anche la Margherita, Castagnetti, pur ritenendolo "inevitabile", avanza qualche perplessità: "è importante che non ci si arrivi per forza di inerzia, perché non si sa più cosa fare". E rilancia il ruolo del cattolicesimo democratico che "deve essere riconosciuto come parte costitutiva del nuovo soggetto politico, con la stessa dignità delle culture socialista e liberale".
Perplessità condivise da tutta l'associazione che, in un comunicato finale, pur ritenendo che "la prospettiva del Partito democratico sia una opportunità di evoluzione della politica italiana", esprime preoccupazione "per le modalità con le quali si sta procedendo" alla sua formazione: c'è il rischio che si tratti di "un puro e meccanico assemblaggio delle forze in esso presenti". Per invertire la tendenza chiede il coinvolgimento dell'associazionismo di base e del mondo della cultura e conferma la disponibilità del cattolicesimo democratico, "purché questa tradizione culturale e politica sia coprotagonista del processo stesso e ne determini il percorso virtuoso". Anche per non dare il via libera al cattolicesimo conservatore in salsa ciellina-berlusconiana che si è visto al Meeting di Rimini, dove l'ex presidente del Consiglio Silvio Berlusconi – il quale ha rivelato che fu don Giussani a dargli per primo la patente di "uomo della Provvidenza" – ha evocato il sogno di "un'Italia cattolica" e "degli italiani" contro "il Paese plurietnico e pluriculturale a cui pensa la sinistra". Agire politicamente "denuncia le preoccupanti collusioni fra alcune associazioni cattoliche e tendenze politiche conservatrici emerse dal recente Meeting di Rimini, che rischiano di trasformare Comunione e Liberazione in una sorta di ‘braccio religioso' di forze che, per loro natura e per gli orientamenti, l'ideologia mercantile e consumistica cui si ispirano, appaiono lontanissimi dai valori del cristianesimo". (luca kocci)
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