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NON SOLO LITURGIA. DIETRO L'APERTURA AL RITO TRIDENTINO LA SCONFESSIONE DEL VATICANO II. REAZIONI IN FRANCIA

Tratto da: Adista Notizie n° 77 del 04/11/2006

33605. PARIGI-ADISTA. La recente decisione di papa Benedetto XVI di riammettere in seno alla Chiesa una parte dei lefebvriani, consentendo loro l'uso esclusivo del rito tridentino nella liturgia (v. Adista n. 65/06), sta spaccando – come temuto – la Chiesa in Francia, da sempre caratterizzata da forti spinte uguali e contrarie verso conservatorismo e innovazione. L'erezione della società di vita apostolica Institut du Bon Pasteur con sede a Bordeaux, che raccoglie alcuni sacerdoti fuoriusciti dal movimento di mons. Marcel Lefèbvre, ma anche le voci insistenti riguardo alla imminente pubblicazione di un motu proprio del papa sulla reintegrazione del rito tridentino, che porrebbe la messa di San Pio V come liturgia "straordinaria" ma legittima accanto a quella "ordinaria" di Paolo VI (v. Adista n. 73/06), hanno provocato infatti reazioni forti di malcontento nel clero (v. notizie successive). E mentre si attende con ansia la prossima assemblea plenaria dei vescovi (in programma a Lourdes dal 4 al 9 novembre), nel cui ordine del giorno figura il resoconto dei membri della commissione creata lo scorso aprile (il card. Bernard Panafieu, vescovo emerito di Marsiglia, mons. Bernard Aubertin, arcivescovo di Tours e mons. Alain Planet di Carcassonne) per decidere il posto da accordare ai preti tradizionalisti nelle diocesi, il malcontento è emerso in tutta la sua gravità in un'occasione "ufficiale" della Chiesa francese. Quello che doveva essere un incontro celebrativo tra liturgisti per i 50 anni dell'Istituto Superiore di Liturgia dell'Università cattolica di Parigi, dal 26 al 28 ottobre, presieduto dall'arcivescovo di Parigi mons. André Vingt-Trois e alla presenza del card. Francis Arinze, prefetto della Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti, è diventato in effetti un momento di dibattito accorato sugli sviluppi della questione del rito tridentino.

In apertura, mentre il card. Jean-Pierre Ricard, arcivescovo di Bordeaux (la diocesi più toccata dalla riammissione dei lefebvriani) era a Roma per un tête à tête col papa - preceduto, il 23, dall'ex arcivescovo di Parigi card. Jean-Marie Lustiger - mons. Vingt-Trois suscitava una vera ovazione con la sua relazione introduttiva: un attacco frontale a chi, col pretesto della liturgia, vuole affossare il Vaticano II. "La questione fondamentale – ha detto – non è la lingua utilizzata, ma la questione della legittimità della Chiesa nel decidere le modalità della sua liturgia. Chi può fissare le letture autorizzate? Chi può definire il calendario liturgico? Chi definisce le feste da celebrare, i santi da venerare, ecc.? Qual è, a questo proposito, la responsabilità di ogni vescovo nel suo incarico pastorale?". E ha constatato che in Francia "la liturgia è stata strumentalizzata in un dibattito di altro livello": se, ha detto, "sotto alcune fantasie o derive liturgiche, si è potuto riconoscere un'autocelebrazione dell'assemblea stessa sostituitasi alla celebrazione dell'opera di Dio, o l'annuncio di un nuovo modello di Chiesa", d'altra parte, "sotto il pretesto della mobilitazione per la difesa di un'altra forma liturgica, si è assistito in realtà ad una critica radicale del Concilio Vaticano II, cioè al rifiuto puro e semplice di alcune sue dichiarazioni. Il rifiuto dei testi liturgici regolarmente promulgati è stato seguito dall'ingiuria pubblica verso i papi e coronato da fatti di violenza come l'occupazione con la forza di una parrocchia a Parigi e un secondo tentativo fallito da parte degli stessi autori". Per l'arcivescovo parigino, dunque, la vera posta in gioco è il "senso dell'unità ecclesiale nella comunione con la Sede di Pietro", ma anche "l'autorità di un concilio ecumenico e delle sue dichiarazioni votate dall'insieme del collegio episcopale e promulgate dal primo dei vescovi, capo del collegio".

Arinze - non stupisce - ha fatto da contrappeso, ribadendo "il manierismo apertamente egocentrico" delle attuali messe domenicali e il fatto che per lui la posta in gioco è la "banalizzazione, la desacralizzazione e la secolarizzazione" nella liturgia; fustigando chi pronuncia omelie ricche di "considerazioni di ordine sociologico, psicologico o, ancora peggio, politico"; e insistendo sul ruolo centrale del sacerdote: se questo viene indebolito, ha detto, "una comunità cattolica locale può pericolosamente scivolare nell'idea che sia pensabile una comunità senza sacerdote". (ludovica eugenio)

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