SANTO PADRE, NON LO FACCIA!
Tratto da: Adista Documenti n° 80 del 11/11/2006
Si potrebbe vedere, nelle dispute intorno alla liturgia, semplici battibecchi di chierici senza importanza. Chiudiamo la porta della sacrestia e passiamo alle cose serie. Ma sappiamo bene che la sfida di questo ritorno alle abitudini di ieri è proprio l'immagine che la Chiesa ha di sé stessa e che vuole mostrare al mondo. Se, come crede, è il Sacramento dell'Unione degli uomini nell'amore del Padre, essa lo dice meglio e più forte con qualche gesto pubblico che con pesanti tesi teologiche riservate agli specialisti.
Quando il sacerdote volge le spalle al popolo e si mette a parlare in un'altra lingua, è abitato da un altro spirito rispetto a quando si siede in mezzo a tutti per condividere la sua gioia di credere. Da una parte, Dio, capo e giudice, che chiede di essere obbedito; dall'altra, un Dio che invia suo Figlio per rivelare il suo cuore di Padre. Da una parte, ufficiali fieri della parte di autorità divina che Egli ha loro concesso, dall'altra fratelli scelti per leggere insieme il Vangelo di Gesù Cristo.
Se il Concilio Vaticano II ha tanto segnato la Chiesa contemporanea, è perché è stato pastorale e non dottrinale. Ha risvegliato qualcosa della Tradizione che un cristianesimo addormentato nelle proprie certezze aveva forse dimenticato. La Chiesa si ricorda di essere "serva e povera", di essere fatta per portare all'angoscia del mondo la speranza e la fiducia. Si tratta di questo e non solo di capricci nel gusto delle cerimonie.
I molteplici segni di freddezza, lo smarrimento di una istituzione meno trionfante, la nostalgia di una Chiesa più sicura di sé, la ricerca angosciata di segni di identità, la ripresa in mano clericale di alcuni ambiti, l'autorità ritrovata del teologo sul pastore, tutto questo è proprio di una Chiesa che è tentata di camminare "all'indietro, come i gamberi", come dice Umberto Eco. Ed è in questa situazione che ci viene annunciato come imminente un decreto pontificio che permetterebbe, a tutti coloro che vogliono, di tornare a prima del Concilio.
Che vi sia al cuore delle nostre comunità un dibattito, è senza dubbio normale. Non si guida una flotta tanto multiforme come la Chiesa senza tensioni e neppure senza qualche scontro. Ma quando è l'ammiraglio a sembrare esitante nel proseguire la strada, questo è molto più grave. Che si chieda di fare posto a una barca che si era perduta, perché no? Ma che questa pretenda di porsi alla testa per cambiare la direzione generale, non si può accettare. Che si dia ad ogni prete, come si lascia intendere, la possibilità di fare dietrofront, sotto il pretesto della tolleranza e della carità, significa abbandonare la flotta all'anarchia. La squadra allora sarà soltanto una flotta da diporto.
Vorrei gridare al nostro papa prima che sia troppo tardi: non lo faccia! Lei ascolta i lamenti di qualche refrattario e le sue analisi precedenti mostrano che lei condivide una parte delle loro recriminazioni. Ma, di grazia, lei è papa! Non permetta alla nostra Chiesa di avventurarsi in nuove tempeste in cui tanti suoi figli ancora si allontaneranno. Lei rimprovera al post-Concilio di aver esagerato la rottura… Non creda che una nuova rottura riporterà la saggezza. Lei ha mostrato, da quando è papa, il viso di pastore che il suo ruolo di teologo aveva oscurato. Non deluda tutti coloro che hanno sinceramente apprezzato ciò che lei ha detto e fatto fino ad oggi.
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