NUOVO INCONTRO TRA TEOLOGIA DELLA LIBERAZIONE E FORUM SOCIALE MONDIALE: LE SFIDE, I LIMITI, LE POTENZIALITÀ
Tratto da: Adista Documenti n° 18 del 03/03/2007
DOC-1835. NAIROBI-ADISTA. (dall'inviata) Che sia per la difficoltà di ripetersi, o perché ci si aspetta di più, il secondo passo può risultare a volte più faticoso del primo. Così è stato forse per la seconda edizione del Forum Mondiale di Teologia e Liberazione (Fmtl), nato a Porto Alegre nel 2005 con l'obiettivo di accompagnare il Forum Sociale Mondiale, vincolando la Teologia della Liberazione alla lotta del movimento altermondialista. Era riuscito, il primo Forum (v. Adista nn. 18, 20, 22 e 26/05), nella straordinaria impresa di riunire duecento teologi e teologhe dei diversi Continenti, attorno al tema di "una teologia per un altro mondo possibile", mostrando quanto la Tdl, data ripetutamente per moribonda, se non per morta, dentro e fuori il Vaticano, avesse tutt'altro che esaurito la propria forza vitale. Due anni dopo, seguendo il Forum Sociale Mondiale a Nairobi, il secondo Fmtl (svoltosi nei giorni immediatamente precedenti, dal 16 al 19 gennaio, nel convento dei carmelitani a Langata) aveva di fronte a sé, malgrado le non poche difficoltà logistiche e le assai limitate risorse economiche, la duplice sfida di dare continuità al processo e di far tesoro delle critiche raccolte dalla prima edizione, la quale - era stato sottolineato - era risultata troppo accademica, aveva concesso poco spazio al dibattito e aveva lasciato la realtà sullo sfondo, trascurando la riflessione sull'impegno a fianco dei movimenti sociali. Gli organizzatori (istituzioni legate alla ricerca teologica come l'Associazione dei teologi del Terzo Mondo, Amerindia, Soter) sono corsi ai ripari, aprendo la partecipazione a rappresentanti di movimenti di base, al di fuori dunque della ristretta cerchia dei teologi di professione, e seguendo una metodologia centrata meno sulle conferenze e più sui seminari e i laboratori tematici. Inserendo anche, in programma, un pomeriggio - apprezzatissimo - di immersione nella realtà africana, attraverso la visita, a scelta, di due slum di Nairobi, Kibera e Korogocho, e di un centro coordinato dalle Missionarie della Carità nel cuore di un'altra baraccopoli, Huruma. Una discesa nei "sotterranei della vita e della storia" - come li definisce il comboniano Alex Zanotelli, presente ai lavori - che ha rappresentato il punto più alto del Forum, quello che ha dato carne e sangue alla riflessione svoltasi nei quattro giorni dell'incontro.
Troppa religione, poco mondo
La sfida, però, è stata solo parzialmente vinta. Né, del resto, poteva essere altrimenti, trattandosi di un processo appena avviato, fortemente sperimentale e profondamente complesso, oltre che condotto con mezzi economici inadeguati. Se nel primo Forum c'era stata "troppa teologia", in questo secondo, a giudizio di molti, ce ne è stata fin troppo poca, e senza che sia conseguentemente aumentato lo spazio dato al secondo termine del binomio, quello della "liberazione". Le religioni - è stato sottolineato - hanno parlato troppo di se stesse e troppo poco del mondo: del mondo "altro" che si vorrebbe costruire ma anche del mondo attuale con i suoi innumerevoli drammi - solo qualche cenno, per esempio, alla catastrofe ambientale che incombe sul pianeta - e con le sue speranze di cambiamento, a cominciare da quelle che sembrano emergere oggi dall'America Latina. È ancora tutta da colmare, dunque, la distanza da quel Forum Sociale Mondiale che il Forum di Teologia si proponeva di accompagnare, per affrontarne i temi da una prospettiva di fede.
Le novità della seconda edizione
Centrato sul tema di "una spiritualità per un altro mondo possibile", il secondo Forum, a cui hanno preso parte oltre trecento persone (ma con assenze importanti tra i più noti teologi della Liberazione, a cominciare da quelli asiatici), si è aperto con una celebrazione ecumenica di impronta africana, scandita dai ritmi e dai canti - oltre che dalla preghiera a Dio "madre vulnerabile" - di una delle tante Chiese indipendenti del Continente, la Israeli African Inland Church - Niniveh, a cui è seguito il forte richiamo di Mvume Dandala, segretario generale della Conferenza delle Chiese di tutta l'Africa, sul tema del cambiamento climatico ("perché l'Africa già così provata – ha detto – deve ora anche pagare per i mutamenti climatici prodotti dal mondo ricco?"). Nella prima sessione dei lavori, François Houtart ha offerto un'analisi approfondita della situazione economica mondiale, seguita dalla riflessione di tre teologi del Sud del mondo, Tinyiko Maluleke per l'Africa, Rohan Silva per l'Asia e Jon Sobrino per l'America Latina, riguardo alle conseguenze dell'attuale modello di globalizzazione sulla religione, le Chiese e la teologia. Alla realtà socio-religiosa dell'Africa (analizzata da John Mary Lukwata e da Philomena Mwara) è stata dedicata la mattina del secondo giorno, prima dell'incontro con la crudele povertà degli slum di Nairobi, dove – come ha scritto Alex Zanotelli sul sito di Nigrizia – "i prediletti di Dio", gli impoveriti e gli oppressi, hanno potuto insegnare ai teologi " la vera spiritualità": "è stato bellissimo - ha commentato Zanotelli - essere ricevuti a Korogocho da una delegazione di cristiani in rappresentanza di ventisei piccole comunità cristiane e delle varie Chiese presenti nella baraccopoli. ‘Non siete venuti qui a Korogocho - ci ha detto un giovane, J. Oluoch - per vedere uno zoo di sofferenza umana. Qui troverete speranza, gioia di vivere, capacità di lottare e di danzare la vita'".
Le novità metodologiche della seconda edizione del Forum si sono espresse in particolare il terzo giorno, con tre sessioni di seminari sui temi più diversi: dalla cultura africana alla lotta all'Aids, dal traffico di donne ai valori della famiglia in Africa, dagli slum allo sviluppo rurale, dalla questione di genere a quella ambientale. Senza dimenticare i seminari sulle teologie indigene, nere ed ecofemministe, su "una spiritualità laica per un altro mondo possibile", sulla psicoanalisi del cristianesimo (tenuto dallo psicoanalista e rappresentante di "Noi siamo Chiesa" Luigi de Paoli), sul tema "Ricostruire la speranza" (promosso dal gruppo spagnolo di "Cristiani per il socialismo"). Due sessioni di lavoro - su "Dialogo interreligioso da una prospettiva liberatrice" e su "Spiritualità e rispetto della diversità" - hanno segnato la quarta e ultima giornata di lavoro, conclusasi, durante un'intensa cerimonia, da un applauditissimo intervento di Desmond Tutu.
Religioni e lotta di classe
Se il Forum si muove ancora sostanzialmente all'interno di una teologia cristiana della liberazione, la tavola rotonda sul dialogo interreligioso ha potuto contare, tuttavia, sulla presenza di rappresentanti dell'islam, della religione tradizione africana e dell'induismo, oltre che del cristianesimo. E se il rappresentante dell'islam ha posto l'accento sulla tranquilla convivenza di cristiani e musulmani in tante regioni dell'Africa, e sulla loro feconda collaborazione nella difesa dei diritti umani e nella lotta all'Aids - non senza sottolineare i frequenti fraintendimenti di cui è oggetto il Corano, a partire della distorta interpretazione della jihad, di cui viene omessa sistematicamente la componente della lotta per la giustizia e contro l'oppressione - Laurenti Magesa ha ricordato la distruzione della spiritualità e dell'identità culturale africane da parte dell'Europa, che, al di là dei danni provocati dal colonialismo, avrebbe imposto, con il suo approccio estremamente razionalista, una distinzione tra sacro e profano, tra ragione ed emozione, completamente estranea alla cultura africana, che considera sacra tutta la creazione, in quanto "interamente espressione del potere divino". È stato invece il rappresentante dell'induismo, Purshottam Rao, a porre la spiritualità, intesa come potente forza di trasformazione, in rapporto al cambiamento climatico (che a fine secolo porterà ad un innalzamento di cinque metri del livello dei mari, con la conseguente scomparsa di isole e Paesi), alla povertà, alla produzione di armi da parte di Paesi che pure "dichiarano la propria fede nella democrazia e nei diritti umani". A tutti loro si è rivolta, durante il dibattito, la teologa metodista Nancy Cardoso, sottolineando come il cristianesimo, in cui "continua a identificarsi una minoranza bianca", sia "parte del problema" e soprattutto invitando le religioni a "prendere posizione rispetto alla lotta di classe". Un invito non raccolto da nessuno dei relatori della tavola rotonda.
Nessuna conclusione
Fedele, in ciò, allo spirito del Forum Sociale Mondiale, il Forum di Teologia e Liberazione non ha elaborato un documento conclusivo. Anche il progetto di una lettera finale al Fsm e al mondo da parte dei membri del Fmtl è venuto meno di fronte alle numerose riserve espresse riguardo alla bozza letta in assemblea da una rappresentante del Comitato locale: tra i tanti rilievi critici, non è affatto piaciuto che il testo ricordasse la figura di Madre Teresa di Calcutta e non quella di mons. Oscar Romero e dei tanti martiri della lotta per la giustizia.
Nulla è stato detto, in chiusura, a proposito della prossima edizione del Fmtl. Nella riunione di valutazione finale tra gli organizzatori, rispetto all'ipotesi di tenere il Forum ogni 4 anni, sembra essere prevalsa la posizione di chi vuole che continui a svolgersi ogni 2: con ogni probabilità, pertanto, il Forum di teologia accompagnerà il Forum Sociale Mondiale del 2009 nel luogo che verrà scelto come sede (tra i più accreditati, Salvador de Bahia in Brasile e una città dell'Africa francofona).
In questo numero speciale, offriamo un quadro complessivo del Forum, soffermandoci su alcuni dei momenti più alti dell'incontro e sulle opinioni di alcuni dei teologi presenti a Nairobi, per rimandare ai prossimi numeri gli approfondimenti su singoli temi. Iniziamo la nostra rassegna con un'intervista a Carlos Susin, segretario generale del Fmtl, sul processo organizzativo della seconda edizione, seguita da un commento del teologo brasiliano Marcelo Barros. (claudia fanti)
Adista rende disponibile per tutti i suoi lettori l'articolo del sito che hai appena letto.
Adista è una piccola coop. di giornalisti che dal 1967 vive solo del sostegno di chi la legge e ne apprezza la libertà da ogni potere - ecclesiastico, politico o economico-finanziario - e l'autonomia informativa.
Un contributo, anche solo di un euro, può aiutare a mantenere viva questa originale e pressoché unica finestra di informazione, dialogo, democrazia, partecipazione.
Puoi pagare con paypal o carta di credito, in modo rapido e facilissimo. Basta cliccare qui!