UNA "NOTA" CHE NON CAMBIA LA NOSTRA CONDOTTA. COMMENTI CATTOLICI AL DOCUMENTO DELLA CEI
Tratto da: Adista Notizie n° 27 del 07/04/2007
33827. ROMA-ADISTA. Mentre la Nota del Consiglio Permanente della Cei (v. articolo precedente) ha raccolto, come era da attendersi, lo scontato plauso del centrodestra e dei teo-dem - che nel testo diffuso dai vescovi hanno visto, come ha detto il senatore della Margherita Enzo Carra, la giustificazione definitiva della loro opposizione ai Dico ("Avevamo perplessità prima, siamo contrari adesso") - i politici cattolici del centrosinistra hanno cercato in vari modi di ‘attutire il colpo': i Cristiano Sociali, da Mimmo Lucà a Giorgio Tonini, non ravvisano infatti nella Nota motivi per dire no al ddl sui Dico nella sua formulazione attuale e, quindi, per cambiare la propria linea.
Secondo Tonini, c'è "una sintonia quasi clamorosa tra il programma dell'Ulivo e la Nota". Infatti, spiega il senatore Ds ad Adista, "la Cei riconosce che le persone conviventi sono meritevoli di ‘tutela giuridica'; quel che conta è che, surrettiziamente, non sia riconosciuta dalla legge l'unione in quanto tale". In questo quadro, la scelta tra le due "ipotesi di lavoro" oggi sul tavolo, i Dico o il contratto privato sottoscritto dai due conviventi, magari dal notaio, è libera e, secondo Tonini, "giustamente la Cei si ferma sulla soglia di questa traduzione legislativa".
Nessun contrasto tra Dico e Nota anche per il costituzionalista Stefano Ceccanti, capo ufficio legislativo del Ministero delle Pari Opportunità, che mette anche in evidenza il fatto "estremamente positivo" che la Nota "intervenga a discussione del tutto aperta in Parlamento e nel Paese e non rispetto a un voto finale imminente".
Apprezzamento per la Nota dei vescovi anche dagli ex-popolari, da Pierluigi Castagnetti al coordinatore della Margherita Antonello Soro. Anche Rosy Bindi mette in evidenza il fatto che il ddl del governo di cui è co-autrice "si ispira alla medesima impostazione (nella relazione illustrativa addirittura ci si esprime quasi con le stesse parole), in quanto non crea alcuna figura giuridica alternativa".
Ma a chiudere ai cattolici democratici anche la "porta stretta" di un'interpretazione riduttiva della Nota ha subito provveduto, dai microfoni di Radio Vaticana, mons. Giuseppe Anfossi, vescovo di Aosta, che nella Cei è presidente della Commissione per la Famiglia: "Fondamentalmente", ha dichiarato, "si tratta di dare una risposta a coloro che si interrogano sui Dico, se possano essere accettati da un legislatore che è un buon cristiano: se può votarli. È una risposta che potremo dire anche quasi tecnica: il legislatore che si sente parte della Chiesa non può".
Dentro la Chiesa
Ben diverse, rispetto a quelle dei cattolici impegnati in politica cui la Nota è direttamente rivolta, le reazioni all'intervento della Cei tra alcuni preti diocesani. "Incapaci di intendere e di volere… e bisognosi di vedere illuminata una coscienza, evidentemente, obnubilata da anni di inebriamento democratico": sono così i cattolici voluti dalla Cei secondo don Gianfranco Formenton. E tra i ranghi del clero la Nota dei vescovi sembra aver ricevuto un'acco-glienza molto meno benevola che tra i laici cattolici a cui essa era esplicitamente diretta. Di seguito, alcune delle voci raccolte da Adista: (a. s.)
Don Gianfranco Formenton, parroco di S.Angelo in Mercole e S.Martino in Frignano, Spoleto (Pg).
Incapaci di intendere e di volere… e bisognosi di vedere illuminata una coscienza, evidentemente, obnubilata da anni di inebriamento democratico e di pericolosa deriva… da cattolicesimo democratico. Così appare l'intervento della Cei nei confronti dei cattolici impegnati in politica. Perché non enuncia principi che tutti già conoscono (siamo tutti d'accordo che la famiglia è "la normalità") ma colpisce quei politici e quella parte politica, praticamente considerati, politicamente, dei "minorati", incapaci di intendere e di volere, cattolicamente. Si configura così nei loro confronti la richiesta di un'"obbedienza" religiosa (visto che la "coscienza", da sola, e non sufficientemente formata, non sembra bastare a difendere il "progetto culturale" dei vescovi). (…)
Legittimo l'appello all'uguaglianza di tutti i cittadini… Legittimo auspicare una "disobbedienza" civile dei cattolici impegnati in politica e cresciuti nei valori del cattolicesimo democratico, in nome del rispetto di tutti e soprattutto in nome della maturità dei fedeli cristiani impegnati in politica… e in nome della ‘coscienza' dei fedeli laici che fanno politica.
No. Pretendere obbedienza religiosa in campo politico è ridurre la Chiesa ad una setta, forse la più grande setta esistente in Italia, ma una setta. Fare del principio religioso il criterio dell'azione politica è tradurre, in salsa italiana, l'ideologia dei talebani. È misconoscere il cammino di un secolo di impegno politico dei cattolici. È rinnegare la teologia del dialogo. È piegarsi alla politica del "muro contro muro". È fondamentalismo cattolico. (…)
Nella "res publica" ci sono anche gli omosessuali e i conviventi e i separati e i divorziati…e ogni altra specie di persone che hanno il diritto che i loro diritti non siano confinati nel privato, ma riconosciuti giuridicamente dalla Repubblica. Non è venire meno alla "coscienza" cattolica riconoscere tali diritti… anche se a noi personalmente non interessano.
Che cosa toglie a noi se altri hanno dei diritti? Che cosa toglie alla verità, alla sacralità dei principi? Che cosa ne viene a noi se riuscirete ad impedire con la forza del vostro peso politico che altri non abbiano dei diritti di cui hanno bisogno per vivere? Aumenterà la verità del nostro Vangelo? Il prestigio della nostra Chiesa? Il senso di una Chiesa "che tutti accoglie"?
La verità si impone ancora in forza di se stessa... o ha bisogno di un "aiutino"?
Don Aldo Antonelli, parroco di Antrosano (Aq).
Siamo alla talebanizzazione della chiesa e alla ideologizzazione della teologia.
Una chiesa che si autoidentifica con il "clero", peggio ancora con la "gerarchia", supportata da una teologia daltonica che non ha occhi per vedere se non se stessa, cosa ha più a che fare con il proprio statuto fondativo che è il Vangelo di Gesù di Nazareth?
Un papa che afferma che "tutti i cristiani devono ascoltare la chiesa" sovverte il concetto stesso di chiesa e mortifica il ruolo dei christifideles in essa. Non più, quindi, la Chiesa come popolo di Dio che i pastori sono tenuti ad ascoltare e servire, ma un popolo di minorenni incapaci che devono solo ascoltare ed eseguire. Così, in questa involuzione a precipizio, la gerarchia viene dispensata dall'ascolto e al popolo viene tolta la parola! Siamo in un mondo di mutilati.
A questo desolante scenario corrisponde, in campo politico e sociale, un ammutinamento omertoso e interessato di personaggi adusi all'adulazione e alla prostrazione. Sembra che la genuflessione sia diventato un nuovo sport nei due rami del Parlamento.
Dove quel sano orgoglio di laici che fa parlare a testa alta delle proprie competenze e della propria autonomia?
Dove quel sacro ardire di "atei" che rivendicano per sé rispetto e dignità?
Don Beppe Scapino, parroco a Ivrea, ex-direttore del Risveglio Popolare.
La Nota è fonte di disagio per la tendenza che essa rivela di pensare il matrimonio come un fatto ‘doveroso' per tutti. Un conto è se una proposta evangelica, religiosa, che chiede la libera adesione del singolo; un altro è una legislazione civile che vuole essere valida per tutti. I Dico, bisogna ricordarlo, non sviliscono la proposta religiosa del matrimonio come unione tra un uomo e una donna per sempre e non cercano di sostituirsi ad essa, né vogliono imporsi come modello unico ed esclusivo per la società.
Don Vittorio Cristelli, ex-direttore di Vita Trentina.
Con la Nota arriva la conferma della posizione sostenuta dalla Cei fino a oggi: solo, ora la si afferma con il sostegno della citazione di Ratzinger. Di fronte alla durezza della polemica, mi sembra importante ricordare quanto ha detto il card. Poletto alla presentazione della Nota: "A quanti vivono la situazione di unioni di fatto, anche omosessuali, desidero far giungere una mia parola di padre e pastore, sempre attento all'accoglienza e al dialogo". Questo invito al dialogo mi sembra importante.
Da una parte, infatti, c'è l'esigenza nella Chiesa di fare leggi e stabilire principi; dall'altra, la necessità dell'annuncio evangelico: questi due aspetti, oggi, vengono vissuti in modo contraddittorio. In queste ultime settimane mi sono trovato a predicare sulle parabole evangeliche del figliol prodigo e dell'adultera. E in questi testi è chiaro come il Vangelo chieda di andare oltre la legge. Mentre noi cattolici ci stiamo straziando tra di noi proprio sulla legge, e su una legge civile, nemmeno morale.
Poi, aggiunto a tutto ciò, ci sono le strumentalizzazioni della politica, con l'interesse della destra di mettere in difficoltà e magari far inciampare di nuovo il governo. E mi fa meraviglia che i vescovi non notino - o facciano finta di non notare - queste operazioni, e vivano come in un limbo, isolati da quanto succede nella società e nel Paese.
Castagnetti, la Bindi, altri politici cattolici, sono concordi nel dire che la Nota non è in contrasto con il disegno di legge sui Dico. E questo allora mi fa venire il dubbio che sotto ci sia qualcosa di politico, anzi di partitico, perché la parola ‘politico' avrebbe una sua dignità.
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