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IL "MIO" GESÙ. PRESENTATO A ROMA IL LIBRO DI PAPA RATZINGER

Tratto da: Adista Notizie n° 31 del 28/04/2007

33850. ROMA-ADISTA. Provocherà - lo ha già fatto anche in Vaticano (con singolari censure) - reazioni disparate il Gesù di Nazaret di Joseph Ratzinger - Benedetto XVI, presentato ufficialmente venerdì 13 aprile e in vendita nelle librerie da lunedì 16 (giorno in cui il papa ha compiuto 80 anni) nell’originale tedesco e nelle traduzioni in italiano (Rizzoli, pag. 448, 19,50 euro), polacco e greco, in attesa di venir tradotto in un’altra ventina di lingue.

Una presentazione ‘censurata’
La presentazione del volume è avvenuta nell’aula del Sinodo, davanti ad una dozzina di cardinali e numerosi prelati, oltre a molti giornalisti. In prima fila, ossequiatissimi dai porporati, due importanti politici ex democristiani: Giulio Andreotti e Francesco Cossiga. A far gli onori di casa il direttore della Sala stampa vaticana, p. Federico Lombardi, mentre “relatori” sono stati il card. Cristoph Schönborn, arcivescovo di Vienna, il filosofo Massimo Cacciari e Daniele Garrone, decano della Facoltà valdese di teologia a Roma. Nella premessa al volume, datata 30 settembre 2006, e significativamente firmata Joseph Ratzinger – Benedetto XVI, l’autore precisa: “Questo libro non è in alcun modo un atto magisteriale, ma è unicamente espressione della mia ricerca personale del ‘volto del Signore’ (cfr. Sal 27,8). Perciò ognuno è libero di contraddirmi. Chiedo solo alle lettrici e ai lettori quell’anticipo di simpatia senza il quale non c’è alcuna comprensione”. E aggiunge di aver iniziato a scrivere il libro durante le vacanze estive del 2003, dunque quando era ancora cardinale, e di averlo terminato una volta eletto papa. Ancora, il pontefice spiega che il piano dell’opera è in due volumi: questo primo, che riflette su Gesù dal battesimo nel Giordano alla Trasfigurazione, e un secondo (che uscirà quando sarà possibile), che parlerà dei vangeli dell’infanzia e poi della passione, morte e risurrezione di Cristo.Schönborn ha lodato l’opera che, ha detto, in un momento in cui la Chiesa (romana) viene da alcuni accusata di “soffocare con oscure cospirazioni” la verità su Gesù, descrive invece limpidamente la verità del vangelo, e mostra la “coerenza” di quello che il papa afferma come punto fondante delle sue riflessioni: il legame inscindibile e pieno tra il “Gesù storico” e il “Cristo della fede”. In effetti, Ratzinger apprezza il metodo storico-critico oggi in voga per interpretare le Scritture, ma ne mette in evidenza anche quelli che, a suo giudizio, ne sono i limiti.Cacciari da parte sua ha notato: “Tutto il libro di Ratzinger ruota intorno a questa idea: ‘Io – dice Cristo – sono la Verità’. Questo problema interroga e inquieta per forza la ragione. Però qui vi è un ulteriore problema, un ulteriore dramma, perchè Gesù di sé non dice soltanto di essere la Verità, ma anche la Via… Questo è il dramma che da allora inquieta la stessa ricerca filosofica: capire Verità e Via come uno, nella loro differenza”.Garrone, invece, ha definito quella del pontefice una “meditazione appassionata”, che “restituisce il ritratto del Gesù del Nuovo testamento” e che offre l’occasione di sperimentare quella che è la sostanza dell’ecumenismo: “il sapere che dove io cerco il volto di Dio trovo sempre qualcun altro, diverso da me, che lo cerca come me e con cui posso sentirmi compagno di viaggio sulla stessa strada e nella stessa passione per l’evangelo”. Ma poi il docente valdese ha fatto due critiche sostanziali al libro. La prima riguarda la tesi, affermata nell’introduzione del libro, secondo cui il “Gesù della fede” coincide con il “Gesù storico”. Un’operazione impossibile, per Garrone, a causa del “paradosso della verità cristiana. La fede cristiana riguarda la vicenda di un uomo assolutamente marginale per i suoi contemporanei, nel quale però i cristiani hanno visto e trovato la rivelazione di Dio. Una verità, questa, che non può essere dimostrata o difesa apologeticamente, ma solo affermata attraverso la propria fede”.La seconda considerazione critica di Garrone riguarda la punta polemica con cui il libro considera il mondo moderno e la società post-cristiana nella quale valori essenziali sarebbero andati persi: “La situazione di post-cristianità che stiamo vivendo può anche essere vista come salutare perché ci pone proprio come i primi cristiani che vivevano in un mondo in cui Cristo non era ancora entrato nel diritto e nella società. Il peccato poi non è sempre e solo da localizzare nel ‘mondo’. Il più grande pericolo per il travisamento e la mistificazione della figura di Gesù in realtà non viene da fuori ma spesso proprio da coloro che lo predicano”.Quando il teologo valdese ha pronunciato quest’ultima frase, è parso di notare un certo imbarazzo in molti dei prelati che lo ascoltavano. D’altra parte, a conferma del fatto che le parole di Garrone non siano affatto piaciute in Vaticano, ci sono due fatti: riferendo della presentazione del libro, la Radio Vaticana ha citato la frase, sopra riportata, sul senso dell’ecumenismo, ma nessuna critica del professore; e, la stessa emittente, il 15 aprile ha di nuovo intervistato, sul libro del papa, Schönborn e Cacciari, ma non Garrone. Anche Avvenire – che ha dedicato pagine e pagine laudative al libro del papa – riferendo, il 14 aprile, dell’intervento di Garrone, censura l’ultima frase sopra riportata. Da parte sua, l’Osservatore Romano di domenica 15 aprile, ha riportato integralmente l’intervento del cardinale durante la presentazione, senza nemmeno nominare gli altri due relatori.

Un metodo discutibile
Nel libro, il metodo prediletto da Ratzinger sembra essere quello di offrire un’ampia esegesi di un determinato passo evangelico per poi tentarne, in poche righe, un’attualizzazione alla luce della situazione storica contemporanea. Quest’ultima operazione, però, a giudizio di diversi studiosi, risulta in molte occasioni schematica e portatrice di tesi poco solide dal punto di vista esegetico. Ad esempio, alle pp. 170-171, Ratzinger liquida in maniera sbrigativa le ricerche e la legittimità teologica delle molte comunità cristiane – nonché di diversi gruppi femministi cristiani – che da tempo hanno la prassi di pregare Dio “padre e madre”. “Dio non viene mai qualificato né invocato come madre”, scrive, “sia nell’Antico che nel Nuovo Testamento. Madre nella Bibbia è un’immagine ma non un titolo di Dio… Noi preghiamo così come Gesù, sullo sfondo della Sacra Scrittura, ci ha insegnato, non come ci viene in mente o come ci piace. Solo così preghiamo nel modo giusto”. Senza degnarlo di una citazione diretta, Ratzinger smentisce tuttavia indirettamente, ma frontalmente, quanto aveva affermato Giovanni Paolo I all'Angelus del 10 settembre 1978: "Noi siamo oggetti da parte di Dio di un amore intramontabile. Sappiamo: ha sempre gli occhi aperti su di noi, anche quando sembra ci sia notte. È papà; più ancora è madre. Non vuol farci del male; vuol farci solo del bene, a tutti".Da parte sua, contestando il modo di argomentare del papa – non solo su questo argomento, ma su diversi altri – don Franco Barbero, della comunità cristiana di base di Pinerolo, ha osservato: “Chiudendo questo volume, non credevo ai miei occhi. Due secoli di ricerche storiche, bibliche ed ermeneutiche buttate alle ortiche… si tratta di prediche papali in cui Gesù di Nazaret è letto con occhiali dogmatici funzionali all’istituzione”. “Mi ha letteralmente spiazzato”, aggiunge, “il fatto che il teologo Ratzinger liquidi con una sconvolgente superficialità migliaia di studi di autori e autrici ben diversi e più qualificati dei suoi. Da ben 35 anni Ratzinger, arcivescovo-cardinale-papa, non ha certo potuto coltivare la ricerca e affinare gli strumenti (del che non può essere in alcun modo incolpato). Ben altri sono stati i suoi impegni istituzionali e ufficiali. Ma sinceramente non pensavo che si potessero ancora ribadire con tanta forza talune ‘formulazioni dogmatiche’, senza tener conto della svolta ermeneutica ben segnalata da tempo anche da teologi cattolici ufficiali… Sembra, a lettura conclusa, che due siano i nemici del cristianesimo: il mondo moderno e i teologi cristiani”.E infatti va notato come, nella bibliografia del volume, siano praticamente assenti gli esegeti e biblisti italiani moderni (a parte alcuni dizionari biblici e La storia di Gesù edita da Rizzoli, senza indicarne autori o curatori, sono citati solo un libro di Carlo Maria Martini e uno di Gianfranco Ravasi). Nella premessa Ratzinger ricorda di aver letto, da giovane, la vita di Gesù di Giovanni Papini. E, all’interno del libro, cita, lodandolo, un solo italiano, non biblista e non teologo. Infatti, a proposito del “perché” le masse abbiano preferito Barabba a Gesù, Ratzinger a pag. 64 scrive: “Per maggiori dettagli si veda l’importante libro di Vittorio Messori, Patì sotto Ponzio Pilato?, Torino 1992, pp. 52-62”.


 

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