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LEZIONI LATINOAMERICANE. LA "PATRIA GRANDE" AI RAGGI X IN UN CONVEGNO A PISTOIA

Tratto da: Adista Notizie n° 31 del 28/04/2007

33858. PISTOIA-ADISTA. Se è dall’America Latina che giungono alcuni dei segnali di cambiamento più incoraggianti sulla scena internazionale, il Convegno svoltosi a Pistoia dal 23 al 25 marzo, sul tema "L’Alba della Patria Grande? Processi di integrazione, lotte popolari e offensive neoliberiste in America Latina", ha validamente contribuito ad approfondire la natura dei processi in corso nel fu cortile di casa degli Stati Uniti. Promosso da Amig@s Movimento Senza Terra-Italia, dalla Casa della Solidarietà-Rete Radié Resch di Quarrata e dall’Assessorato alle Politiche Sociali del Comune di Pistoia, il convegno ha potuto contare sulla partecipazione di alcuni dei più prestigiosi intellettuali e leader latinoamericani: lo scrittore e teologo della Liberazione brasiliano Frei Betto, il sociologo venezuelano Edgardo Lander, il sociologo aymara boliviano Pablo Mamani, il medico cubano (e figlia del Che) Aleida Guevara, la dirigente del Movimento dei Senza Terra del Brasile Marina Dos Santos, insieme agli italiani mons. Luigi Bettazzi, vescovo emerito di Ivrea, e l’economista Riccardo Petrella. Segnali di cambiamento, quelli provenienti dall’America Latina, in netta controtendenza rispetto alle politiche dominanti a livello internazionale, come è chiaramente emerso dall’intervento di Petrella. Non a caso, proprio lo stesso giorno in cui aveva inizio a Pistoia il convegno, l’agenzia Agi riportava una dichiarazione del ministro per lo Sviluppo Economico Pierluigi Bersani riguardo alla vicenda Endesa-Enel: "Ribadisco che quando parla il mercato i governi devono stare zitti". È questa, ha commentato Petrella, "la teologia del sistema capitalista e dell’impero nordamericano: quando i mercati finanziari parlano, i governi devono tacere". Una teologia in cui i beni comuni essenziali per la vita cedono il posto ai "beni territoriali competitivi: territori ridotti a risorse strumentali in funzione della creazione di ricchezza per il capitale internazionale". Così, alla "lotta del XX secolo contro la pretesa del capitale di controllare il lavoro", subentra nel XXI secolo "la lotta per impedire al capitale di diventare proprietario della vita".Dall’Alca all’AlbaIn che modo tale lotta si stia combattendo in America Latina lo ha spiegato Edgardo Lander presentando i diversi progetti di integrazione esistenti, da quello imperialista dell’Alca (Area di libero commercio delle Americhe) a quello opposto, caro ai movimenti sociali, dell’Alba (Alternativa bolivariana delle Americhe). Disegnato dopo la caduta del Muro di Berlino con l’obiettivo non solo di approfondire le riforme neoliberiste legate al Consenso di Washington ma pure di impedire, anche in futuro, a qualsivoglia governo l’adozione di eventuali iniziative di segno contrario, l’Alca è stato affossato dalla duplice azione dei movimenti sociali e dei governi progressisti nati dai nuovi processi elettorali (anche se, nel caso di questi ultimi, il rifiuto è frutto dello scontro tra gli interessi dell’agrobusiness locale e quelli dell’agrobu-siness Usa più che di un’opposizione ideologica, come nel caso del Venezuela).Ma, al di là del fallimento dell’Alca, il segno profondo lasciato dalle politiche neoliberiste nel Continente, con il conseguente rafforzamento dei settori legati alla finanza e al capitale transnazionale, pone evidenti ostacoli ai processi di integrazione alternativa, come dimostra, in particolare, il caso dell’Iirsa (Integrazione dell’Infrastruttura Regionale Sudamericana): un progetto di integrazione a misura di transnazionale - centrato sull’esportazione massiccia delle materie prime latinoamericane - che può contare, ha affermato Lander, sul totale sostegno del governo Lula. Ed è proprio il Brasile a giocare un ruolo chiave nella definizione del nuovo progetto di integrazione noto come Comunità sudamericana di Nazioni: nello scontro tra chi punta solo a riunire il Mercosur e la Can, mantenendo i sistemi preesistenti, e chi mira invece a lanciare un ambizioso progetto di integrazione produttiva, geopolitica, culturale, il Brasile assume infatti una posizione ambigua, da un lato portando avanti una politica di integrazione latinoamericana e dall’altro tutelando gli interessi del settore finanziario e dell’agrobusiness. Realmente alternativo è invece il progetto dell’Alba, concepito non come un accordo rigido siglato una volta per tutte, ma come un negoziato permanente e multiplo, non incompatibile con altri progetti perché "collocato su un piano diverso": quello di "criteri, valori, idee di integrazione centrati sulla solidarietà e la complementarità". Tra i diversi esempi di integrazione promossa dall’Alba, quello, rivoluzionario, dell’invio del petrolio in cambio di medici, promosso da Venezuela e Cuba; il progetto di Telesur, che permette di offrire informazione sull’America Latina dall’America Latina stessa; l’acquisto, da parte del Venezuela, di buoni del debito argentino per aiutare il governo a liberarsi dal Fondo Monetario Internazionale; la creazione del Banco del Sur, in direzione di una crescente autonomia finanziaria. Ma l’Alba, ha affermato Aleida Guevara, guarda ancora più lontano, non limitandosi a fornire all’altro ciò di cui è privo, ma puntando alla conquista dell’autosufficenza da parte di ogni popolo. "Il Venezuela - ha affermato - ha ancora bisogno dei nostri medici, ma quelli venezuelani stanno già cominciando a subentrare, lasciando la propria casa per andare a lavorare nelle situazioni più difficili".Pratiche di resistenzaMolta rimane tuttavia la strada da percorrere: secondo Marina Dos Santos, l’attuale fase latinoamericana non si caratterizza ancora per una riattivazione del movimento popolare di massa e delle idee rivoluzionarie, ma è segnata da un processo di accumulazione di forze e di pratiche di resistenza, che ha preso avvio con l’insurrezione del Chiapas nel 1994, le rivolte in Ecuador, Bolivia e Argentina, la nascita del Forum Sociale Mondiale. In questa fase, ha affermato la rappresentante del Mst, i movimenti hanno investito prioritariamente sulla via elettorale, a sostegno di candidati presentatisi come antineoliberisti, per quanto molti di loro, una volta eletti, abbiano applicato esattamente le stesse politiche, come ben mostra il caso brasiliano. "Il governo Lula - ha dichiarato Marina dos Santos - è un governo centrista, pragmatico, che punta a garantire la governabilità in accordo con gli interessi della classe dominante, la borghesia finanziaria e i grandi gruppi legati al capitale transnazionale, prontamente adattatisi al nuovo contesto e più che mai decisi a mantenere il governo in ostaggio".Da qui la necessità, nel contesto degli attuali rapporti di forza, di accumulare forze sufficienti a realizzare mutamenti strutturali, riprendendo il lavoro di base per elevare il livello di coscienza politica ed ideologica delle masse, difendendo l’autonomia dei movimenti sociali anche rispetto ai governi progressisti, promuovendo un nuovo progetto di sviluppo sociale in America Latina, basato, tra l’altro, sulla sovranità alimentare ed idrica e su un nuovo modello tecnologico ed energetico, centrato sulle energie rinnovabili. 

Fondamentale, nel contesto della lotta antimperialista, risulta il contributo del mondo indigeno, con la sua visione di un "multiverso" opposto all’"universo" a cui guarda il mondo occidentale. La valorizzazione della diversità è stata al centro dell’intervento di Pablo Mamani, basato sulla descrizione di un movimento sociale che sfugge ad ogni tentativo di inquadramento unitario, ma che pure riesce a superare le differenze nei momenti di maggiore conflittualità. "In questo modo, il potere può soffocare un centro di resistenza, ma non tutti; può arrestare, uccidere o cooptare un leader, ma non potrà farlo con tutti: nella guerra del gas a El Alto, il leader cambiava ogni giorno, e tutti erano dirigenti, tutti militanti e combattenti". È in questo quadro che si pongono i due grandi progetti storici del movimento indigeno, "che in alcuni momenti si allontanano per poi riavvicinarsi nuovamente": quello dell’audeterminazione indigena (nelle sue tre varianti: di convivenza con le leggi dello Stato, ma in un riconoscimento mutuo; di incorporazione dello straniero, in dialogo con l’altro ma sotto l’egemonia indigena; di autogoverno totale sulla scia della lotta di Tupac Katari contro gli spagnoli) e quello della riforma graduale dello Stato attraverso l’Assemblea costituente. (claudia fanti)

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