"MA LA STORIA NON È APOLOGETICA".
EMMA FATTORINI RISPONDE AGLI ATTACCHI DI "AVVENIRE"
04/06/2007, 10:12
33909. ROMA-ADISTA. Sono “reazioni scomposte”, per Emma Fattorini, quelle suscitate dal suo libro su Pio XI (v. notizia precedente), giudicato forse ancora prima di essere letto e soltanto alla luce della causa di beatificazione – ormai prossima alla conclusione – di papa Pacelli. Una coincidenza che ha fatto sì che l’attenzione si concentrasse solo su un aspetto non certo centrale dello studio: “Il mio libro parla di altro, parla di una Chiesa in difficoltà perché, alla vigilia della Seconda Guerra Mondiale, le sue categorie di giudizio della realtà politica non funzionano più”.Adista ha fatto alcune domande alla professoressa Fattorini. D: Si aspettava queste polemiche all’uscita del suo libro? R: Francamente, la mia impressione è che il libro non sia stato letto e sia stato soltanto un’occasione per parlare di tutt’altro. Tutti si sono accapigliati su questa vicenda di Pacelli e del discorso ‘distrutto’, che non è però centrale nell’economia del libro. Io non mi soffermo particolarmente sulla relazione tra Pio XI e il suo Segretario di Stato, il futuro Pio XII, ma racconto dello sconcerto di una Chiesa che, nei mesi precedenti la Seconda Guerra Mondiale, è completamente disorientata perché non funzionano più le categorie attraverso le quali aveva agito fino ad allora, quelle delle politiche concordatarie, e perché non aveva assimilato in quegli anni il rapporto con la democrazia. Provo a raccontare questa vicenda nella sua dimensione umana, piuttosto che in quella diplomatica di cui sappiamo già tutto. Nella Chiesa c’erano le anime più diverse, dai clericofascisti a coloro che vedono nella Germania nazista l’unica difesa contro il comunismo, a quelli, infine, che cominciavano a vedere nel nazifascismo il vero nemico. È un momento in cui anche le democrazie occidentali sono disorientate, come si vede dagli esiti della Conferenza di Monaco, metafora lampante del fallimento della politica dell’appeasement. E la Chiesa è disorientata più di ogni altro: non bisogna temere di rappresentarne le diverse anime. In mezzo a questo passaggio, Pio XI è prima sorpreso, poi deluso, poi incollerito con il fascismo, perché aveva creduto nei regimi conservatori. Ma è un papa che non usa tanto le categorie politiche, tanto meno ragiona in termini di diplomazia e di equilibri come faceva Pacelli. Ratti, alla fine della sua vita, vive una sorta di conversione spirituale che lo porta a leggere il precipitare degli eventi sulla scena europea alla luce della fede. Lo scoop sarebbe stato se Pacelli avesse diffuso il discorso e non se si fosse affrettato a non diffonderlo. È evidente che avessero posizioni diverse. D: Perché allora questa reazione così violenta? R: Il mio è un discorso storico, non è giornalistico né apologetico. Ma di questi tempi si fa solo apologia. La Chiesa si sente sotto attacco, ma reagendo così si isola sempre più. Forse la vera causa di queste polemiche così violente, scatenate ancora prima di leggere il libro, è la causa di beatificazione di papa Pacelli. L’uscita del mio libro, poi, è coincisa con i passi avanti nella causa di beatificazione e con il libro di Tornielli: coincidenza del tutto casuale, ma c’è da registrare che ogni volta che il processo di beatificazione ha una accelerazione, subito arriva la reazione difensiva contro ogni cosa che sembra poterlo rallentare. Tra l’altro, i miei studi precedenti, erano stati giudicati in maniera opposta, perché valorizzavano il contributo di Pacelli nel sostenere la Repubblica di Weimar (Germania e Santa Sede: le nunziature di Pacelli in Germania, ndr) Ma io, anche se capisco la preoccupazione della Chiesa, trovo che le reazioni scomposte siano sempre frutto di debolezza e, in questo caso, completamente ingiustificate. Invece di reagire subito, sarebbe bastato aspettare un giorno e scrivere con più pacatezza. (a. s.)
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