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È MORTO PADRE PELLEGRINO, UOMO DEL CONCILIO, PROFETA DEL DIALOGO

Tratto da: Adista Documenti n° 44 del 16/06/2007

Voleva lo chiamassero "padre" e non eminenza, portava al collo una semplice croce di legno, indossava quasi sempre la tonaca nera del prete, e non la mantella color porpora che spetta ai principi della chiesa. Ma la diversità del cardinale Pellegrino non era solo apparente o formale. Se lo chiamarono il prete dello scandalo, o il prete del dialogo, fu perché non eluse alcuno dei temi scottanti che la Chiesa post conciliare si trovò a dibattere.In primo luogo la scelta a favore dei deboli e dei poveri, quindi la ricerca di punti d’incontro con i marxisti, e ancora la definizione del ruolo della donna nella Chiesa, il divorzio, la risposta alle necessità del terzo Mondo. Nella sua ultima intervista, rilasciata quattro anni fa al settimanale cattolico "Il Regno", egli ammoniva sul rischio di "una Chiesa immobile", si pronunciò a favore dell’ordinamento sacerdotale per gli sposati, suggeriva di mettere allo studio anche alcune forme di sacerdozio femminile, come già accadeva nelle prime comunità cristiane.
Dette scandalo dunque, come il Vangelo aveva previsto per i veri credenti, e non solo con le idee ma anche con i gesti. Come una sera agli inizi degli anni settanta, quando uscì dalla curia e si avviò a piedi alla stazione di Porta Nuova, per partire con i metalmeccanici in sciopero che avevano alzato una tenda al centro della piazza.
Monsignor Pellegrino diventò cardinale nel '65, in una città che sembrava travolta dalle tensioni sociali, dai problemi legati all'immigrazione, da una crescita industriale affrettata. E la sua scelta fu subito chiara. Si schierò dalla parte dei deboli e degli emarginati, arrivò al punto di dire che "dai marxisti ci divide in maniera inconciliabile l'ideologia, ma niente vieta che percor-riamo insieme la strada per eliminare le miserie materiali e morali". Volle dunque il dialogo, lo sollecitò al punto da divenire il segno, per tutta la Chiesa che si rinnovava dopo il concilio. Il documento che più fece scalpore, aprendo un dibattito che si allargò ben oltre la diocesi di Torino, fu una lettera rivolta ai fedeli dal titolo "Camminare insieme". Alla stesura collaborarono anche esponenti del Pci. Era una durissima critica alla società del benessere, al capitalismo, un invito pressante perché la Chiesa diventasse radicalmente la chiesa dei poveri. Quel documento non piacque, né poteva piacere, alla classe dirigente torinese né alla curia romana. Ma in realtà il "cardinale rosso", come fu chiamato non senza disprezzo in quella occasione, non sposò mai appieno le tesi che poi furono del cosiddetto "cristianesimo critico". Si leggeva infatti nella lettera pastorale: "Si tradirebbe il messaggio evangelico in tema di povertà, se si riducesse l’impegno del cristiano a una lotta contro la povertà". (...) Nel '77, a 74 anni, annunciò le sue dimissioni. Usciva così dalla scena un personaggio scomodo che molti, forse, avevano creduto di poter manovrare. In realtà, come lui stesso scrive, aveva seguito soltanto "i segni evangelici della povertà e della fraternità, intesi come fede ed amore".
(Maurizio Naldini, La Nazione, 11/10/86, da Adista n. 71/86)

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