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LASCIA IL PARROCO ANTICAMORRA DI FORCELLA: "SEPE MI HA SOSTENUTO, GIORDANO NO"

Tratto da: Adista Notizie n° 49 del 07/07/2007

33960. NAPOLI-ADISTA. Alla fine ha lasciato. Don Luigi Merola, parroco di San Giorgio Maggiore a Forcella, rione tra i più difficili di Napoli, prete di frontiera che vive sotto scorta dal 2003, dopo 7 anni di impegno contro la camorra, le resistenze politiche ed ecclesiali, l'indifferenza e - a volte - l’ostilità di una parte del quartiere, ha deciso di andarsene dalla sua parrocchia. Il 25 giungo scorso, è stato l’arcivescovo di Napoli, il card. Crescenzio Sepe, a celebrare a San Giorgio la messa di "addio" a don Luigi, davanti a centinaia di persone. Proprio la presenza di Sepe testimonia come questa volta, contrariamente a quanto spesso succede nella Chiesa, l’addio di don Merola non è l’ultimo atto di un rapporto difficile tra un prete e la sua Curia. “Nessuno strumentalizzi il nome di don Luigi: è stato lui a chiedermi di essere sollevato dall’incarico ed io ho capito che era giusto per lui”, ha infatti precisato Sepe nel corso della sua omelia. Precisando: “Neanche io volevo che il nostro don Luigi andasse via da Forcella”; “ma quando me lo ha chiesto lui stesso con lucide motivazioni, quando ho capito che si trattava di una decisione meditata, allora ho capito che dovevo aiutare questo meraviglioso giovane, che è un sacerdote e vuole restare sacerdote”. Sepe ha poi voluto scongiurare il rischio che l’opinione pubblica avvertisse nell’abbandono di don Luigi un cedimento delle istituzioni ecclesiastiche di fronte alla criminalità organizzata: “A Napoli - ha precisato Sepe - ci sono tanti e tanti don Luigi. Sacerdoti e laici che svolgono il magistero con amore e solidarietà verso i più deboli”. “Nessuno si arrenderà mai alla camorra, né tra i preti né tra i laici che continuano a battersi per una cultura della legalità - ha detto con voce ferma il cardinale -. I segni lasciati producono frutto, e guai a chi calpesta questi frutti. La camorra, la sopraffazione della violenza sono il male. E il male non può vincere. Ma occorre pazienza, tenacia e tanto impegno”. Nel riferire della difficile scelta compiuta da don Luigi, il card. Sepe ha raccontato un piccolo retroscena: “Già in altri casi, quando don Luigi era nel pieno delle tensioni e manifestava la volontà di lasciare, lo avevo spinto a restare. Poi mi ha scritto una lettera ed è venuto accompagnato da una personalità di rilievo che mi testimoniava che per la sua salute spirituale e fisica era meglio che lasciasse”. Dopo Sepe, a prendere la parola dall’altare è stato lo stesso don Luigi, che ha rassicurato tutti: “Questa primavera della Chiesa di Napoli non si fermerà. Continuerò a lavorare per Napoli”. Per lui è pronto un posto come assistente nell’Ufficio per i problemi sociali e il lavoro della Conferenza episcopale italiana. Il suo successore a Forcella il card. Sepe lo nominerà entro settembre. Per ora la Curia napoletana mantiene riserbo sul nome del nuovo parroco, ma circola voce che l’incarico potrebbe andare a don Raffaele Gualdiero, ex rettore del seminario.
I tanti ostacoli che don Luigi ha incontrato nei suoi sette anni a Forcella sono stati puntualmente ricordati dal parroco in una lettera pubblicate sulle pagine napoletane della Repubblica (25 Giugno) che ricostruisce il difficile percorso di prete di “frontiera”. Suo malgrado, spiega, perché l’allora arcivescovo di Napoli il card. Michele Giordano, lo inviò “giovane prete con poca esperienza” a San Giorgio, “per punizione”. La colpa? “Avevo aiutato una famiglia a uscire dall’usura senza l´autorizzazione del vescovo”. L´impatto con la realtà di Forcella “fu traumatico”: “Un quartiere abbandonato da tutti, dallo Stato e dalla Chiesa”. L’apice della tensione con la Curia napoletana (e con la criminalità organizzata) arrivò nel 2004, quando, il 27 marzo, fu uccisa per errore, nel cuore della Vecchia Vicaria, la 14enne Annalisa Durante: un lutto che spinse don Luigi a sferrare dall’altare, il giorno dei funerali di Annalisa, un durissimo attacco alla camorra e un invito pressante alla comunità a rompere il muro di omertà per iniziare un cammino di riscatto civile. Nei giorni difficili dell’assassinio di Annalisa, don Luigi lamenta di essere stato lasciato “solo sull’altare” dalla sua Chiesa. “Solo, senza accanto un vescovo che incoraggiasse, anzi un fax dove mi si vietava di fare l’omelia e io senza obbedire alzai la voce contro tutte le istituzioni. Fu il giorno più lungo della mia vita”. Un gesto che segnò il risveglio civile della comunità di Forcella. Ma che causò a don Luigi anche una serie di pressioni e minacce, alle quali il parroco di San Giorgio non ha però voluto piegarsi. “La camorra mi ha assediato più volte, più volte ha voluto minacciarmi, facendomi capire che il quartiere doveva ritornare nelle loro mani. Spesso sono stato accusato da alcuni miei confratelli e dagli stessi ambienti di Curia di essere esibizionista, di fare l’assistente sociale”. Un clima che, dopo più di tre anni, ha però evidentemente logorato don Luigi, convincendolo a chiedere di essere trasferito. Anche perché, negli anni più difficili della sua permanenza, dal cardinal Giordano non è arrivato alcun sostegno spirituale o materiale. Tutt’altro. Nel suo racconto don Luigi parla senza reticenze del suo difficile rapporto con l’ex arcivescovo. “Una volta, era il 19 aprile 2004, il cardinale Giordano mi accusò di fare il poliziotto a Forcella, che era sbagliato denunciare la droga, che era una vergogna che un prete fosse scortato. Certo mancava alla diocesi di Napoli una coscienza ecclesiale. Senza capire che nella vita di un prete ci sono scelte forti che bisognava fare, senza tornare indietro”. Un isolamento che l’arrivo del card. Sepe, nel 2006, ha spezzato. “Finalmente il nuovo vescovo. Sempre vicino, tanti incontri personali. Tanti consigli, fino a fare la prefazione al mio primo libro”. “Nessuno - ha concluso don Luigi - fermerà la primavera di Forcella”. (valerio gigante)

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