Giovanni Avena: La tracimazione del potere clericale e il temporalismo della Chiesa di Ruini
Tratto da: Adista Documenti n° 50 del 07/07/2007
Il senso di questo nostro momento di confronto è quello stesso della cittadinanza intesa come partecipazione consapevole. Adista da quarant’anni cerca di testimoniare tenacemente questo senso attraverso il lavoro dell’in-formazione democratica, indispensabile presupposto di ogni partecipazione, sia a livello politico che a livello ecclesiale. In questo caso abbiamo riscontrato l’opportunità di confrontarci e di chiarirci le idee perché la confusione regna sovrana in tutte le realtà: politiche, economiche, ed ecclesiastiche. Perciò vorremmo offrire ai nostri lettori qualche lume in più rispetto a tutto quello che ricevono o non ricevono: perché c’è l’informazione omessa e coperta, ma anche quella falsata. E la confusione cresce. Fin dall’origine Adista si è caratterizzata per due cavalli di battaglia: contribuire a spezzare il dogma dell’unità politica dei cattolici (va ricordato che chi contravveniva a questo dogma faceva peccato) e abbattere gli steccati tra le varie culture, principalmente tra quella di matrice cattolica e quella di matrice marxista. Nel ‘92 finisce la Dc, e a noi per un attimo sembrò quella la soluzione del problema: non c’era più l’unità politica dei cattolici. Ciò, se non fosse avvenuta una cosa che nessuno si aspettava, se non fosse cioè sceso in campo non tanto Berlusconi quanto Camillo Ruini. Camillo Ruini scende in campo un po’ prima di Tangentopoli: dall’85, cioè dal Convegno di Loreto della Chiesa italiana. Da lì prende le mosse per dare un nuovo volto e una nuova gestione al cattolicesimo italiano. Ruini scende in campo come una sorta di braccio secolare accanto al pontificato di Wojtyla, che io direi pontificato religioso, a parte la condivisione o meno con l’impostazione e la teatralità dell’uomo. L’aspetto secolare è invece interpretato da Ruini, a cui il potere sacro deriva sì dal fatto di essere il vicario del papa, ma soprattutto dalla vera e propria auto-investitura del cardinale a capo di partito, ovvero a capo del partito cattolico italiano. Assunto questo ruolo, il suo primo bersaglio fu proprio quel cattolicesimo democratico che secondo lui tradiva “i valori” cattolici. Nella sua ottica, il cattolicesimo democratico, essendo di sinistra, si era fatto annebbiare dal marxismo, nonché dalle istanze delle comunità cristiane di base. Ruini si propone dunque di raggiungere lui direttamente il legislatore: non tanto come presidente della Cei, ma in quanto rappresentante unico della Chiesa italiana nei confronti del potere politico. Quindi se un testo legislativo diventa simbolico, Ruini indica che si deve dare battaglia fino in fondo perché la bandiera trascende la norma e il valore ideologico supera il valore d’ uso. A Ruini non interessa più tanto l’evangelizzazione, la scelta religiosa, i precetti, i comandamenti, la catechesi: la sua diventa la battaglia per l’egemonia culturale. Brutalmente si potrebbe dire che con lui inizia non solo la rivincita sulla sconfitta del divorzio, ma addirittura su Porta Pia. Si tratta - cito al riguardo il direttore de La Repubblica Ezio Mauro - della “riconquista dell’egemonia, non più attraverso il partito dei cristiani ma direttamente da parte della Chiesa, che con la spada di questa egemonia rifonderà la politica, separando infine il grano dal loglio e costituendo un nuovo protettorato dei valori nell’esercizio di un potere non più temporale, ma culturale. Un progetto che può compiersi solo davanti ad un sistema politico gregario, senza autonomia, incapace di testimoniare un sentimento civile della Repubblica, svuotato di identità al punto da vedere nella Chiesa l’ultima agenzia di valori perenni e universali dopo la morte delle ideologie. Fonte ancora di mobilitazione, forse di legittimazione, almeno di benedizione, in un Paese in cui tutti i leader politici – o quasi – si sono convertiti se non altro mediaticamente, o comunque hanno dichiarato di essere pronti a farlo, o altrimenti sono in lista di attesa; o, come si dice, “in ricerca”. Ecco, questo è il progetto di Ruini e dei suoi successori-esecutori, dato che Ruini, ancora vicario del papa, continua ad essere il capo della Chiesa italiana: il controllo dell’8 per mille ce l’ha lui, così come quello dell’informa-zione con Dino Boffo all’Avvenire, e con gli altri suoi fidi al Sir, alla radio, alla televisione. Il progetto del Partito Democratico dovrebbe essere argine a questa tracimazione del potere clericale, e noi speriamo che lo sia. Però, da come sta nascendo concretamente il partito, a noi sembra che questo argine non ci sia. Il mondo con cui noi interloquiamo ha lo stesso timore. Abbiamo chiamato voi perché sappiamo che siete persone di cui questo mondo si fida e da voi vorremmo qualche lume, o meglio, qualche “conforto”.
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