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Angelo Bertani: contrastare l'antidemocrazia per piantare semi di una nuova cultura della politica. Il Pd ce la farà?

Tratto da: Adista Documenti n° 50 del 07/07/2007

Sono sostanzialmente d’accordo con Raniero - come si può immaginare, ma a me fa sempre piacere notarlo - e volevo solo indicare due punti di disaccordo, perché mi servono per aprire un discorso successivo.
Il primo punto di disaccordo è sulla Chiesa degli anni ‘90: è vero che i partiti storici sono stati distrutti, ed è vero che probabilmente, in qualche modo consapevole o meno, c’era anche il disegno di farlo; è vero però che erano forti le ragioni per giudicare che i partiti si fossero svuotati, ed estenuati, soprattutto dal punto di vista culturale ed etico, ma anche da altri punti di vista, come quello organizzativo.
È in quegli anni che Dossetti dice: non c’è più niente da fare, siamo solo dei sopravvissuti, bisogna ricominciare dalle nuove generazioni mettendo nelle coscienze dei semi che siano poi in grado di creare una cultura, cultura capace infine di esprimersi anche politicamente. Giorgio Tonini ricorderà quanto si discuteva in quegli anni (fra l’altro mi attribuivano di essere portavoce di Ruini, quando ero contrario all’abolizione del proporzionale su Segno Sette; il che non era minimamente vero!).
L’altro punto di disaccordo con Raniero è una questione di lessico: che ci sia una risposta cristiana su tutto, in politica, sarà vero in astratto, ma in realtà molte volte questa risposta non c’è. Non la percepiamo né siamo capaci di esprimerla, o come minimo abbiamo bisogno degli altri che ci aiutino a costruirla. Questo per dire che l’auto-sufficienza di una componente che si dichiari cristiana è sempre periclitante e concede spazio fatalmente, inevitabilmente, alle cattive intenzioni di forze organizzate ecclesiali, ecclesiastiche o sedicenti tali, che tendano ad imporne una o l’altra – come di fatto avviene...

 
Raniero La Valle: Ricorda che Bonhoeffer aveva partecipato al complotto contro Hitler, da cristiano...

 
Angelo Bertani: Certo, altri però non erano riusciti a fare questa stessa scelta, anch’essi, diciamo pure, da cristiani. Perché oggi i Dico o il testamento biologico hanno una così grande importanza? Io non so se anche su questi temi ci sia una soluzione più accettabile da parte dei cristiani – immagino di sì. E naturalmente mi dolgo e mi scandalizzo che soluzioni diverse da questa possibile vengano invece imposte autoritativamente. Tuttavia, oltre all’aspetto etico, a me sembra che questi temi siano oggi così importanti da determinare mutamenti politici e grandi spostamenti di opinione anche (non dirò solo, ma anche) perché la politica è debolissima.
Ricordo come Moro cercò di convincere i vescovi italiani circa l’apertura a sinistra, mi sembra istruttivo in questo momento. Se la politica è forte – e non penso solo alla politica di cattolici dichiarati e inappuntabili – si difende, sa affrontare i suoi temi. Chiaramente, i protagonisti di una politica capace di essere forte riversano i propri valori nelle varie scelte possibili, ma con il loro impegno sanno anche trovare delle forme trasversali di comprensione, così da creare ponti e dialoghi. Ma il problema è appunto che la politica sia forte, e oggi è debolissima: è molto forte come apparato ma debolissima nella coscienza del Paese. Sono incredibili la diffidenza, l’astio verso i politici, anche verso quelli che magari un tempo si conoscevano.
È un fatto grave - questa anti-politica - anche dal punto di vista morale. Un conto è quella proliferata sotto il fascismo, per i disastri nazi-fascisti; però oggi è vero che, se il diluvio sommerge, la colpa è di chi se ne fa attore, ma lo è anche di chi ritiene che non ci sia niente da fare. Le persone oggi ritengono che non c’è nulla da fare, la politica è ormai quella che è e guai ad impegnarsi politicamente, per carità!
Vengo al Partito Democratico. Più che del Pd il problema è della politica e della democrazia. Se il Pd serve a ricostruire condizioni minime per cui nel Paese si possa vivere una situazione di cultura, di elaborazione e di vita politica - e di democrazia reale al suo interno - ben venga il Pd come soggetto di democrazia rappresentativa (sulla tematica del proporzionale continuo a pensarla come 17 anni fa).
Il problema qui è nel Pd, perché la democrazia riguarda anzitutto i soggetti che ne fanno parte: se i partiti non sono democratici al loro interno, non c’è la condizione minimale perché ci sia una democrazia. Se il Pd è in grado di costruirsi con una struttura democratica in senso pieno - il che vuol dire informazione, dibattito, ricambi, scelta reale dei candidati - ciò comporta una certa differenziazione tra il partito e l’alleanza che vince, o il personale che va al governo: perché quel che conta è la dialettica tra la partecipazione politica quotidiana nei partiti, giorno per giorno, e gli eletti ogni cinque anni.
Si ha ragione quando ci si lamenta dell’arbitro, ma l’arbitro è una cosa, definita ogni cinque anni, mentre il cittadino dev’essere il giocatore, giorno per giorno, lungo tutti gli anni e tutti i giorni che separano un’elezione dall’ altra. Questo è il punto, secondo me.
Se il Pd è in grado di fare questo, allora si tratta certamente della costruzione di un soggetto che aiuterà a rafforzare la politica, a gestirla, a farla vivere adeguatamente, che contribuirà alla crescita e alla realizzazione di una politica veramente democratica; e ci aiuterà anche a risolvere i nostri problemi intraecclesiali con i superiori ecclesiastici. Perché una politica che è vigile, che sa difendersi, come De Gasperi, Moro e altri hanno insegnato, non ha paura dei ricatti; mentre ricordo bene che uno degli argomenti usati con i vescovi per far loro capire che il maggioritario non era poi male, e loro l’avevano capito benissimo, era che avrebbero avuto un certo potere di fornitura della farina all’uno o all’altro forno - se non al doppio forno - perché passasse dal 49 al 51%. Lo sapevano benissimo e infatti li avevo sentiti usare questo argomento
Oggi sappiamo che il problema non è tanto quello delle nostre tradizioni e storie passate. Il problema è quello del futuro: abbiamo davanti un mondo che facciamo fatica a capire, a conoscere, a interpretare, tanto più a progettare. Anche su questo ci sono delle bellissime pagine di Dossetti del ’94: per il domani non sarà sufficiente nessuna delle vecchie culture, perché sono tutte largamente superate. Siamo tutti incapaci di interpretare le cose e proprio per questo, tra l’altro, continuiamo ad essere vittime di spostamenti di opinione dopo ogni nuovo evento. Si fa fatica, anche quando si intuisce che una cosa sarebbe giusta - parlo ad esempio dei rapporti con la scienza, delle sue applicazioni tecniche e non solo biologiche, dell’economia -, a fare una proposta credibile ed applicabile. Se il Pd può servire ad affrontare questo, allora ne vale la pena. Certo, se dovessi fare una previsione non sarebbe ottimistica, ma bisogna provarci.

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