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COL RITO TRIDENTINO SI ALLARGANO LE SPACCATURE NELLA CHIESA. IL MONDO CATTOLICO SI INTERROGA

Tratto da: Adista Notizie n° 53 del 21/07/2007

33982. ROMA‑ADISTA. Per quanto Benedetto XVI possa assicurare che le acquisizioni del Concilio Vaticano II non saranno toccate dal Motu proprio Summorum pontificum dello scorso 7 luglio che ripristina l'uso della messa secondo il rito di San Pio V (v. Adista n. 51/07), è proprio questo il timore dei cattolici che guardano al provvedimento con perplessità, quando non con deciso scetticismo. La pubblicazione del documento ha provocato reazioni di segno opposto: da un lato chi cerca di rassicurare, dall'altro chi punta il dito contro le potenziali nefaste conseguenze per l'unità della Chiesa del passo compiuto dal papa; mentre si ha l'impressione ‑ confermata da un certo allineamento del quotidiano cattolico La Croix ‑ che i vescovi francesi, i più accesi nel contestare l'opportunità del provvedimento, depongano ora, almeno ufficialmente, le armi.

 

Chi brinda…
"La Fraternità sacerdotale San Pio X si compiace di vedere che la Chiesa ritrova la sua tradizione liturgica, donando ai sacerdoti e ai fedeli che fino a questo momento ne erano stati privati la possibilità di accedere liberamente al tesoro della Messa tradizionale per la gloria di Dio, il bene della Chiesa e la salvezza delle anime", dichiara trionfalmente mons. Bernard Fellay, "erede" di mons. Lefebvre nella guida del movimento tradizionalista. Ciò non toglie che "la posta in gioco" della discussione tra Roma e lefebvriani, afferma lo stesso Fellay in una lettera ai suoi fedeli, sia "essenzialmente dottrinale", e che "l'innegabile avanzamento liturgico operato dal Motu proprio "sia seguito, dopo il ritiro del decreto di scomunica, da discussioni teologiche".

Il permesso di celebrare il rito tridentino "contribuirà a restaurare una visione equilibrata del meraviglioso tesoro della saggezza liturgica della Chiesa, che non è e non può essere limitata ad un solo specifico periodo", ha commentato soddisfatto mons. Michael Schmitz, superiore provinciale per gli Stati Uniti dell'Istituto Cristo Re, fondato nel 1990, che celebra esclusivamente con il rito tridentino. "Per preti e laici, sarà un dono enorme avere accesso a questa ricchezza senza pressioni o tensioni".


…Chi lancia l'allarme…

Ad enucleare le preoccupazioni per le conseguenze del documento è il comunicato di Wir sind Kirche (Noi siamo Chiesa tedesca): "Anche se il papa parla di 'utilizzo duplice dello stesso rito' ‑ afferma ‑ si teme che il suo tentativo di accogliere scismatici e tradizionalisti come 'supremo costruttore di ponti' conduca ad un'altra divisione all'interno di molte comunità, diocesi e, in definitiva, di tutta la Chiesa cattolica". Invece di concedere l'uso del rito tridentino, conclude Wir Sind Kirche, “il papa avrebbe dovuto esigere dai tradizionalisti una piena accettazione dei risultati del Concilio Vaticano II. Perché il desiderio del rito tridentino è spesso connesso al rifiuto delle acquisizioni del Concilio Vaticano II, modellate dal concetto di comunione (laici e clero formano insieme il popolo di Dio)”. Il rito tridentino, con la sua diversità di tempi liturgici e di letture, ma soprattutto con la celebrazione di messe private, "condurrà rapidamente a dissidi e aggraverà ulteriormente i problemi pastorali in tutto il mondo". Anche dalla sezione austriaca dello stesso movimento arriva un allarme. E un avvertimento: "Quando il papa a settembre verrà in Austria, Noi siamo Chiesa si attende anche gesti di riconciliazione nel dialogo intraecclesiale. La fede di molte persone viene gravemente offesa, se nella Chiesa verranno ascoltati soltanto i tradizionalisti". Anche in Italia Noi Siamo Chiesa, sottolinea in un comunicato come la decisione del papa sia "al di fuori e contro" il Concilio Vaticano II e giudica il Motu proprio "un passo indietro nella storia della Chiesa, frutto di una decisione con cui papa Ratzinger vuole imporre, in modo spregiudicato, le sue personali opinioni, già espresse da cardinale, mediante un uso autoritario del suo compito di vescovo di Roma".
Stessa linea quella espressa dalle Comunità di base italiane: il provvedimento vaticano rappresenta per le CdB "una reazione alla riforma liturgica conciliare", "una scelta contro il processo storico mondiale", "una scelta anticonciliare", ma anche un "elemento di flessibilità che si inserisce come una crepa nel monolite della rigidità attuale"; crepa che le CdB si impegneranno ad "allargare per fare spazio allo Spirito".
Un certo disagio si avverte comprensibilmente nei preti francesi, interessati più da vicino dal provvedimento papale, secondo quanto riporta il quotidiano cattolico La Croix. "Vivo una sofferenza molto profonda", afferma un parroco della periferia di Lione. Il Motu proprio è, per la teologa Martine Mertzweiller, "inutile e pericoloso", un ritorno al "ritualismo" quando la Chiesa è invece approdata "a una celebrazione del Cristo vivente". "Continuerò a celebrare in francese di fronte ai parrocchiani, e se un piccolo gruppo mi chiedesse di celebrare in latino, rifiuterei", afferma un sacerdote del Morbihan. Anche tra i laici c'è scetticismo: "Questa decisone è detestabile, è un passo indietro che non aiuterà ad avvicinare le persone. Lungi dal fare unità, la decisione del papa accentuerà le divisioni interne alla Chiesa", si lamenta un animatore pastorale a Lille.
Espressioni di viva preoccupazione provengono anche da diversi vescovi europei, i quali non hanno temuto di esprimere il loro dissenso nonostante il silenzio assordante dell'episcopato francese che invece, prima della pubblicazione del documento, aveva fatto sentire la propria voce (v. Adista n. 80/06). In una lettera ai preti della diocesi, mons. Friedhelm Hofmann, vescovo di Würzburg, afferma che "in nessun caso, per la cura pastorale verso un gruppo definito e limitato di credenti nella comunità, a fare le spese devono essere le legittime esigenze della comunità nel suo insieme né devono nascere tensioni e discordie".
Sul rischio che il vecchio rito crei divisioni si sofferma anche il presidente dei vescovi svizzeri mons. Kurt Koch: "Questo pericolo in effetti non è da sottovalutare", ha affermato in una lunga nota in tedesco a commento del Motu proprio, annunciando tra l'altro che esso sarà discusso nel corso della assemblea autunnale dei vescovi, il prossimo settembre. Gli fa eco uno dei vescovi che nei mesi passati aveva sollevato forti perplessità sul provvedimento, il vescovo di Angoulême mons. Claude Dagens, che ora si chiede come evitare che "la preoccupazione di riconciliare" non venga "strumentalizzata" in un "rapporto di forze" tanto "politico" quanto "culturale". Timore, questo, condiviso dalla presidenza del Zentralkomitee der deutschen katholiken, organismo laicale tedesco, secondo il quale "se questa forma straordinaria della liturgia venisse usata come segno contro il Concilio Vaticano II, ciò sarebbe in contrapposizione con la volontà chiaramente espressa da Benedetto XVI".
Anche il presidente del Consiglio internazionale cristiani ed ebrei, John Pawlinowski, ha espresso forte preoccupazione, in particolare per gli aspetti antisemiti del rito tridentino, che riduce al minimo le letture veterotestamentarie. Eppure, ha detto in occasione del 60.mo anniversario del dialogo ebraico cristiano in Svizzera, "senza la parola di Dio che condividiamo con gli ebrei, senza quella fonte le cristiane e i cristiani non trovano Dio".


…E chi cerca di rassicurare che nulla cambierà…
"Sono assolutamente convinto che si tratti di un passo positivo per tutti coloro che amano questo tipo di messa e che non vogliono essere accantonati in un angolo come se appartenessero ad una setta e come se facessero qualcosa di anormale", ha detto il presidente della Conferenza episcopale tedesca card. Karl Lehmann in un'intervista a Radio Vaticana. "Spero che da entrambe le parti si riesca a orientare le 'teste calde' verso una posizione più moderata. Questo, comunque, è ciò che vuole il papa". In una nota di "spiegazioni", tiene a sottolineare che Benedetto XVI "non mette in discussione né le decisioni del Concilio né la validità della riforma liturgica", e che "vuole dare un contributo alla riconciliazione nella Chiesa". "Non si arretrerà di un millimetro ‑ ha detto ‑ rispetto alla riforma liturgica".
Benedetto XVI vuole vivere "un pontificato di riconciliazione", afferma l'arcivescovo di Lione card. Philippe Barbarin, e un vero progresso per l'unità si avrà se i tradizionalisti "accettano di riconoscere 'il valore e la santità' del Messale di Paolo VI e se smettono di escludere per principio la celebrazione secondo i nuovi libri". Insomma, tutto andrà bene a condizione che "i tradizionalisti non brandiscano le loro bandiere": "I rischi di tensione restano reali", ha detto al quotidiano Le Monde. Anche il presidente dei vescovi francesi, card. Pierre Ricard, ha cercato di essere rassicurante. Cionondimeno, in una conferenza stampa, ha parlato della possibile formazione, nella Chiesa, di "grumi nella pasta". Sulla stessa linea l'arcivescovo di Parigi mons. André Vingt‑Trois, che annuncia però di non intendere aprire "parrocchie personali nella diocesi", perché i fedeli che chiedono il rito tridentino "non sono parrocchiani a parte".
Significativa la reazione di mons. Donald Trautman, presidente della Commisione Liturgia della Conferenza episcopale Usa, che ha affermato che i preti desiderosi di celebrare secondo il rito tridentino "dovranno sostenere un esame in latino", visto che il papa ha dichiarato che "l'uso del vecchio messale presuppone un certo livello di formazione liturgica e di conoscenza della lingua latina". (ludovica eugenio)

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