BREVI ADISTA
Tratto da: Adista Notizie n° 53 del 21/07/2007
Arusha-Adista. Prete ruandese accusato di genocidio. Padre Wenceslas Munyeshyaka, di etnia hutu e membro della congregazione della Famiglia Santa di Kigali, è stato accusato a fine giugno dall’Itcr (International Criminal Tribunal for Rwanda) di genocidio, omicidio e stupro. Le accuse, già formulate nel luglio del 2005, sono state pubblicate dal Tribunale solo di recente. Sul prete quarantanovenne pesano gravi accuse. Secondo l’Ictr avrebbe ucciso tre giovani tutsi all’interno della parrocchia della Famiglia Santa, presso la quale era parroco. Il prelato avrebbe poi compiuto direttamente lo stupro di quattro donne e avrebbe incitato le milizie hutu Interhamwe a commettere lo stesso reato. Sono già molti in Rwanda i preti cattolici condannati per crimini direttamente eseguiti o per conclamata complicità nel genocidio ruandese. Uno di essi, Athanase Seromba, è stato condannato a 15 anni di carcere per complicità nel genocidio del 1994 (v. Adista nn. 59/05, 83/06, 3/07). L’altalenante parabola giudiziaria di padre Wenceslas Munyeshyaka ha seguito un destino simile. Rifugiatosi inizialmente ad Ardèche, nel Sud della Francia, è stato arrestato e detenuto per un breve periodo nel carcere di Privas. Nel 1996 la Corte d’Appello di Nimes aveva dichiarato la propria incompetenza a giudicare i reati com-messi all’estero, ma solo due anni più tardi la Corte di Cassazione ordinava la riapertura dei fascicoli riguardanti il prete hutu. Dal 1997 ad oggi Munyeshyaka ha soggiornato presso la diocesi d’Évreux, coperto dall’impotenza giuridica dello Stato francese e dal silenzio della Chiesa cattolica.
Lecce-Adista. 75 anni e non sentirli. Ha da poco spento la settantacinquesima candelina mons. Cosmo Francesco Ruppi, vescovo della Diocesi di Lecce. E come è prassi canonica ha consegnato nelle mani del papa le proprie dimissioni. Ma, su richiesta del pontefice, Ruppi resterà al proprio posto. I motivi li racconta lo stesso vescovo di Lecce in un articolo scritto per la Gazzetta del Mezzogiorno il 9 luglio scorso: “Quando il papa dice di continuare a lavorare, non ci si può tirare indietro”, spiega. È possibile infatti rompere questa consuetudine quando le “circostanze politiche richiedano la permanenza di figure significative per la Chiesa”. Perché lui, mons. Ruppi, avrebbe volentieri lasciato l’incarico per dedicarsi “serenamente al mistero della parola e della penna, e ancor di più della preghiera”. È però consapevole delle osservazioni che la decisione del papa è destinata a suscitare e si dice abituato a farsi oggetto “di commenti e di interviste mai richieste e mai sollecitate”. È chiaro il riferimento alla vicenda giudiziaria del Regina Pacis, casa di accoglienza per immigrati di San Foca (Le), convertito in centro di permanenza temporanea a seguito della legge Turco-Napolitano. A dirigere l’istituto, unico in mano a strutture ecclesiastiche, mons. Ruppi volle don Cesare Lodeserto, suo segretario e uomo di fiducia, che con il suo lavoro si è già guadagnato due condanne in primo grado (la prima ad otto mesi e la seconda a un anno e quattro mesi di carcere) ed ha due processi in corso. Nel 2005, Ruppi dichiarò che la sua Chiesa era “perseguitata, vittima della sinistra e dei magistrati” e difese a spada tratta “l’azione di carità” portata avanti da don Cesare Lodeserto. In un procedimento che lo vede imputato per maltrattamenti, sequestro di persona e abuso dei mezzi di correzione nei confronti di donne moldave e rumene rinchiuse nel Cpt da lui diretto, oltre che per estorsione, calunnia e tentativo di condizionare i testimoni del processo, l’11 giugno scorso il pm Imerio Tramis ha chiesto per don Cesare altri sette anni e due mesi di carcere.
Novara-Adista. “Made in NO”, ovvero come tessere la solidarietà. Il 12 luglio, presso il Museo Civico Etnografico di Oleggio (No), è stato presentata l’iniziativa “Made in NO”, il primo marchio di intimo solidale nato a Novara da un consorzio di piccoli imprenditori tessili e sostenuto dalla Provincia di Novara, dalla cooperativa [fair] e dall’associa-zione Cristiana Casagrande. Al centro del progetto troviamo i principi dell’economia responsabile applicati al settore artigianale tessile, storicamente impiantato nella zona del novarese. La filosofia che sottende l’iniziativa è che il valore finale di un prodotto non sta solo nel suo ritorno economico. Vi concorrono la qualità delle materie prime e del lavoro, le relazioni umane, la creatività, la storia e la cultura locale. “No” dunque - dichiarano i promotori - allo sfruttamento del lavoro, soprattutto se minorile, allo sfruttamento delle risorse e della terra, all’abbandono della piccola imprenditoria tradizionale locale, all’abbandono delle coltivazioni biologiche e delle tecniche conservative del suolo e dell’acqua. Il marchio ha debuttato in occasione del Forum Sociale Mondiale del 2005 di Porto Alegre e coinvolge inoltre oltre settecento famiglie di produttori del Sud del Brasile.
Monaco di Baviera-Adista. Un Conclave mezzo rosa. “Ho fatto un sogno, ossia che nel prossimo Conclave il papa venga eletto da 60 cardinali e da 60 delegate donne di tutto il mondo”: lo ha detto p. Eberhard von Gemmingen, direttore della sezione tedesca della Radio Vaticana, in un’intervista all’agenzia cattolica Kna. Il gesuita tedesco, che dopo 25 anni è attualmente ‘in pausa’ dal suo lavoro, ha descritto la sua idea di una Curia riformata, più femminile e più internazionale, senza chiarire però se si tratti di un ‘sogno’ solitario o di un progetto condiviso. “Se l’80% di tutti i consacrati sono donne”, ha detto, “allora perché a capo del dicastero vaticano competente non ci dovrebbe essere una religiosa?”. Anche i Consigli per la Famiglia, i Laici, la Pastorale della Salute, la Cultura, le Comunicazioni e le carità (Cor Unum) dovrebbero diventare più ‘rosa’. “Ormai si sa che le donne vedono e affrontano molte questioni in modo diverso”: d’altra parte, ha aggiunto, per molti dei compiti di Curia “non serve l’ordinazione, ma solo la fede nel buon Dio e la competenza”.
Roma-Adista. Servizi deviati e fonti porporate. Dai meandri dei dossier preparati dall’ex-agente del Sismi Pio Pompa nel suo centro di analisi clandestino di via Nazionale, è spuntato un rapporto che suggerisce come, tra le fonti del più stretto collaboratore di Nicolò Pollari, potrebbero esserci addirittura “autorevoli” esponenti della Chiesa e persino del Vaticano. Lo riferisce la Stampa dell’11/7, che presenta stralci di un documento preparato da Pompa per Pollari alla vigilia della nomina di quest’ultimo alla guida del Sismi, nell’agosto 2001: secondo Pompa, il neonato governo Berlusconi avrebbe corso il rischio di vedere il suo potere “condizionato” da alcuni suoi alleati, pronti addirittura a “sganciare i destini della maggioranza da quelli del premier”, perché delegittimato da inchieste giudiziarie e conflitto di interessi, e intenzionati comunque a “far assumere al presidente forme di attendismo poco rispondenti a decisioni rapide ed efficaci”. Ma chi aveva informato Pompa di queste trame condotte da “esponenti politici di rilievo” “in incontri riservati”? “Di tale riservatissima notizia”, spiega l’agente, “si è avuto riscontro anche in ambienti del Vaticano a seguito di chiarimenti in proposito chiesti dal cardinal Ruini a persone autorevoli e di sicura affidabilità”. Nessun indizio circa l’identità di queste persone: forse, suggerisce il quotidiano torinese, bisogna guardare in direzione dell’Ospedale milanese San Raffaele, il cui fondatore, don Luigi Verzè, aveva presentato a Pollari il promettente Pompa.
Roma-Adista. Più “Famiglia”, più Veltroni (e meno Prodi). Monsignor Ravasi, Ermanno Olmi e, naturalmente, il cardinal Martini; oltre all’insegnante Marco Lodoli e al ministro Rosy Bindi: sono queste le significative citazioni che il segretario in pectore del nascente Partito Democratico, Walter Veltroni, ha fatto (sul settimanale dei Paolini Famiglia Cristiana) lanciando la sua candidatura nel mondo cattolico. Sul numero dell’8 luglio, che ospita un “intervento esclusivo” del sindaco di Roma dal titolo ammiccante: “Più famiglia, più futuro”, Veltroni parla di “perdita di senso” della vita moderna, simile a un “supermarket sempre aperto”, un “luna park perennemente acceso” dietro cui “poco conta che si nascondano esistenze segnate dal disagio e da una sofferenza che non lascia spazio alla speranza”; e elogia la “semplicità”, opposta della “facilità”, lanciando un appello perché si apra una nuova fase nella vita del Paese all’insegna della speranza. Non mancano, naturalmente, i riferimenti ai temi più cari alla platea cattolica: la famiglia (“la nostra Costituzione riconosce il valore di quella fondata sul matrimonio”), la “fede”, il superamento dell’eterna contrapposizione tra “noi” e “gli altri”, con tanto di ripudio per la “violenza” degli anni ’70. Lo spazio concesso al sindaco di Roma contrasta con l’asprezza che il settimanale dei Paolini ha riservato negli ultimi tempi all’attuale presidente del Consiglio, Romano Prodi: prima con la strigliata a firma di Sergio Marelli per i pochi soldi destinati dall’Italia alla cooperazione, poi con l’editoriale proprio del numero dell’8 luglio, che condanna duramente il governo per essere rimasto inerte sul rapimento di padre Bossi. Sarà un caso, ma – nota l’editoriale – tra i pochi segni di solidarietà istituzionale non manca la grande foto del missionario messa dal sindaco di Roma sul Campidoglio. “Abbiamo bisogno di ristabilire nell’azione politica il primato del futuro su quello del presente”, scrive Veltroni. E Famiglia Cristiana l’ha già preso in parola.
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